Fa più paura l’accoppiata Salvini&Di Maio o lo zar del terzo millennio Vladimir Putin? Secondo i risparmiatori titolari di obbligazioni, non ci sono dubbi, i primi due mettono decisamente più timore del secondo. Parola di Bloomberg, che ha tastato gli umori di decine di obbligazionisti, decisamente spaventati dall’avvento di quello che a tutti gli effetti considerano un governo populista.
Il tutto corroborato da un numero, quello relativo all’indice dei credit default swap, strumenti di garanzia che proteggono un Paese dal rischio di fallimento, fungendo da assicurazione finanziaria.
Per fare un esempio se a una certa ora di un certo giorno l’assicurazione dal fallimento sul titolo obbligazionario dell’Italia viene scambiata a 255,5 punti base significa che per sottoscrivere quell’assicurazione sul default dello Stato occorrerà pagare il 2,56% dell’investimento nel titolo.
Fatta questa premessa, nei giorni scorsi, dice Bloomberg, l’indice dei credit default swap relativi all’Italia è salito al massimo di sette mesi, 137 punti base, superando di gran lunga il premio da pagare per il rischio Paese della Russia, il cui indice ha cominciato a schizzare dallo scorso aprile, in concomitanza con la bordata di dazi rovesciata sui mercati da Donald Trump. In pratica, c’è più fiducia verso una nazione le cui aziende con affari in mezzo mondo sono state colpite dai dazi di Trump, la Russia, che verso un Paese, l’Italia, fino ad oggi rimasto tutto sommato ai margini dall’ondata protezionista americana.
Perché a spaventare ed aumentare il rischio e la paura tra gli obbligazionisti, è più la possibilità per l’Italia di sforare il deficit che altro. “Tutte queste misure spazzeranno via il deficit”, ha detto Megan Greene, capo economista di Manulife Asset Management, sentita proprio da Bloomberg. “Per chiunque abbia una prospettiva a medio-lungo termine, l’Italia è davvero preoccupante”.
Pochi giorni fa, intervistato da Formiche.net, lo scrittore e saggista europeista Roberto Sommella, ha chiarito un punto. “Non dobbiamo dimenticare che abbiamo impegni con Bruxelles, che prevedono di arrivare al pareggio di bilancio e che ogni misura una tantum, ad esempio un condono o una privatizzazione, non impattano sul deficit strutturale, che è poi quello che conta per il Fiscal Compact e il Six Pack”. Il problema vero “si porrà tra un anno, quando sarà finito il QE della Bce e i vertici comunitari tutti cambiati dopo le elezioni europee. I mercati puniscono le cose impreviste o scontano quello che già si sa. Ecco, noi non sappiamo come ci arriveremo e con quale livello di debito”.
Bisogna fare attenzione però, perché potrebbe essere prematuro parlare di una crisi di fiducia verso l’Italia. Dopo lo scivolone di ieri, per esempio, questa mattina borsa e spread sono tornati nei livelli di guardia. La verità è che non resta che attendere un vero insediamento del governo, solo allora si capirà se e quanto i mercati possano avere fiducia nell’Italia.