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La stretta di mano tra Kim e Moon

Il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, e il dittatore nordcoreano, Kim Jong-un, si sono stretti la mano a favore di telecamere e hanno iniziato così un incontro storico tra le due Coree in un momento delicatissimo, perché Pyongyang ha acquisito le capacità nucleari militari.

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L’obiettivo ambizioso con cui Moon ha progettato il vertice – composto di appuntamenti faccia a faccia, pranzi e cene di lavoro, show simbolici e vertici laterali tra alti membri delle rispettive delegazioni – è quello di intavolare una road map, un percorso negoziale, verso la rappacificazione della penisola e la denuclearizzazione del Nord.

Coree
(Korea Summit Press Pool via AP)

Grande attenzione ai simboli e ai dettagli: dal menù passa parte del protocollo, vista l’attenzione asiatica ai messaggi nel cibo, ma la rilevanza massima la prendono le bandiere che riportano la penisola coreano unita. Il classico celeste (“quello delle Coree dell’Onu”, come dice la presidenza sudamericana) con cui è dipinta la penisola sulla bandiera a sfondo bianco rende indistinguibile la linea di separazione – esattamente quella in cui s’è svolto l’incontro (nella casa diplomatica di Panmunjom, sul confine demilitarizzato). Il colore è lo scenario del vertice.

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Poster sudcoreano per la presentazione del vertice

Kim – che ha firmato il registro nella Casa della Pace aggiungendo la frase: “Inizia una nuova storia di pace” – assicura che stavolta non si ripeteranno gli errori del passato: lui non lo farà, non ripeterà quello che i suoi predecessori (e parenti diretti, quindi) hanno fatto, ossia avviare il percorso negoziale per la pace e poi interromperlo, tornare indietro e riprendere il programma nucleare militare con più forza di prima.

Il nordcoreano nei giorni scorsi ha messo sul piatto una potenziale prova della sua bontà d’intenti: dice di voler sospendere i test, di accettare la presenza dei soldati americani in Corea del Sud, dice anche di voler chiudere il famoso reattore nucleare di Punggye-ri. Però sono state le analisi dei geologi dell’University of Science and Technology of China a rivelare per primi che si tratta di una promessa mossa forse dalla necessità: dopo sei test atomici nel corso degli ultimi decenni, il sito è praticamente inutilizzabile, perché la montagna è collassata sui tunnel sotterranei costruiti per ospitare le prove delle esplosioni atomiche.

Per il momento comunque il nordcoreano si gode lo status di primo leader del paese ad aver oltrepassato il confine che separa le due parti della penisola. È stato il sudcoreano Moon, il presidente che fin dalla campagna elettorale prometteva di riportare la crisi coreana all’interno dei confini nazionali (divisi da una guerra ancora formalmente non chiusa), a rompere il rigido cerimoniale: ha offerto la propria mano a Kim per attraversare insieme il confine – e Kim, sotto i flash, non s’è tirato indietro, mostrando una cordialità diplomatica distante dalle descrizioni mediatiche del leader pazzo col dito sul pulsante nucleare.

Coree
(Korea Summit Press Pool via AP)

Entrambi i presidenti godono in casa, spinti dalla rispettiva propaganda, del successo del vertice (che, notare: è già un successo sia avvenuto, al di là di quel che ci sarà dopo). Dall’estero, se gli incontri si porteranno dietro riscontri positivi, Kim troverà una forma di riqualificazione, Moon il ruolo di statista.

Molto peso avranno le parole inserite nello statement congiunto alla fine degli incontri, su cui si concentra adesso il lavoro certosino degli staff. Nei giorni scorsi Moon ha ammesso più o meno chiaramente che difficilmente Kim rinuncerà ai propri armamenti (questo significherebbe che Pyongyang sarà inserita nel club dei paesi a deterrente nucleare?), ma è anche possibile che una qualche forma di denuclearizzazione venga concordata.

(Foto: english.president.go.kr, 2018 Inter-Korean Summit Press Corps )



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