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Ecco come Facebook ha bloccato le (nuove) interferenze di Russia e Iran

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Una nuova campagna di disinformazione partita da Russia e Iran, realizzata in quattro continenti, America compresa, è stata fermata da Facebook. Sono in tutto 652 fra pagine, gruppi e profili rimossi nell’ambito di quella che lo stesso social network definisce una attività sospetta legata ad una “condotta non autentica coordinata” che comprendeva la condivisione di materiale a sfondo politico.

LA REAZIONE DI MENLO PARK

Mentre a Washington l’inchiesta sul Russiagate prosegue con ulteriori colpi di scena, oltreoceano crescono le preoccupazioni per le possibili interferenze in vista delle delicate elezioni di midterm del prossimo novembre (già oggetto della rimozione di 32 account da parte del gigante tech). Rispetto al recente passato, la compagnia fondata da Mark Zuckerberg si è mossa stavolta con grande tempestività, forse memore delle conseguenze degli inciampi su sicurezza e privacy registrati nella passata stagione elettorale, su tutti il caso Cambridge Analytica e i sospetti di interferenze guidate da Mosca per influenzare le presidenziali Usa del 2016. Così, nonostante le analisi e le verifiche del materiale considerato sospetto non siano ancora concluse, Facebook ha preferito non attendere oltre prima di bloccare il materiale e informare delle attività in corso le competenti istituzioni governative.

NUMERI E OBIETTIVI

La decisione di rimuovere pagine e account presa nelle scorse ore, racconta il New York Times, nasce da diverse inchieste, tre riguardanti l’Iran e una la Russia. In un caso ha riguardato un gruppo denominato Liberty Front Press cui fanno capo diversi account su Facebook e Instagram con circa 155mila follower. Il gruppo – ha rimarcato nella sua nota il colosso di Menlo Park – stando alle registrazioni del sito e agli indirizzi IP e degli amministratori risultava legato a media di Stato iraniani, con i primi account creati nel 2013 e con contenuti su Medio Oriente, Regno Unito e Usa. Dalle analisi condotte non sembrerebbe che l’obiettivo del gruppo fosse influenzare le elezioni di midterm, sebbene non si escluda “che tentativi in questo senso possano essere stati fatti”. Altri due gruppi sono stati segnalati con legami all’Iran, mentre un quarto – che avrebbe tentato di influenzare su Siria e Ucraina – era legato a fonti che secondo Facebook gli Usa considerano legati all’intelligence militare russa.

GLI ASPETTI PARTICOLARI

Ad aver messo in allerta Facebook rispetto a quanto stava accadendo è stata la società di cyber security FireEye, che nelle sue attività di monitoraggio della Rete aveva riscontrato movimenti anomali. “Sebbene la disinformazione proveniente dall’Iran non sia nuova” – ha commentato in un thread su Twitter Graham Brookie, a capo del gruppo di esperti informatici Digital Forensic Lab (DfrLab) del think tank Usa Atlantic Council – “la portata globale e l’attenzione al contenuto” di queste nuove campagne “sono significativi”.

NUOVI CONTENUTI, VECCHI SCHEMI

Una delle piattaforme rimosse dal social network, sottolinea ancora Brookie, era già stata oggetto di uno studio (citato dallo stesso Facebook). Si tratta di “Inside Syria Media Center, che diffondeva narrazioni pro-Cremlino e pro-Assad raramente supportate da prove”.
Lo schema disinformativo osservato in questo caso, prosegue l’esperto, non è molto differente da quello abituale: il contenuto non veritiero nato su questa o altre pagine viene poi ripreso da media legittimi e filogovernativi come Sputnik e RT (oltre che da un certo numero di portali cospirazionisti), per poi essere rilanciato su social network da troll (anche reti di bot, come quelle operanti dalla nota Ira di San Pietroburgo), influencer e utenti comuni.

LO SCENARIO

Per questi e altri episodi, l’allarme sulle fake news e sui suoi effetti è in questo momento altissimo negli Stati Uniti. Proprio ieri, Microsoft ha svelato una nuova ondata di campagne di phishing – condotte negli Paese ai danni di think tank e noprofit vicini ai repubblicani – che porterebbe la firma di Apt28, un famigerato gruppo informatico che molti addetti ai lavori collegano all’intelligence militare di Mosca. Mentre oggi stesso, anche Twitter ha comunicato di aver fermato ben 284 account (in questo caso ritenuti collegati a Teheran) coinvolti in operazioni di manipolazione dell’opinione pubblica.



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