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Emiliano, Arcelor Mittal e il governo. Ecco perché per l’Ilva la strada è ancora (molto) lunga

ilva

Una partita a tre. Anzi a quattro. Il destino dell’Ilva dipende sempre di più da un complicato concatenarsi di eventi, quasi fosse un incontro di scacchi. Lo si è capito ancora una volta questa mattina, nel corso dell’ennesimo incontro allo Sviluppo economico tra sindacati e nuova proprietà, Am Investco, alias i franco-indiani di Arcelor Mittal e il gruppo Marcegaglia.

IL GUAZZABUGLIO SULL’ILVA

Ad oggi, lo scaccchiere è più o meno questo. I sindacati attendono un segnale da Arcelor circa le reali intenzioni industriali a Taranto, con annesso dossier esuberi. Da parte loro i nuovi soci Ilva non sembrano ancora voler scoprire le carte, fornendo solo indicazioni di massima. Poi c’è l’altra partita, quella giudiziaria. Cioè governo contro Regione-Comune e viceversa, con il jolly provincia, che ha impugnato il ricorso dei primi due contro il Dpcm che allunga i tempi del risanamento all’Ilva. Partita complessa, complessissima (qui l’intervista di Formiche.net al presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci), il cui punto fermo è questo: l’accordo tra Mittal e sindacati dipende per buona parte dall’esito della battaglia giudiziaria tra enti locali ed esecutivo, perchè senza certezze legali, i nuovi padroni del’Ilva potrebbero anche decidere di chiudere i giochi e alzare bandiera bianca, condannando lo stabilimento a rimanere tagliato fuori dal mercato, visto che già oggi è in fase di sotto-produzione.

L’INCONTRO AL MISE

Che cosa si è detto oggi al Mise nel corso del vertice, durato un paio d’ore scarse? I rappresentanti di Am Investco si sono presentati a Via Veneto con una cinquantina di slide in cui hanno illustrato ai sindacati e al viceministro allo Sviluppo, Teresa Bellanova, le prospettive nazionali e internazionali del mercato dell’acciaio, con particolare riferimento alla concorrenza internazionale. In sostanza, che cosa può fare l’Ilva e come può competere a livello europeo e mondiale con nuove tipologie di leghe metalliche. Nulla più. Non che i lavoratori, come confermano alcune fonti sindacali contattate da Formiche.net, si aspettassero di più. “Adesso viene il difficile, perchè da questo momento in poi chi si siederà al tavolo con noi non potrà più fare a meno di parlarci di piano industriale, rilancio e soprattutto esuberi”, confida una fonte. Eppure lo stallo sull’Ilva potrebbe durare ancora a lungo, almeno fino al 6 marzo.

PARTITA DOPPIA

Oltre al discorso industriale, infatti, c’è quello giudiziario, ovvero la guerra di ricorsi nel triangolo governo, Regione-Comune e provincia di Taranto. “La nostra sensazione”, aggiunge la fonte partecipante al tavolo “è che nulla si possa fare finchè non si conosce l’esito del ricorso. E’ difficile pensare a uno sbilanciamento di Mittal senza una chiara visione di cosa succede al livello giudiziario. E anche noi lavoratori lo sappiamo bene. Non riusciremo a parlare di rilancio dell’Ilva in queste condizioni di incertezza”. Insomma, o salta il ricorso o il piano industriale rischia di non vedere mai la luce. Peccato che il pronunciamento del Tar non arriverà prima del 6 marzo, due giorni dopo le elezioni. Dunque, ci sono davanti almeno altre cinque settimane di incertezza, a meno che il governatore della Puglia Emiliano non ritiri di sua mano l’impugnazione.

IL MONITO DEL GOVERNO

A complicare ulteriormente il puzzle sull’Ilva, c’è il nuovo irrigidimento del governo. Il quale ha dato agli enti locali una sorta di aut-aut. O si ritira il ricorso contro il Dpcm oppure non ci sarà nessun nuovo incontro al Mise. “Al tavolo ho detto che non ci sarà un’altra convocazione su questi aspetti finché non ci sarà il ritiro del ricorso. Quello che dovevamo raccogliere da parte degli enti locali lo abbiamo inserito nel protocollo d’intesa”, ha ammonito la Bellanova. Per l’Ilva l’alba sembra essere ancora lontana.

 


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