C’è la data della prima pietra (aprile), il partner (Mosca), il costo (quasi 30 miliardi) e la consapevolezza ormai matura di un quadro sostanziale già cambiato ma che, dopo l’annuncio ufficiale della costruzione della prima centrale nucleare in Turchia, diventa ancora più complesso per due quadranti: quello mediorientale e quello mediterraneo.
Così Recep Tayyip Erdoğan in un colpo solo intende centrare tre obiettivi: dotarsi di uno strumento tanto ambito quanto prezioso, rafforzare il ruolo turco di player energetico a pochi passi dai giacimenti ciprioti di gas e così andare ad elezioni anticipate a luglio forte di una posizione che, però, potrebbe anche riservare sorprese.
NUCLEARE
Dopo Teheran, Ankara. Cosa cambia adesso nello scacchiere mediorientale ma anche mediterraneo, dopo che Erdogan aggiunge un’altra freccia al proprio arco? L’annuncio ufficiale è arrivato ieri, in occasione degli stati generali sul gas ad Ankara. Entro l’anno Erdogan inizierà la costruzione della sua centrale nucleare da 4.800 megawat, ad Akkuiu, proprio di fronte alla costa nord di Cipro occupata dai militari turchi: il costo si aggira sui 20 miliardi di dollari, con il placet di Mosca che è presente con il colosso di stato Rosatom nel progetto condiviso quanto a know how e risorse (anche se resta da capire il come, visto che Mosca non ha liquidi da investire). La prima pietra, il prossimo aprile, sarà posata da Erdogan e dal neo Presidente russo Vladimir Putin, fresco di quarto mandato elettorale.
LA CENTRALE
Il progetto iniziale della centrale nucleare prevedeva incentivi agli investimenti esattamente per 23,55 miliardi di dollari, compresa un’esenzione fiscale decisa dal governo di Ankara in modo da favorire Rosatom. Ciò risulta dalla liste delle autorizzazioni e delle procedure burocratiche ultimate lo scorso novembre e richieste dal Ministero dell’Economia turca (e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale). Il progetto prevede anche l’utilizzo di macchinari importati dall’estero e attrezzature per altri 4,5 miliardi di dollari.
Almeno 2700 dovrebbero essere i posti di lavoro assicurati. I tempi si aggirano su almeno cinque anni per l’avvio delle attività della centrale, con un altro biennio necessario per raggiungere il pieno regime.
GAS
A margine dell’annuncio, un altro segnale nella direzione del gas: Erdogan ha detto che invierà presto una nave a Cipro a caccia del gas. La decisione dopo che i due battelli per i rilievi, quello italiano e quello americano, hanno dato vita a due diverse tipologie di reazioni.
La nave dell’Eni Saipem, minacciata da due fregate militari di Ankara, ha preferito lasciare la zona economica esclusiva di Cipro e fare rotta sul Libano. Quella a stelle e strisce della Exxon non solo è diretta verso il blocco 10 (che si è aggiudicata con regolare procedura emessa da Cipro stato membro dell’Ue) ma è stata raggiunta da una nave gemella con la supervisione della sesta flotta Usa, che si trova nel Mediterraeo orientale con una portaerei, due fregate e 2500 marines.
SORPRESE
Un quadro organizzato da tempo e immaginato (da parte del regime di Ankara) al riparo da numerose contromosse avversarie dei players limitrofi, come ad esempio la posizione di Tel Aviv, Teheran e Il Cairo, senza dimenticare la Libia. Ma che comunque potrebbe essere smussato da elementi contingenti che gravitano attorno all’orbita turca. Il primo è di carattere economico-finanziario.
Non era certamente necessaria la certificazione di un’agenzia di rating per osservare come i conti turchi fossero in una fase nuova e meno brillante rispetto alle performances del passato. Non solo il livello di disoccupazione, ma il combinato disposto tra una manovra fatta in deficit (con numerosi sostegni e bonus a imprese, commercio e investimenti interni) e le intenzioni mutate delle banche del golfo, non più inclini ad essere una fonte continua di approvvigionamento per Erdogan, rappresentano un elemento di possibile criticità.
A ciò si aggiunga che Mosca non è al momento nella condizione di investire come un lustro fa, per cui o Erdogan ha in mano la fiche rappresentata da nuovi potenziali partners come potrebbe essere l‘India di Modi oppure, proprio perché fortemente a rischio, ecco spiegata la sua accelerata verso il dossier energetico e quello politico interno.
Ma con, a questo punto (e se questo secondo scenario dovesse essere il più aderente alla realtà), il rischio di un gioco sul filo di lana da parte del Presidente turco che potrebbe riservare altri elementi di fortissima imprevedibilità sull’esito finale.
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