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La finanza non ha bisogno di rappresaglie. La zampata russa sulle banche letta da Sapelli

​Un errore pensare che usare gli asset russi per finanziare l’Ucraina possa mettere paura al Cremlino, si finirebbe con l’innescare solo altra rabbia. E poi una Russia a pezzi non conviene nemmeno all’Europa. La Cina? Non è poi così amica di Mosca. Intervista all’economista e storico Giulio Sapelli

Se c’è un errore che il G7 non deve commettere, sia a Stresa, teatro del summit dei ministri delle Finanze, sia a Borgo Egnazia, tre settimane dopo, è quello di dare il via libera definitivo alla monetizzazione dei beni sequestrati alla Banca centrale russa. Mosca avrà anche azzannato Ariston, Unicredit e Deutsche Bank, tanto per citare le vittime più illustri. Ma se la grande finanza occidentale vuole davvero sopravvivere, ha bisogno di mantenere un qualche barlume di relazioni, anche con l’ex Urss.

Giulio Sapelli, economista, storico e saggista, nelle librerie con Verso la fine del mondo (Guerini), va oltre la tentazione dei Grandi della Terra di mettere una volta per tutte sotto chiave gli asset strappati al Cremlino e utilizzarli come fonte di finanziamento per l’Ucraina. Nelle scorse ore, due tribunali russi, hanno congelato quasi 800 milioni di euro sui conti delle controllate russe di Unicredit e Deutsche Bank. Eppure, dice Sapelli, non bisogna farsi prendere dall’isteria.

La Russia è tornata a ruggire, aggredendo le aziende occidentali rimaste in loco. Sensazioni?

Prevedibile, dopo la guerra economica mossa contro la Russia. Mosca si è regolata di conseguenza, portando il mondo e il suo sistema finanziario in una situazione piuttosto difficile e dagli esiti incerti. L’Europa sta provando a togliere dalle mani del governo russo tanti soldi, miliardi di capitale. E questo ha innescato una reazione preoccupante.

Un errore, dunque?

Sì, perché sono fermamente convinto del primato delle relazioni diplomatiche sulla guerra. Dobbiamo tornare a ragionare in termini di relazioni e non trasformare il mondo in una gigantesca barricata. Le banche, le imprese, hanno bisogno di relazioni, per quanto possibile, anche con chi ha invaso un’altra nazione. Al contrario, se così non fosse, andrebbe sempre peggio: conosco i russi, se aggrediti, aggrediscono.

Il G7 cosa dovrebbe fare secondo lei?

Non usare gli asset russi per finanziare l’Ucraina. La finanza, come la politica, deve mediare, non gettare le relazioni alle ortiche. Non dobbiamo mai dimenticare che l’alta finanza è un grande elemento di stabilizzazione e di perseguimento della pace, anche in tempo di guerra. La moneta deve continuare a circolare, le rappresaglie non portano a nulla.

I numeri dicono che l’economia russa cresce, nonostante le sanzioni. Eppure c’è chi fa notare che sia solo per merito della produzione bellica. Un castello di carte? 

Primo, i russi hanno un Paese con immense risorse naturali e sono pochi e questo è un elemento a loro vantaggio. Secondo, i russi, in momenti di crisi si chiudono nell’autarchia, autofinanziandosi. Oggi il nazionalismo russo, soprattutto industriale, porta all’economia di guerra e all’autarchia, questo li tiene in piedi. Ma è una via rischiosa, sia chiaro. E non è un caso che vadano a cercare altri sbocchi, come la Cina. Però vorrei fosse chiaro che se la Russia crolla, crolla l’Europa.

Perché?

Perché se la Russia collassa, ai confini dell’Europa ci sarà un mondo in ebollizione, oscuro, ingovernabile. E questo l’Occidente non può certo permetterselo. E torno al G7, con quello che suggerivo prima.

Ha citato la Cina. Come legge la recente visita di Putin? Si dice che siano solo alleati di facciata…

Ed è proprio così, mica sono tanto amici. Anzi, sono più le inimicizie che le amicizie. Non scordiamoci le migliaia di ragazze siberiane rubate dai cinesi, con la promessa di guadagni facili. Solo un esempio, ma certamente dà la cifra del vero rapporto tra i due Paesi.

E la Cina, secondo lei, che percezione ha della guerra contro l’Ucraina?

Putin è in vantaggio momentaneo sul fronte bellico e per questo rende manifeste le pulsioni verso una negoziazione sul fronte del conflitto. La Cina ricerca la negoziazione russo-ucraina per autolegittimarsi sul fronte delle relazioni internazionali. In questo contesto i diversi interessi della Russia e della Cina tacciono e fanno prevalere una logica negoziale. Ma non servirà a nulla, perché il suo affermarsi comporterebbe una nuova ritirata Usa dal potere mondiale con una delegittimazione anglo-sferica potente che potrebbe far rovinare ancora più il mondo sulla china della guerra nucleare.

 

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