Editoria, copyright, fake news. È un Vito Crimi a tutto campo quello intervenuto all’Internet Day di Agi, l’appuntamento annuale ospitato dalla Camera dei Deputati dove è stato presentato il rapporto Agi-Censis “L’insostenibile leggerezza dell’essere digitale nella società della conversazione”, il quarto nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’Innovazione” della Fondazione Cotec. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’editoria in quota Cinque Stelle è salito sul palco per il panel “Il copyright nell’era digitale” incalzato dalle domande di Riccardo Luna e Marco Pratellesi, rispettivamente direttore e condirettore di Agi.
Crimi, già membro del Copasir e da sempre esponente di spicco di un partito che ha fatto del web e della lotta all’informazione di parte la sua bandiera, ha parlato in scioltezza, senza risparmiare colpi, come suo solito. La prima stoccata ha riguardato la direttiva europea in materia di copyright che la prossima settimana sarà votata al Parlamento Europeo. “Ci opporremo in tutti i modi possibili e immaginabili” ha tagliato corto il sottosegretario, annunciando battaglia contro il tentativo di “applicare regole inapplicabili in un mondo che cambierà completamente”. L’affondo di Crimi ha fatto eco a quello ben più rumoroso del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. In apertura dell’Internet Day il leader del Movimento ha definito la direttiva Ue “un bavaglio alla rete”, promettendo addirittura di “non recepire la direttiva se dovesse rimanere così com’è”, un passo che comporterebbe l’apertura di un procedimento di infrazione della Commissione. A far discutere è soprattutto la previsione del testo passata alle cronache italiane con il nome di “link tax”: una remunerazione per gli editori ogni qual volta viene pubblicato da terzi un link o uno snippet (il riassunto di due, tre righe dell’articolo in questione) del suo sito. Da qui la proposta di Di Maio, che ha acceso una polveriera mediatica nelle ultime ore, di introdurre gratis, o meglio a spese dello Stato, una mezz’ora di internet al giorno per chi non può permettersela. Proposta che nel clamore generale ha trovato un tacito assenso di Crimi, “ne abbiamo discusso insieme”.
Il sottosegretario ha poi svelato i suoi piani per vigilare sulla trasparenza nel mondo dell’informazione. “Serve trasparenza su chi finanzia i giornali. Oggi assistiamo all’utilizzo di inserzioni pubblicitarie da alcuni colossi che diventano quasi coeditori” ha esordito il senatore palermitano. Fra le priorità, ha spiegato rispondendo al tam tam di domande di Luna e Pratellesi, c’è l’esigenza di distinguere i veri e propri editori dagli inserzionisti, spesso non meno influenti sulla linea editoriale. Secondo Crimi il lettore deve essere messo al corrente dei finanziamenti degli sponsor per capire “se le notizie su quelle aziende possono essere falsate”. Quanto al finanziamento delle agenzie di stampa, un tema che si imporrà al governo gialloverde vista la crisi editoriale che affligge il settore, il senatore ha rassicurato: “questa è una questione da risolvere”.
Il terzo dossier affrontato da Crimi sul palco dell’Internet Day, fake news e fact-checking, è forse il più scottante, anche perché nei mesi di campagna elettorale è stato un catalizzatore del dibattito pubblico. Per il sottosegretario non solo non c’è un’emergenza fake news, ma anche solo parlare di un pericolo è “una fake news”. La rivoluzione digitale, ha continuato, ha dato a tutti i naviganti la chance di controllare real time i contenuti di un tweet, una dichiarazione di un politico, un articolo con gli strumenti che offre il web. Un’esternazione che ha fatto crucciare il volto di Riccardo Luna, timoniere di un’agenzia che fa del fact-cheking un vero cavallo di battaglia. “Sottosegretario, mi consenta una battuta non corporativa” ha scherzato il direttore dell’Agi in chiusura del panel, “se vuole mangiare bene può andare in un buon ristorante, se deve curarsi può farlo in ospedale, se cerca una notizia verificata può ancora trovarla in un’agenzia o in un giornale, dove c’è qualcuno che fa quel mestiere per passione e per dovere civico”.