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Papa Francesco e le scuse per gli abusi in Cile

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Si sta per concludere il lungo soggiorno romano di Murillo, Hamilton e Cruz, tre vittime di abusi sessuali ai danni di minori: il responsabile è già stato condannato per le sue colpe, ma prima della sua condanna ci sarebbero stati degli occultamenti dei fatti. Coinvolto in questo, secondo alcuni, sarebbe un vescovo cileno, accusa alla quale il papa mostrò di non credere durante la sua recente visita cilena. L’ultimo appuntamento romano dei tre cileni, accompagnati da loro familiari, deve ancora aver luogo, l’incontro con Papa Francesco e probabilmente gli esponenti vaticani incaricati di occuparsi del caso: poi ci sarà la loro conferenza stampa, già fissata per il 3 maggio, probabilmente di poco precedente la visita in Vaticano dei vescovi cileni, convocati da Francesco dopo l’inchiesta da lui affidata a monsignor Scicluna. Dopo il rientro a Roma di Scicluna Francesco ha scritto ai vescovi cileni di essere incorso in gravi errori di valutazione. Non sarà un incontro facile quello tra il papa e i vescovi del Cile.

Qualcuno potrebbe ritenere opportuno dunque attendere l’epilogo di questa vicenda per scriverne, ma la notizia c’è già: in questi giorni Papa Francesco ha incontrato singolarmente i tre cileni, ognuno per più di due ore. Mentre loro hanno già espresso tutta la loro soddisfazione e gioia su Twitter in più occasioni, il Vaticano ha mantenuto ovviamente assoluto riserbo, ma la scelta di Papa Francesco di incontrarli così a lungo individualmente e nelle prossime ore tutti insieme, forse anche alla presenza dei loro familiari, è molto significativa: il nuovo tessuto comunitario cileno, dopo questi fatti, va costruito a partire da loro, dalle vittime: loro devono essere tra i protagonisti. Informatissimo come sempre sulle vicende ecclesiali e latino-americane in particolare, Louis Badilla, direttore de Il Sismografo, ha confermato questa percezione, scrivendo che sue fonti gli hanno assicurato che durante i colloqui il papa si è mostrato molto interessato a capire come loro ritengano opportuno agire per prevenire altri casi del genere. Dunque le tre vittime hanno parlato con il papa, per illustrargli non solo la loro opinione sui fatti del passato ma anche e soprattutto sul metodo per il futuro. È chiaro che se la voce del corpo laico non conta, se si ascoltassero solo i consacrati, la questione rimarrebbe complessa. Tempo fa ci fu un caso rilevante, che portò alle dimissioni di una vittima di abusi sessuali dalla commissione pontificia per la tutela dell’infanzia istituita da Papa Francesco e guidata dal Cardinale O’Malley. In quel caso si chiedeva anche che gli uffici ascoltassero le vittime, compito che però tocca ai vescovi territoriali.

Molti hanno scritto che Bergoglio ha saputo chiedere scusa alle vittime dopo le incomprensioni in occasione del viaggio. La scelta di interloquire con le vittime sembra significare dunque renderle protagoniste della costruzione di un percorso che non è solo compito di altri, ma di tutti i cileni.

Il caso cileno suscitò attenzione quando si verificò. A mio avviso siamo dunque davanti a una novità, e non solo perché una delle tre vittime cilene ha scritto su Twitter “Oggi ho molta più speranza nel futuro della nostra Chiesa”, o perché sempre su Twitter si possono leggere parole simili a nome di tutti tre.

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