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Tassi, yen e politica. Tre motivi per cui i paperoni cinesi scelgono il Giappone

Dopo la fuga di capitali e investimenti ora sono i milionari in carne e ossa a lasciare la Cina per il Paese del Sol Levante. Merito del mattone meno costoso e dei tassi vicino allo zero. Mentre Pechino dovrebbe fare mea culpa

Fino a pochi mesi fa era solo questione di capitali, azioni, bond. Ora invece si parla di persone, in carne e ossa. Il Giappone continua a drenare ricchezza dalla Cina, dopo aver fatto suoi, come raccontato da Formiche.net, tutti quegli investitori che non se la sono sentita più di tenere i propri soldi nel Dragone. Adesso è il turno dei milionari, che decidono spontaneamente di cambiare residenza o di trasferirsi nel Paese del Sol Levante. Perché?

Due, essenzialmente, le ragioni. Primo, in Giappone investire nel mattone costa di meno, dal momento che fino a due mesi fa la Banca centrale ha tenuto i tassi negativi, ovvero sotto lo zero, rendendo il costo del denaro estremamente conveniente. Per fare un esempio, la Bank of Japan non alzava i tassi dal febbraio del 2007 e li aveva portati in territorio negativo nel 2016. E solo poche settimane fa i tassi sono tornati in territorio positivo, ma con la promessa di mantenere una politica monetaria accomodante: non è quindi l’inizio di un ciclo di inasprimento del tipo visto negli Stati Uniti e in Europa e questo continua a rendere conveniente contrarre un mutuo.

Secondo, l’aspetto politico. La Cina non è mai uscita dalla crisi innescata dal collasso del mattone e dalle fallimentari politiche zero-Covid messe a terra da Pechino. Il che ha aumentato non poco la frustrazione degli investitori e dei risparmiatori, spingendoli verso nuovi ecosistemi. Dunque, sia il rallentamento economico, sia il mercato azionario in difficoltà stanno motivando le persone benestanti a lasciare il Dragone. Tanto che le città giapponesi che distano solo poche ore di volo dalla Cina sono una delle scelte principali per i cinesi più abbienti.

I prezzi degli immobili in Giappone sono bassi per gli stranieri anche grazie allo yen debole ed è abbastanza facile per loro acquistare proprietà. C’è poi una questione grammaticale, fa notare il Wall street journal. Il sistema di scrittura giapponese, infatti, utilizza in parte i caratteri cinesi, quindi i nuovi arrivati possono orientarsi più facilmente. Non è certo un caso se un rapporto dello scorso giugno di Henley & Partners stimava che oltre 13.500 ricchi cinesi e con un patrimonio netto elevato, sarebbero emigrati in Giappone entro fine 2023, dando vita a una vera e propria transumanza.

Ci sono come sempre i numeri a dare la cifra. Alla fine dello scorso anno il Paese nipponico contava circa 822 mila residenti cinesi, 60 mila in più rispetto all’anno precedente, il balzo più grande degli ultimi anni. L’agente immobiliare di Tokyo Osamu Orihara, cittadino giapponese naturalizzato ma nato in Cina, ha affermato che le sue entrate sono triplicate o quadruplicate rispetto al 2019 prima della pandemia, guidate in gran parte da acquirenti cinesi. E secondo i registri immobiliari delle varie camere di commercio, sono sempre di più i condomini di proprietà di individui con nomi cinesi o di società del Dragone.

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