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Mattarella tra Maritain e Maurras

Ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato a Matera per inaugurare la cattedra dell’Istituto Jacques Maritain titolata “Pace e dialogo tra culture e religioni del Mediterraneo”.

Si è trattato di un appuntamento importante, che ha dato modo al Capo dello Stato di rilanciare l’elaborazione intellettuale in ambito politico, giunta a livelli scarsissimi in questo nostro tempo. Giustamente occorre invece, per riuscire ad affrontare le sfide che ci provengono dal confronto tra le civiltà, proprio di ripensare i diritti umani, il dialogo, la pace e, aggiungo io, le identità comunitarie.

Questo fu lo sforzo meritorio, d’altronde, che spinse proprio Maritain a progettare, all’interno del pensiero filosofico cattolico dei primi decenni del ‘900, una feconda linea di riflessione che è sfociata, dopo la Seconda guerra mondiale, nell’adesione filosofica dei cristiani alla democrazia, generando, soprattutto in Italia, un cinquantennio di egemonia politica e culturale.

In effetti noi tutti siamo abituati ad identificare la visione politica cattolica con la solida aderenza culturale alla democrazia dei cattolici, al primato della persona e all’europeismo, di cui Alcide De Gasperi è stato emblema e modello straordinario; ma se tutto ciò è avvenuto lo è stato anche per la traiettoria filosofica che ha mosso e spinto Maritain, e gli intellettuali francesi e tedeschi di quella generazione, lontano dal conservatorismo dominante  nel Cristianesimo, durante la Prima guerra mondiale e tra le due guerre.

Semplificando possiamo dire che i cattolici sono diventati centristi grazie a Maritain, mentre prima sostanzialmente si identificavano con una cultura di destra, fattualmente e ideologicamente sconfitta e ed emarginata dalla rivoluzione fascista. La vicenda dell’esilio di Luigi Sturzo e dello scioglimento del Partito Popolare, negli anni ‘20, mostra bene tutta l’ambiguità di una cultura cattolica, al contempo antimoderna – nel senso del primo Maritain e di Agostino Gemelli – poi divenuta invece democratica e antifascista.

La sfida allora fu proprio quella di essere democratici e antisocialisti: di qui il personalismo anti sovranista del secondo Maritain di Umanesimo integrale e de L’uomo e lo Stato, suoi massimi capolavori della maturità.

Oggi ci troviamo, tuttavia, in una fase molto più complessa di allora: il ricordo del fascismo è sbiadito, vi è un ritorno al conservatorismo radicale e il pontificato di Papa Francesco si muove con una prassi molto distante da quella europea ove maturarono quelle idee maritainiane.

Per parafrasare Antonio Acerbi, studioso acuto di questi problemi, “la Chiesa è passata dall’opposizione al liberalismo alla democrazia senza passare per il liberalismo”. E, al contempo, oggi stiamo passando dalla democrazia al cosmopolitismo multiculturale senza metabolizzare a fondo alcune istanze fondamentali, considerate anche da Maritain, di tipo comunitario, senza le quali la democrazia stessa e il primato della persona rischiano di dissolversi nella globalizzazione materialistica e disumana del potere come culto assoluto.

Di qui i limiti e non solo i pregi che oggi mostra il pensiero filosofico di questo grande intellettuale francese.

Per capire lo scenario odierno è molto interessante tornare all’origine del cattolicesimo francese, in particolare all’Action française, nel cui ambiente si è formata, e poi distanziata, l’idea politica maritainiana intorno ad un ‘’cristianesimo democratico e progressista”.

Charles Maurras è stato indubbiamente il maestro incontrastato di questo orientamento filosofico reazionario, su cui si raccolsero molte idee d’inizio secolo, imperniate attorno a due concetti fondamentali: il nazionalismo integrale e la difesa della tradizione. Ciò equivaleva per Maurras a concepire la fede cristiana in collegamento stretto con la nozione di natura, intesa nel senso di un’appartenenza del genere umano alla realtà e alla particolarità della dimensione comunitaria, nella quale si realizzano in modo immutabile le leggi della vita. In tal senso, mescolando Aristotele e Auguste Comte, ne emergeva una riabilitazione dell’idea di legge come fondamento della persona, e della fede come conferma e rafforzamento dell’ordine sociale tradizionale. Maurras era perciò nazionalista, monarchico, antidemocratico, cattolico e anti protestante.

L’evoluzione di Maritain nacque proprio dalla rottura con il maestro e con il comune padre spirituale, Padre Clerissac, nella direzione, come si diceva dianzi, di acuire la separazione tra la sfera nazionale e naturale, dove cresce involontariamente la persona, e la sua finalità sociale e politica, dove prospera liberamente la democrazia e l’attuazione effettiva dei diritti civili.

Se in Maurras vi è il primato della natura e della politica, in Maritain il primato dello spirituale e della democrazia.

Buona parte del cattolicesimo, soprattutto dotto e neotomista, ebbe molte remore davanti a questa enfasi democratica di Maritain, anche perché nella tradizione Patristica e Scolastica, cui si dovrebbe rifare sempre la filosofia cattolica, il concetto di natura e di creaturalità precede e dà fondamento teologico e metafisico a quello di grazia e di salvezza. Il Cattolicesimo è un Cristianesimo non fideista e non naturalista, ma fondato sul principio che “la grazia perfeziona la natura e non la distrugge”. Senza una teologia della creazione non può esservi una teologia della salvezza. E senza ordine politico non può esservi ordine religioso.

Ora una buona democrazia cristiana del futuro non può perseguire oggi se non in una linea che faccia sue le istanze di Maritain, coniugandole però con gli orientamenti neoscolastici che Maurras evidentemente radicalizzava ma che restano assolutamente fondamentali e imprescindibili.

Adesso, a ben vedere, molto più che quarant’anni fa il problema non è la democrazia, ritenuta da tutti un valore politico basilare, ma la sua difesa; non è l’universalismo, divenuta una realtà di fatto, ma la tutela del particolare nel generale; non è la religione, ma la giusta comprensione del rapporto tra fede e ragione, tra spirito e natura, tra fede e libertà.

Non a caso le sfide del personalismo odierno riguardano la giusta reazione ad una messa in discussione del valore naturale della vita, della dimensione ontologica della persona, del carattere antropologico della famiglia, ampiamente contestati sia da una sorta di radicalismo volontarista e sia da un relativismo, anche religioso, che confonde religione e politica, faticando ad accogliere autenticamente l’indisponibile e trascendente valore metafisico della persona umana e della comunità naturale, in primis quella affettiva della famiglia. Sofia Vanni Rovighi spiegava, giustamente, che la famiglia è la prima forma comunitaria dell’uomo perché collega la persona alla sfera animale, elevandone le finalità a quella razionale e soprannaturale.

In sintesi, l’elogio di Maritain e la sua riscoperta sono contributi molto positivi per una rigenerazione culturale del pensiero politico contemporaneo, ma probabilmente tale operazione dovrebbe essere fatta, in ambito cattolico, recuperando l’autentico valore della tradizione filosofica neoscolastica e le radici anche maurrassiane da cui quella parabola progressiva della filosofia cristiana si è sviluppata, non accogliendo per forza e sempre positivamente, talvolta perfino con cedimenti dottrinali palesi, contradditori e scarsamente metabolizzati, ideologie inaccettabili o strane forme anticristiane di multiculturalismo latitudinario e prassismo utopico e pararivoluzionario. Il risultato, infatti, potrebbe essere la secolarizzazione definitiva di una filosofia perenne che non ammette distorsioni.

 


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