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Saranno gli alberi il vaccino naturale contro il cambiamento climatico?

La nuova strategia forestale dell’Unione Europea per il 2030 è una delle iniziative principali del Green Deal europeo. Mira a migliorare la qualità e la quantità delle foreste europee, rafforzando la loro protezione e il ripristino. Entro il 2025 la Commissione riesaminerà la strategia per valutare i progressi compiuti e determinare le necessità di ulteriori interventi. Il punto di Saturno Illomei sulla Giornata mondiale delle foreste

Mille miliardi di alberi. Sono quelli che dovrebbero essere piantati per rallentare il riscaldamento globale del Pianeta, la cui temperatura aumenta ogni anno. È quanto sostiene Stefano Mancuso, botanico, docente di arboricoltura ed etologia vegetale all’Università di Firenze, autore di numerosi saggi sull’argomento. Nell’ultimo, “Fitopolis, la città vivente”, disegna la città del futuro in armonia con la natura: “In un periodo di così drastici cambiamenti, in cui la resistenza e la capacità di adattamento diventano valori fondamentali, immaginare le nostre città come organismi diffusi e in comunità con il resto del vivente, in breve immaginare le nostre fitopolis costruite come fossero delle piante, potrebbe regalare enormi vantaggi alla nostra specie e al pianeta”.

Nella Giornata mondiale delle foreste, che dal 2013 le Nazioni Unite celebrano ogni 21 di marzo, ricordiamo il grande contributo che gli alberi danno alla sopravvivenza dell’umanità attraverso la produzione di ossigeno che respiriamo e l’assorbimento dell’anidride carbonica, che tanto contribuisce al riscaldamento globale. E non è un caso se l’Unione Europea, nella nuova Strategia forestale per il 2030 (“l’albero giusto al posto giusto per lo scopo giusto”) prevede di piantare tre miliardi di alberi entro questa data. Siamo ancora lontani dai mille miliardi del professor Mancuso, ma è già un primo passo.

Le foreste coprono circa il 30% del pianeta, poco più di 4 miliardi di ettari, e ospitano l’80% della biodiversità terrestre. Secondo la Fao solo negli ultimi 30 anni abbiamo perso quasi 180 milioni di ettari di foreste a livello mondiale. Anche se la tendenza si sta attenuando negli ultimi anni, soprattutto nel nostro continente. Grazie anche alle molte azioni messe in campo dall’Unione Europea a all’impegno preso a Glasgow nel 2021. In questa occasione gli Stati si sono impegnati ad “arrestare e a invertire la deforestazione e il degrado del suolo entro il 2030”.

In linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che tra i suoi obiettivi pone anche quello di “proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre”, avvertendo che proprio le foreste “sono essenziali per il contrasto al cambiamento climatico , e la protezione della biodiversità e delle dimore delle popolazioni indigene”. Ogni anno, secondo l’Onu, vanno persi tredici milioni di ettari di foreste e il deterioramento dei terreni ha portato alla desertificazione di 3 miliardi 600 milioni di ettari. “La deforestazione e la desertificazione, causate dalle attività dell’uomo e dal cambiamento climatico, pongono sfide considerevoli per lo sviluppo sostenibile e hanno condizionato le vite e i mezzi di sostentamento di milioni di persone che lottano contro la povertà”. Sono circa 1 miliardo 600 milioni, infatti, gli individui che dipendono per il loro sostentamento dalle foreste, compresi 70 milioni di popolazioni indigene.

La foresta amazzonica è l’ecosistema più colpito. Secondo il WWF negli ultimi 50 anni è stato convertito in coltivazioni o pascoli il 17% della sua superficie, due volte quella dell’Italia. “Se questo fenomeno arrivasse a colpire il 20-25% dell’Amazzonia, si pensa che la foresta non sarebbe più in grado di sopravvivere, trasformandosi un una savana arbustiva nel giro di pochi decenni”. La sola foresta amazzonica, ricorda l’associazione ambientalista, immagazzina oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio: “non possiamo assolutamente permetterci di perdere l’Amazzonia e la sua capacità di assorbire CO2, nella lotta per evitare che il riscaldamento globale superi 1,5°C”.

