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Ius soli: cosa cambia e cosa succederà (mentre le polemicuzze impazzano)

Mentre i politici litigano, in mare si continua a salvare vite. Mentre in Parlamento le polemiche sullo “ius soli” hanno raggiunto vette di rissosità inaccettabili, la Guardia costiera continua a coordinare decine di interventi giorno e notte. Mentre i ballottaggi per le elezioni amministrative del 25 giugno si avvicinano e i partiti di ogni orientamento cercano di lucrare voti sul tema dell’immigrazione, dal 10 al 17 giugno la Guardia costiera ha coordinato 56 operazioni di salvataggio salvando circa 6.700 persone. Sembrano numeri alti, ma tempo fa in una sola giornata i salvataggi coordinati contemporaneamente dalla sala operativa furono 51. E mentre i prossimi dati ufficiali del Viminale indicheranno in circa 70mila gli arrivi di quest’anno, non ci sono novità né sul fronte dei ricollocamenti europei né su quello libico, tranne gli interventi della Guardia costiera di quel Paese che, per esempio, il 17 giugno ha intercettato e riportato a riva barconi con 906 migranti.

Salvare vite in mare è un obbligo morale e giuridico, ma così non si può andare avanti all’infinito. Meglio degli altri lo sa il ministro dell’Interno, Marco Minniti, che ha rilanciato la provocazione fatta il 24 maggio: è preziosissimo il lavoro delle navi in mare, ma se quelle straniere qualche volta portassero il carico di profughi nei loro porti “mi sentirei meno solo”. A maggio non ci furono commenti da Francia, Spagna o Germania e c’è da giurare che anche stavolta faranno orecchie da mercante.

La cronaca, che mai come su questo tema coincide con la politica, s’intreccia con la decisione del governo di portare in aula al Senato il 15 giugno il provvedimento sullo “ius soli”, approvato dalla Camera nel settembre 2015. Il tentativo di boicottaggio della discussione organizzato da Lega e M5s non è riuscito scatenando gli incidenti che, alla fine, hanno comunque portato allo slittamento a dopo i ballottaggi. In quel momento (in teoria) potrebbe nascere un problema se il Pd decidesse di porre la fiducia sul provvedimento, fiducia sulla quale i centristi si dissero contrari già nello scorso febbraio. Angelino Alfano, ministro degli Esteri e leader di Ap, dopo gli incidenti aveva provato ad arginare la fretta del Pd sostenendo che lo “ius soli” non è una priorità e contestando la tempistica: il significato politico era chiaro perché l’elettorato moderato non vede di buon occhio quelle che considera concessioni agli immigrati, e le urne si avvicinano. Ma è stato il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a sgombrare il campo dai dubbi auspicando che il Parlamento “faccia presto” ad approvare una riforma che è “un atto doveroso e di civiltà”. Quindi si va avanti e Alfano ha confermato il voto favorevole.

Ricordiamo in estrema sintesi di che cosa si tratta. Lo “ius soli” in discussione è temperato e non assoluto, cioè non sarà sufficiente nascere sul suolo italiano da genitori stranieri per acquisire la cittadinanza. Mentre oggi chi nasce in Italia da genitori stranieri e continua a viverci legalmente può diventare cittadino italiano al compimento del 18 anni, la proposta prevede che il padre o la madre abbiano un permesso di soggiorno di lungo periodo e dunque siano residenti da almeno 5 anni, oltre ad avere un reddito, un alloggio idoneo e conoscano la lingua italiana: questi ulteriori paletti riguardano gli extracomunitari, cioè il vero nocciolo del problema. Il minore nato o giunto in Italia prima dei 12 anni deve inoltre aver compiuto almeno un ciclo di studi di 5 anni. Beppe Grillo lo considera “un pastrocchio invotabile” e ha confermato l’astensione al Senato, così come il M5s fece alla Camera. Solo che al Senato l’astensione equivale al voto contrario e in questi casi i partiti che vogliono fare il pesce in barile fanno uscire dall’Aula i loro parlamentari. Vedremo. Confermare l’astensione vuol dire anche strizzare l’occhio a quell’elettorato al quale non interessano i sofismi e che da tempo esprime intolleranza verso gli stranieri irregolari. Per capire il clima, Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno annunciato che in estate raccoglieranno le firme per un referendum contro questa legge mentre Gianni Alemanno sta diffondendo sui social network nomi e indirizzi email dei senatori che voteranno a favore ed è accusato di incitare al linciaggio.

Da qualunque lato lo si veda, il tema in questa fase storica è esplosivo. Minniti insiste sull’evitare l’equazione tra immigrazione e terrorismo e, riguardo allo “ius soli”, ha detto che “un Paese integrato è un Paese più sicuro”. E’ un messaggio complicato da trasmettere e ancora più difficile da assimilare. E’ vero che gli extracomunitari che già vivono legalmente e che si integrerebbero di più con questa legge sono cosa molto diversa dalle famiglie islamiche che restano chiuse nel loro mondo e che non accettano di mettere in discussione la loro cultura solo perché vivono in Italia (ma la Cassazione ha stabilito che devono cambiare idea…). E’ lì il problema: l’Italia deve evitare che crescano seconde generazioni chiuse nel loro piccolo mondo, facile brodo di coltura dei radicalismi. Nel frattempo, un esempio eclatante è la stazione di Milano, accampamento perenne di micro delinquenti dove la polizia effettuò un blitz all’inizio di maggio dopo che, qualche settimana prima, un immigrato aveva aggredito dei soldati di pattuglia; oppure, esempio di tutt’altro genere, l’iniziativa del ristoratore di Mogliano Veneto (Treviso) che ha esposto un cartello con la scritta “Personale 100 per cento italiano”. Approvato lo “ius soli”, resteranno in piedi le vere emergenze. Mentre a terra si litiga e in mare si salvano vite.

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