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Russia, Iran, Afghanistan e Tap. L’incontro fra Trump e Conte spiegato da Edward Luttwak

Europa, Russia, Nato, missioni internazionali, energia. Si illude chi crede che il faccia a faccia fra Giuseppe Conte e Donald Trump a Washington questo lunedì si limiterà a una stretta di mano e qualche scatto fotografico. I tempi che corrono caricano di significato la traversata atlantica del capo del governo italiano. Da sempre la posizione geografica dello Stivale è fonte di oneri e onori. Oneri, perché condanna l’Italia a rimanere in trincea, spesso da sola, per affrontare le minacce provenienti da Sud. Onori, perché fa dell’Italia l’asse centrale del Mediterraneo, il presidio privilegiato dagli americani per consolidare la loro presenza in Europa e in Medio Oriente. Il bilaterale alla Casa Bianca ha come sfondo un’amicizia che dura da 70 anni, e una certa intesa personale fra i due leader. Non sarà facile però scendere a compromessi su tutti i dossier, specie se il governo italiano si troverà costretto a scegliere fra Washington e Bruxelles. Per questo è importante che Conte salga sull’aereo con una strategia puntuale per sfruttare al massimo l’incontro con Trump. Edward Luttwak, politologo americano, stratega che ha rivoluzionato la dottrina militare a stelle e strisce, ha le idee molto chiare e ai microfoni di Formiche.net non usa mezzi termini.

Che idea si sono fatti a Washington del nuovo governo italiano?

Le elezioni hanno dato un risultato che sembrava ingestibile, due partiti con due ideologie opposte. Tutti credevano fosse impossibile creare una coalizione e invece ci sono riusciti. A Washington hanno notato che non si tratta di una coalizione basata sulla spartizione delle poltrone, ma su un contratto di azione parallela, che impone la ricerca di un compromesso. E sono rimasti molto impressionati quando hanno visto che, di fronte a una serie di attacchi incrociati contro la nascente coalizione di governo, anche al suo interno, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono messi spalla a spalla e hanno saputo resistere. Tutto questo ha aumentato il rispetto degli americani nei confronti del nuovo governo italiano.

Con Trump i populisti al governo hanno qualche chance in più rispetto al centrosinistra?

La parola “populismo” non è corretta. Se un politico ascolta i bisogni dei cittadini è democratico, non populista. Chi contrasta questo governo in Italia appartiene a un’élite politica trans-europea che di fronte al fenomeno dell’immigrazione di massa ha preferito le idee del papa e di George Clooney ignorando la volontà popolare. Invece che ascoltare i loro concittadini i politici di professione hanno preferito ascoltare Hollywood.

L’Italia è ancora un Paese strategico per gli Stati Uniti?

Lo è per due ragioni. La prima è geografica: l’Italia è il Paese più stabile della zona mediterranea, che è da sempre travagliata. È al centro del Mediterraneo, ospita basi americane, e dalla Seconda Guerra Mondiale è stata dominata da forze politiche che direttamente, o più discretamente, appoggiano la presenza americana. Neanche comunisti come Napolitano o D’Alema hanno mai toccato le basi militari Usa. Non è tutto. L’Italia è un Paese dotato di una notevole capacità militare e può garantire una certa sicurezza contro le minacce asimmetriche, perché è leader assoluta nell’antiterrorismo in Europa.

Trump chiederà a Conte di seguire la linea morbida con la Russia?

Trump non ha nessuna “linea pro-Russia”, cominciamo a sfatare questo mito. Lui segue un corso di geopolitica 1-0-1: non si può confrontare allo stesso tempo Cina e Russia, bisogna scegliere uno dei due. Per allearsi contro l’Unione Sovietica Nixon ha accettato di schierarsi con Mao Tse-tung, il più grande assassino della storia, un uomo che ha fatto uccidere sessanta milioni di persone. Oggi Trump vuole allearsi con la Russia contro la Cina. Chiunque pensi che lo faccia sotto ricatto è un analfabeta geopolitico o un partigiano democratico accecato dall’ideologia.

Secondo lei il governo Conte sceglierà una soluzione di rottura rispetto al passato nei rapporti con Mosca?

Nessuna rottura. Il governo italiano vuole rimanere allineato con il consesso europeo e al tempo stesso vuole fare un passo di lato nel confronto con Mosca piuttosto che rimanere con un fucile puntato. Non c’è nulla di nuovo, è una linea perseguita fin dall’inizio della Guerra Fredda.

E sull’Iran Stati Uniti e Italia litigheranno?

Probabile. C’è una strana attitudine italiana nei confronti dell’Iran per cui si tende a sovrastimare il valore economico di una partnership con Teheran. L’Iran è un Paese povero. Esporta due milioni e mezzo di barili di petrolio al giorno che rappresentano l’80% dell’export totale. Cifre che renderebbero ricco un Paese con nove milioni di abitanti come gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran ne ha quasi ottanta. Non c’è nessuna ragione per cui le aziende italiane dovrebbero precipitarsi in Iran né vedo perché gli investimenti italiani nella regione dovrebbero essere motivo di preoccupazione per l’Italia.

Il governo di centrosinistra ha tutelato gli investimenti italiani in Iran con l’ultima legge di bilancio.

Certo, perché il formidabile governo targato Pd ha seguito la linea di Federica Mogherini, che è convinta che l’Iran sia il Paese più importante del mondo. La Mogherini bacia e abbraccia gli iraniani, scatta con loro selfie esattamente come negli anni ’70 una ragazza poteva farsi le foto estasiata con i Rolling Stones. Ma dietro tutto questo non c’è nessuna ratio economica.

Sembra che a Washington si parlerà anche di energia. Perché gli americani chiedono all’Italia di accelerare sul Tap?

L’Azerbaijan, da dove partirà il gas, è un Paese che si ritrova accerchiato da Iran e Russia e resiste alle pressioni di entrambi. È un alleato degli Stati Uniti e ha grandi giacimenti energetici. Per questo, al di là delle ragioni economiche sottostanti, il Tap è di grande importanza strategica tanto per l’Italia quanto per gli Stati Uniti. L’Azerbaijan è uno dei pochi Paesi nella regione che è ancora allineato con l’Europa, gli Stati Uniti e la Nato, e soprattutto è un amico dell’Italia. Comprare il gas azero rinforza un amico, comprare quello russo rinforza un nemico.

Come reagirebbero gli americani se il governo italiano annunciasse un retro-front dalla missione in Afghanistan?

Al Pentagono, dove tutti sono appassionati alla missione in Afghanistan anche se si è dimostrata un fallimento continuo, andranno su tutte le furie. Trump invece non si impunterà più di tanto. Ha detto pubblicamente che vuole ridurre a zero i soldati americani a Kabul. A dirla tutta non escludo che possa dare ragione al governo italiano.

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