Per l’Italia è vietato abbassare la guardia in Libia. Con le attività diplomatiche e di governo che in quest’ultimo periodo si sono succedute con cadenza temporale ravvicinata, il nostro Paese ha confermato la sua postazione strategica primaria nella regione libica. È necessario quindi, in un momento delicato come questo, non lasciarsela sfuggire in alcun modo.
L’impasse da tenere bene a mente è quella di una pianificazione concreta e adeguata delle modalità di approccio al dossier libico che tenga conto, come afferma Giampiero Massolo sulla Stampa, del “metodo” e della “competizione” da adottare. Insomma, la giusta rappresentazione del problema vedrebbe la presenza di un cosiddetto “gruppo di contatto”, composto dai Paesi interessati alla gestione della crisi, insieme al rappresentante delle Nazioni Unite, che regoli le ingerenze esterne nel Paese.
La Conferenza sulla Libia che si svolgerà a Roma in autunno è, dunque, la scelta su cui si possono gettare le basi per un decisivo cambio di passo nella regione. Naturalmente, come afferma Massolo, sarà il contorno a farne percepire la sostanza. Ovvero chi vi parteciperà; oltre al governo di Tripoli, riconosciuto internazionalmente e al quale l’Italia si rivolge con un’ormai rodata autonomia, bisogna che vi partecipino anche gli attori intralibici che esercitano un effettivo ruolo sul territorio, e dai quali non si può prescindere per ottenere dei risultati concreti. E poi ancora gli Stati arabi e islamici e i partners occidentali, insieme al ruolo di sempre maggior influenza sul dossier della Russia.
Il momento è propizio non solo perché, come affermato ieri su Formiche.net da Michela Mercuri, Haftar si trova in una situazione di forte e oggettiva debolezza, ma anche perché, effettivamente, il ruolo ritagliato dall’Italia e la solidità dei rapporti con la Libia di Serraj, consentono di allungare il passo per contribuire alla stabilizzazione dell’area. Stabilizzazione che, come ribadito nelle parole del presidente di Fincantieri sulla Stampa, consentirebbe all’Italia di risolvere diversi dei suoi interessi nazionali nella regione, tra i quali ovviamente quello delle migrazioni, tanto caro all’esecutivo gialloverde.
Non devono spaventarci neppure le prese di posizione del parlamento di Tobruk, che ieri ha dichiarato l’ambasciatore Giuseppe Perrone persona non grata. E questo perché, va precisato, in proposito la commissione Esteri non ha espresso alcun voto e la stessa misura in questione appare difficilmente realizzabile, dal momento che la competenza sulla “persone non grate” non spetta al parlamento ma al Consiglio presidenziale di Tripoli. La vicenda, d’altronde, si era già verificata in passato, quando, nel luglio del 2017, anche la commissione per la Difesa e la Sicurezza nazionale del parlamento libico aveva definito il diplomatico italiano “persona non grata”.
Secondo l’agenzia Nova, quindi, considerata anche la smentita dello stesso Perrone sulla vicenda che lo avrebbe condotto all’accusa, la questione sarebbe ascrivibile alla campagna di fake news avviata da siti internet e social network, simpatizzanti con il governo e con le istituzioni non riconosciute nell’est del Paese.