La nuova strategia forestale dell’Unione Europea per il 2030 è una delle iniziative principali del Green Deal europeo. Mira a migliorare la qualità e la quantità delle foreste europee, rafforzando la loro protezione e il ripristino. Le azioni principali riguardano: il restauro delle foreste e la loro gestione sostenibile; piantare 3 miliardi di alberi per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici; migliorare la raccolta dei dati e la ricerca per aumentare la conoscenza; implementare un quadro di governance forestale efficace; fornire incentivi finanziari per i gestori delle foreste per pratiche rispettose dell’ambiente. Entro il 2025 la Commissione riesaminerà la strategia per valutare i progressi compiuti e determinare le necessità di ulteriori interventi.

Il professor Mancuso ricorda che la vita presente sulla terra è composta prevalentemente di piante (l’86%). Quindi il nostro è a tutti gli effetti il “Pianeta delle piante”. Purtroppo oggi le piante, come abbiamo visto, non se la passano molto bene e le cause vanno ricercate nelle attività dell’uomo. Il riscaldamento globale minaccia di rendere inabitabili vaste aree del pianeta. E l’Italia è al centro di questo fenomeno. “Dal 1960 a oggi la temperatura media delle città italiane è aumentata di almeno 3 gradi”. Il futuro, secondo gli scienziati, appare catastrofico se non si interviene con urgenza. Ma la soluzione esiste. Il riscaldamento del pianeta dipende dall’aumento costante dell’anidride carbonica in atmosfera. “Gli alberi assorbono CO2 e piantandone in grande quantità potremmo guadagnare 50 anni di tempo e fermare il processo di riscaldamento esponenziale del pianeta”.

Il problema è enorme, la soluzione lo deve essere altrettanto: piantare alberi. Ma dove metterli questi mille miliardi di alberi. “L’80% dei terreni agricoli è destinata ad allevare animali o a produrre cibo per gli animali di allevamento, anche se solo il 20% delle calorie dell’alimentazione umana è di origine animale. Iniziamo dunque a ridurre di almeno il 25% il consumo di prodotti animali e avremo ricavato terreno sufficiente per gli alberi”. E’ solo un primo passo. Occorre invertire la rotta per una concreta riconversione ecologica delle produzioni e dei consumi. “Il ruolo di noi consumatori, dicono al WWF, è centrale e solo utilizzando maggiore attenzione e responsabilità possiamo dare un contributo sostanziale alla salute di questi ecosistemi, del clima e nostra”.

Il nuovo regolamento europeo sulla “deforestazione zero”, adottato a giugno dello scorso anno, è una misura concreta per ridurre l’impronta ecologica del commercio internazionale. Riguarda sette prodotti: soia, olio di palma, carne bovina, caffè, prodotti legnosi, prodotti stampati e gomma. Questi prodotti potranno essere commercializzati dal prossimo dicembre nel mercato comunitario soltanto se le aziende saranno in grado di dimostrare che non sono causa di deforestazione. Un passo importante per l’Unione perché tutte le aziende dovranno tracciare e rendere visibili al consumatore tutte le fasi di produzione.
Un’ultima annotazione, diciamo così di servizio: oggi 23 marzo torna l’Ora della Terra (Earth Hour): il WWF invita tutti a spegnere per un’ora, alle 20,30, tutte le luci, compiendo un’azione responsabile per la nostra vita e il cambiamento climatico. “Ogni nostra azione è determinante per dare un contributo alla lotta alla crisi climatica e tutelare il Pianeta”. I cittadini di tutto il mondo sono chiamati a donare almeno un’ora per la Terra: “più azioni, meno CO2: diamo un futuro al nostro futuro”.

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