In molti la chiamano la cura Trump. Le nuove iniziative di politica energetica assunte dalla Casa Bianca cominciano a produrre effetti sul mercato. La conferma arriva dall’Agenzia internazionale per l’energia (Aie). Come ha detto Fait Birol, a capo dell’Aie, fino al 2025 la produzione petrolifera Usa sarà la più alta mai realizzata da un solo Paese nella storia e questo farà degli Stati Uniti “l’incontrastato leader globale del settore per decenni”.
IL REPORT AIE
Grazie alle tecnologie dello shale oil la produzione Usa – sottolinea l’Agenzia – crescerà di 8 milioni di barili dal 2010 al 2025, un’espansione mai vista prima in nessun altro Paese. Nello stesso periodo la produzione petrolifera Usa sarà pari all’80% della crescita dei rifornimenti globali. La produzione petrolifera Usa in senso stretto, che include crude e condensati, nel 2025 sarà, invece, pari a 13 milioni di barili al giorno, contro un totale di 16 milioni di barili al giorno di produzione petrolifera statunitense complessiva.
TRA ENERGIA E GEOPOLITICA
Del resto, nell’ottica della strategia messa in campo da Trump, la leva energetica è sempre più leva geopolitica. Non è un caso, infatti, che la Camera dei rappresentanti statunitense, nell’approvare la legge per l’autorizzazione della difesa nazionale, abbia indicato la promozione del commercio energetico con l’Europa – soprattutto quella di shale gas – una vera priorità per frenare le ambizioni russe. La misura sulla difesa energetica prende l’avvio dalla convinzione che la Russia utilizza l’energia come un’arma di coercizione, per intimidire ed influenzare gli altri paesi della regione.
DOSSIER ASIATICO
Un altro importante versante di sbocco delle aspirazioni energetiche Usa è quello asiatico. Nonostante il ritiro dall’accordo transpacifico che aveva siglato l’ex presidente Obama, Trump, anche in occasione della recente visita in Cina, sta puntando sull’espansione del traffico di gas naturale liquefatto americano verso il Dragone. La Cina e l’India, tra le economie a più veloce crescita, stanno determinando il ritmo delle importazioni di gas. È previsto che la domanda cinese cresca del 30 per cento entro il 2020. Pechino ritiene, infatti, che in generale il gas naturale sia una fonte non inquinante che le consente di rispettare il suo programma di sostenibilità ambientale.
LE NOVITÀ
Del resto, la vendita del petrolio estratto in Nord Dakota alla Cina è ormai la “nuova normalità, come ha detto il capo di una delle aziende di greggio più importanti, Harold Hamm della Continental Resources, Harold Hamm, secondo quanto riportano media statunitensi. Di recente, Continental Resources, ha annunciato di aver venduto un milione di barili estratti dal bacino di shale oil di Bakken a una società commerciale con sede a Houston, Texas, che a sua volta intende vendere il petrolio in Cina. Almeno per i prossimi mesi, come notano gli analisti di settore, la produzione di idrocarburi americana, al netto della deregulation messa in campo dallo stesso Trump, può contare sulle difficoltà che i suoi principali competitor internazionali stanno incontrando.
IL RUOLO DELL’OPEC
I paesi Opec e la Russia sono costretti al rispetto degli accordi per il taglio della produzione che si sono autoimposti per superare la tempesta del cheap oil e, conseguentemente, hanno meno spazi di manovra sui mercati, mentre altri paesi produttori non appartenenti al cartello come l’Australia, stanno scostando le forti pressioni ambientaliste legate all’attività estrattiva nazionale.