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Diplomazia e dialogo. L’amicizia fra Italia e Stati Uniti nelle parole di Eisenberg

“Gli Stati Uniti lavoreranno al fianco di qualsiasi governo italiano”. Così mercoledì l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Lewis Eisenberg da Villa Taverna, dove ha ospitato il convegno dello Iai “The US-Italy relationship in a changing world”, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano cosa sarebbe cambiato nei rapporti transatlantici con un governo Cinque Stelle-Lega. “Quale governo?” si è limitato a scherzare a margine dell’incontro, dando prova di aver imparato alla perfezione il linguaggio diplomatico dopo aver messo da parte una lunghissima carriera nell’alta finanza e poi nelle fila del partito repubblicano. Le forze politiche impegnate nelle consultazioni promettono una profonda revisione della politica estera così come degli Interni. Ma gli occhi di Washington sono puntati sulla Farnesina molto più che sul Viminale. Sulle politiche per l’immigrazione, ha confidato ai cronisti Eisenberg, gli Stati Uniti sono ottimisti: “Negli ultimi tre-quattro anni l’Italia ha affrontato il problema con successo, mostrando grande umanità e dignità e diminuendo significativamente gli sbarchi, speriamo che continui su questa linea”.

L’ambasciatore dell’Illinois, scelto da Donald Trump a luglio per rappresentare gli States in Italia, ha accolto nella residenza di Villa Taverna, nel cuore dei Parioli, giornalisti, diplomatici, politici e imprenditori per fare il punto sulle relazioni fra le due sponde dell’Atlantico. Prendendo la parola per introdurre il panel, Eisenberg ha dissipato ogni dubbio sulla tenuta delle relazioni bilaterali Italia-Usa, davanti a una sala gremita di persone impazienti di sapere come Washington sta seguendo le lunghe trattative politiche nei palazzi romani (è il caso ad esempio dei pentastellati Paola Taverna e Manlio Di Stefano). “America first non vuol dire America alone” ha spiegato l’ambasciatore, “l’Alleanza Atlantica esiste da 70 anni: gli alleati devono collaborare e coordinarsi, ma non sempre devono essere d’accordo”. Gli italiani, ha poi aggiunto, “sono i migliori interlocutori nel mondo, perché capiscono la connessione fra diplomazia e dialogo”.

Certo, avere idee diverse non significa dimenticare gli oneri reciproci. E qui Eisenberg non ha potuto glissare su una delle questioni più urgenti che incombe sul prossimo governo italiano: la politica estera con la Russia di Vladimir Putin. Nell’ultima bozza del contratto di governo Lega-Cinque Stelle, pur riconoscendo gli Stati Uniti come “alleato privilegiato”, è stato scritto a lettere cubitali che è “opportuno il ritiro immediato delle sanzioni imposte” a Mosca. Una misura pensata per difendere le aziende italiane, soprattutto nel Nord-Est, che fanno affari in Russia. Eisenberg però ha ricordato che “le sanzioni hanno un impatto economico minimo sull’Italia, solo l’1,8% delle esportazioni italiane è diretto in Russia, un quinto dell’export con gli Stati Uniti”. “La Russia è un problema” ha continuato, “ha invaso la Georgia, si è impossessata della Crimea, è in guerra nell’Ucraina orientale. Le sanzioni sono state estremamente efficaci, sono lo strumento migliore di cui disponiamo prima di ricorrere ad altrenative che non vogliamo mettere in pratica”. Non è tutto: anche in Siria, ha ricordato l’ambasciatore, la Russia non ha giocato pulito. “Il presidente Obama ha fatto un passo indietro rispetto alla linea rossa passando la palla della risoluzione del conflitto alla Russia sulla base dell’eliminazione delle armi chimiche. Eppure queste armi sono state usate poche settimane fa e continuano ad essere usate, è disumano”. Né è accettabile, ha specificato Eisenberg con un chiaro riferimento al caso Skripal, “credere che nel Regno Unito qualcuno possa essere attaccato con un agente nervino”.

Il dossier russo non è l’unico su cui si richiede una presa di posizione chiara da parte di chi andrà al governo. Da quando il presidente Trump ha annunciato la fuoriuscita dal Jcpoa, l’accordo sul nucleare iraniano, l’Italia si trova in bilico. Da una parte gli alleati europei, che la strattonano per la giacca chiedendo di tener fede al patto con l’Iran. Dall’altra l’amministrazione americana, che si aspetta di essere seguita dai più stretti alleati in Europa. Un auspicio ribadito da Eisenberg a Villa Taverna: “vogliamo andare avanti con la diplomazia  e il dialogo ma reimporremo le sanzioni e ci auguriamo che altri alleati, laddove necessario, si uniranno a noi per renderle efficaci”. L’accordo con Teheran, ha spiegato, era mal concepito fin dall’inizio: “è stato oggetto di grandi dispute, il Congresso era molto diviso; le cosiddette disposizioni sunset non erano sufficienti ad assicurare che l’obiettivo di cessare la produzione di armi letali fosse raggiunto, e infatti c’è stata una significativa espansione della produzione di missili balistici”. L’unilateralismo non è la via che imboccherà Washington, ma dagli alleati ci si aspetta piena collaborazione: “lavoreremo insieme per un nuovo accordo che affronti e tenga conto delle nostre preoccupazioni, che avrebbero già dovute essere affrontate in precedenza”.

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