Era solo di poche ore fa la conferma dell’ordine firmato dal presidente Donald Trump che rendeva esecutivi i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio per l’industria nazionale che, forte, arriva la risposta di Pechino. Il governo cinese ha infatti annunciato rappresaglie nei confronti del provvedimento posto in essere dal presidente americano. E, l’adozione, dunque, di misure ritorsive “efficaci”, per opporsi risolutamente ad una mossa che ha destabilizzato il mondo economico e finanziario. Anche se, non proprio tutti i Paesi si sono posti con risoluta durezza minacciando reazioni nei confronti della decisione della Casa Bianca.
LA RABBIA DI PECHINO
“Le tariffe statunitensi”, ha dichiarato il funzionario del ministero del Commercio cinese Wang Hejun “infrangeranno senza ragione il sistema del commercio multilaterale e assesteranno indubbiamente un grave colpo all’ordine commerciale internazionale. Tuteleremo i nostri interessi legittimi”. Una dichiarazione che vedrebbe, secondo gli esperti, la possibilità di una reazione che preveda l’imposizione di ulteriori e analoghi dazi da parte del governo di Pechino all’importazione di beni alimentari dagli Stati Uniti d’America.
Intanto, quello che fino a pochi giorni fa, veniva definito dal ministro degli Esteri di Pechino, come un “rimedio sbagliato” al grave squilibrio della bilancia commerciale dei due Paesi, oggi, sembra assumere i contorni di un fatto tutto politico: infatti, secondo alcuni esperti interpellati dal quotidiano “Straits Times”, l’annuncio dell’imposizione dei dazi sarebbe coinciso con la visita istituzionale a Washington di Liu He, membro del Politburo del Comitato centrale del Partito comunista cinese e direttore dell’ufficio generale del Gruppo centrale per gli affari economici e finanziari. Ci potrebbe essere, quindi, alla base dell’annuncio, il tentativo di Trump di “esercitare pressione sulla Cina e ottenere vantaggio nei negoziati” in merito alle relazioni commerciali.
Una strategia che, però, come affermava il funzionario di Pechino “può forse intimorire paesi più piccoli, ma la Cina è un grande paese e ha fatto fronte a molte mosse simili nel corso degli ultimi trent’anni”.
La realtà, però, dimostra che, ad oggi, le carte in tavola sono cambiate e, mentre il governo cinese adotterà tutte le risposte “legittime e necessarie” per tutelarsi nei confronti degli Usa, la Casa Bianca, dal canto suo, sta studiando l’imposizione di ulteriori tasse e restrizioni tariffarie agli investimenti cinesi nel settore tecnologico.
BRUXELLES E L’ASSE FRANCO-TEDESCO
Nel frattempo, comunque, dall’altra parte dell’oceano, se non è ancora chiaro il quadro di ricadute per i Paesi dell’Unione europea, e si attende la conferenza stampa a riguardo del vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen, il commissario europeo al Commercio, Cecilia Malmstroem, intanto, ha affermato: “Dobbiamo capire meglio. Speriamo si chiarisca che l’Ue ne è esclusa. Se così non fosse sarebbe incompatibile con le regole del Wto (World Trade Organization)”. Dichiarando, inoltre, che “a quel punto faremmo ricorso al Wto, possibilmente con qualche alleato”.
I caratteri che si vanno delineando sono quelli di un vero e proprio conflitto commerciale che anche la Confindustria tedesca si è affrettata a etichettare in maniera molto dura, definendo i dazi di Washington “un affronto”. Gli industriali tedeschi non si sono, infatti, risparmiati nell’aspra critica nei confronti delle ultime decisioni del presidente americano, affermando come “Trump rischia una guerra commerciale su scala mondiale che può solo perdere. Gli Usa danneggiano loro stessi”.
E anche la Francia si accoda nel “deplorare” la decisione del presidente Usa. E, come ha voluto sottolineare il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, sottolineando che la reazione “può essere soltanto collettiva al livello europeo se vogliamo che sia efficace”. “Una guerra commerciale tra Usa e resto del mondo farà solo dei perdenti”, ha infine avvertito l’esponente di Parigi.
LA PRUDENZA ITALIANA (NELLA PAROLE DI CALENDA)
In Italia, nella già fragile condizione post-elettorale, l’unico a pronunciarsi in maniera più esplicita è stato Carlo Calenda che in tweet di qualche giorno fa ha espresso la sua opinione a riguardo: “La scelta di Trump di non escludere dai dazi l’Ue rischia di avere serie conseguenze che vanno ben oltre quelle economiche. Un’altra frattura in un Occidente già diviso e indebolito. Ue deve avere reazione misurata per non innescare una guerra commerciale”. E a chi gli chiedeva se l’Europa dovesse rispondere in modo deciso, affermava: “Credo che ci siano seri rischi di escalation derivanti dall’approccio non prevedibile della controparte. Occorre stare molto molto attenti. Esportiamo in Usa più o meno 40 mld con un saldo positivo superiore ai 20. Occorre moderazione e cautela, non alzare livello tensione”.
Ad oggi, dunque, restano la dura azione e reazione della Cina, come anche quella degli 11 Paesi firmatari dell’accordo per il libero scambio, e, allo stesso tempo, le non reazioni e la cautela di una fetta della comunità internazionale, come l’Italia stessa, che vorrebbe essere portavoce di un atteggiamento moderato che permetterebbe di non guastare i rapporti commerciali con un attore fondamentale e determinante come gli Stati Uniti. A quest’ultimo proposito anche Manfred Weber, presidente del gruppo Ppe all’Europarlamento, ha detto che “l’Europa deve essere chiara e ferma ma proporzionata nella sua risposta agli Usa”, ha detto, inoltre. E poi ancora “dovremmo rimanere e agire in modo razionale. L’Europa crede nella partnership e nella costruzione di ponti. Il commercio equo e libero tra le nostre economie va a vantaggio della gente”, ha concluso.