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Vi racconto la missione del Cnel nell’era degli shock globali. Scrive Brunetta

Di Renato Brunetta

Pubblichiamo un estratto dell’intervento del presidente del Cnel, Renato Brunetta, nell’ambito della tavola rotonda “Il manifesto per nuove economie e politiche per l’italia nell’era degli shock globali”, organizzata in occasione della conferenza internazionale “Manifesto and research frontiers for a renaissance in economics”

Non tutti conoscono la funzione istituzionale del Cnel e la sua posizione nell’architettura istituzionale del Paese. Il ruolo del CNEL, organo di rilevanza costituzionale (art. 99), è di contribuire all’elaborazione della legislazione in materia economica e sociale, intermediando le competenze e i saperi nei sistemi sociali, economici e produttivi. La nostra ambizione è di raccordare gli interessi di tutte le categorie economiche e sociali, di favorire il confronto e di giungere a un risultato di mediazione, una sintesi, che tenga in considerazione le esigenze di tutte le componenti in essa rappresentate. E tale missione è quantomai rilevante e densa di significato!

Abbiamo, infatti, alle nostre spalle un decennio segnato dallo svuotamento della rappresentanza e dalla marginalizzazione dei corpi intermedi. L’illusione di una società disintermediata si è infranta sulle più recenti crisi globali, prime fra tutte la pandemia e la guerra in Ucraina. Le democrazie hanno espresso la migliore difesa avvivando cooperazioni e solidarietà in grado di far fronte comune all’emergenza. Nell’era delle transizioni, digitale/ambientale/demografica, il ruolo del Cnel è ancor più decisivo, perché processi di questa portata scatenano reazioni ambivalenti, basti pensare alla crescente tecnofobia rispetto all’applicazione dell’Intelligenza Artificiale ai processi produttivi.

Cresce, infatti, la paura che i robot e gli algoritmi, sostituendo l’uomo in molte attività, ne possano certificare l’inutilità. C’è poi chi disconosce la realtà del surriscaldamento climatico e della perdita della biodiversità, con un negazionismo complottista dei processi politici paventando tecnocrazie e poteri forti in grado di minacciare le libertà individuali e le identità collettive. E c’è chi pensa che il problema ecologico sia talmente grande che qualunque misura messa in campo dalle istituzioni globali e dai governi sia insufficiente ad affrontarlo.

Eppure, a ben vedere, questi fenomeni sono diverse declinazioni di un neoluddismo che nella storia umana ha sempre accompagnato le grandi accelerazioni della tecnica. E che, nella storia del nostro Paese, ha più volte coalizzato gruppi sociali e corporazioni contro tutti i volti dell’innovazione (tecnologica, culturale, politica, sociale). E qui entra in gioco il Cnel, in quanto luogo capace di trasformare gli interessi dei corpi intermedi in responsabilità e virtù civiche, grazie a un dialogo costante e cooperativo tra le rappresentanze sindacali, datoriali e del volontariato, dell’Accademia e delle eccellenze scientifiche e culturali del Paese.

Tenere acceso il confronto tra queste energie della società italiana è il primo impegno del Cnel. Il dialogo tra portatori di interessi diversi, a volte in conflitto, non è un rischio, ma la base di una democrazia pluralista. Per concludere, desidero condividere le tre aree programmatiche di lavoro che vedono il  Cnel in prima linea.

La prima area riguarda il ruolo e la prospettiva sussidiaria delle fondazioni di origine bancaria che potrebbero rappresentare, e in parte già rappresentano, preziosi motori di sviluppo umano che integrano la dimensione economica, politica e culturale. Le attuali 86 Fondazioni in Italia, intervengono sui territori promuovendo il cosiddetto “welfare di comunità” e fungono da volano per il cambiamento di un territorio, per il superamento di ritardi nell’offerta di un welfare, per risposte life changing in settori della vita del Paese affetti da croniche disuguaglianze e difficoltà.

La seconda area riguarda la funzione svolta dal mondo del volontariato e dell’associazionismo, che , in virtù della sua compagine variegata, ha bisogno di una sponda istituzionale robusta, per non disperdere la propria azione sui territori. La terza area riguarda le Camere di commercio caratterizzate da una doppia anima: espressione del tessuto corporativo del Paese, quali “strutture corporative in senso tecnico”, strumento di governo del territorio, in grado di incidere direttamente sulla sua vita economica.

Le Camere di commercio sono “collettori degli interessi omogenei”, contribuendo, in qualità di corpi intermedi, allo sviluppo equilibrato del Paese. E le Camere di commercio, possono rappresentare, anche grazie al ruolo del Cnel, una sorta di “municipi dell’economia” che, ancor prima di rappresentare corporativisticamente gli interessi delle imprese, possono rappresentare le istanze più concrete di una società civile che esalta la funzione dell’impresa e il ruolo che, in essa, giocano imprenditori e dirigenti. Ebbene le tre aree che vi ho indicato sono “declinazioni” di una profonda consapevolezza: la difesa e la promozione di una sana democrazia liberale ha bisogno del pluralismo.

Un pluralismo delle opinioni e degli interessi che concorrono alla vita civile. Per garantire un simile pluralismo è necessario assicurare innanzitutto degli “spazi” nei quali il confronto e la discussione, elementi essenziali della democrazia, possano essere coltivati. Il Cnel, in qualità di organo di rilevanza costituzionale, intende proseguire con rinnovata energia l’adempimento della propria vocazione: rappresentare uno dei fondamentali “fori” della civitas repubblicana nella quale il confronto e la discussione sono non solo possibili, ma incentivati.

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