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Sull’Ilva serve una terza via e meno silenzi (di Arcelor). Parla Corrado Clini

Corrado Clini

Il tempo corre, sull’Ilva si sta mettendo male con i nuovi proprietari franco-indiani di Arcelor Mittal decisi a rivedere i termini dell’operazione che li ha portati a mettere le mani su Taranto. Bisogna fare presto, per usare un vecchio slogan di giornale. E allora, nel marasma siderurgico pugliese tutto rimpallo di responsabilità, spunta improvvisamente una terza via. La indica in questa intervista a Formiche.net, Corrado Clini (nella foto) l’uomo che da ministro dell’Ambiente nel governo Monti (2011-2013), condusse la vecchia proprietà, la famiglia Riva, a sottoscrivere gli impegni per il risanamento ambientale poi confluiti nell’Aia e diventati legge, nel 2012.

Clini, domanda a bruciapelo, chi ha ragione Calenda o Emiliano?

Tutti e due.

Come tutti e due?

Bisogna ricordarsi una cosa. Il risanamento previsto dell’Aia doveva completarsi entro il 2015. Poi è slittato al 2017 e infine al 2023. E questo ha prodotto una reazione, prevedibile per carità, degli enti locali. Dunque le istanze di Emiliano, il ricorso per intendersi, ha un suo perchè. Però…

Però?

Anche sul fronte industriale ci sono delle ragioni…

Parla del governo?

Sì…

Dica…

Quando Calenda minaccia la rottura del tavolo, paventando un passo indietro della nuova proprietà, dice la verità. Ma proprio qui sta il problema.

Si spieghi…

Al tavolo manca l’interlocutore vero, Arcelor. E’ loro che bisogna coinvolgere, è con loro che bisogna interlocuire, trattare. E questo partendo dall’assunto che sia governo sia enti locali hanno ragione. E invece non si è capito che sono i nuovi proprietari che debbono dare delle risposte, non i Tar, il Mise o la Regione. Bisogna smettere di pensare di risolvere la cosa in una logica solo amministrativa.

Di quali risposte parla?

Due innanzitutto. Primo, come intende Arcelor rispettare il tetto di produzione siderurgica europea previsto dalle norme Antitrust? Se deve stare sotto una certa soglia di produzione in Ue e al contempo garantire il proprio impegno sull’Ilva, dovrà evidentemente ridurla da qualche parte…dove?

E poi?

Poi c’è la questione ambientale. E’ Arcelor che deve indicare i metodi del risanamento. Deve impegnarsi in modo concreto invece di stare nel silenzio.

Se le dico Tap, cosa dice?

Dico che è una dorsale importantissima e un punto di collegamento con l’Est. Credo che il suo approdo in Italia sia stato progettato con le migliori tecnologie, che danno delle garanzie in termini ambientali…

C’è chi si preoccupa degli ulivi…

Il loro asporto è una soluzione temporanea, poi verranno riallocati.

Torniamo all’Ilva. Domani lei diventa ministro dello Sviluppo, che fa?

Chiamo Arcelor, i sindacati e la Regione e faccio ai proprietari due domande. Come intendete rispettare gli impegni ambientali? E come pensate di garantire la produzione all’Ilva sottostando alle regole Antitrust europee? Semplice.

 

 

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