Non sono ancora chiari alcuni passaggi nell’applicazione del codice di condotta per le Ong voluto dal ministero dell’Interno e quindi nella gestione ordinaria dei salvataggi in mare. L’episodio che ha riguardato la nave di Medici senza frontiere è esemplare e sta scatenando prevedibili polemiche: Msf non ha firmato quel codice, ma nei giorni scorsi ha salvato 127 persone con il coordinamento della Guardia costiera e nella tarda serata di sabato 5 agosto due motovedette italiane hanno effettuato il trasbordo di quelle persone a 33 miglia da Lampedusa, in acque internazionali, tornando nell’isola. Quindi la nave di Msf non è stata fatta arrivare in porto, ma i migranti sono arrivati lo stesso.
“Non siamo più i primi a essere chiamati per i soccorsi, come accadeva prima. Sappiamo che lavoreremo di meno, ma siamo sempre a disposizione della Guardia costiera. Sappiano che noi ci siamo e siamo disponibili a collaborare – ha detto all’Ansa Michele Trainiti, capo progetto Sar della Ong -. L’operazione si è svolta in modo tranquillo, non è inusuale una procedura come quella di ieri sera. Forse, prima del codice avremmo potuto avvicinarci di più a Lampedusa”. L’unica cosa evidente è quindi che chi non ha firmato il codice non potrà entrare nei porti italiani, ma, se lo scopo era di mettere ordine e quindi di ridurre un afflusso di migranti spesso disordinato e opaco, nei primi giorni della sua applicazione restano in piedi alcuni dubbi.
In un’intervista al Corriere della Sera di oltre un mese fa il ministro delle Infrastrutture e trasporti, Graziano Delrio, disse chiaramente che i porti dovevano restare aperti a tutte le navi, anche a quelle delle Ong. Stiamo vedendo che così non è per decisione del ministro dell’Interno, Marco Minniti. Delrio è il responsabile della Guardia costiera che è un corpo militare della Marina, ma che è inquadrato nel ministero dei Trasporti. Il “vangelo” della Guardia costiera è salvare chi è in pericolo di vita in mare, obbligo morale e giuridico per chiunque navighi. Quello che non si riesce ancora a capire è come si coniughino gli obblighi derivanti da convenzioni internazionali con i doverosi limiti posti dal Viminale attraverso il codice di condotta. In altre parole, se una nave di Msf (come nell’ultimo caso) o di un’altra delle organizzazioni che non hanno firmato il codice è la più vicina o la più facilmente utilizzabile dalla sala operativa della Guardia costiera per effettuare un salvataggio, non cambia niente ai fini del numero di migranti che arrivano in Italia se essi sbarcano da una nave di una Ong oppure da un mezzo della Guardia costiera che li ha appena presi a bordo.
Il “diverso approccio” di Delrio e di Minniti crea qualche attrito nel governo, dove peraltro non è secondario l’attivismo pacifista della Comunità di Sant’Egidio attraverso il viceministro degli Esteri Mario Giro che in un’intervista alla Stampa giustifica l’“estremismo umanitario” di alcune Ong, neologismo concettuale ormai di moda. E’ bene ricordare che il codice di condotta è stato introdotto dopo una specifica richiesta contenuta nella relazione della commissione Difesa del Senato votata all’unanimità dopo una lunga serie di audizioni. Il trasbordo notturno tra Msf e Guardia costiera, dunque, ha subito causato una dura reazione del capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani, per il quale anche la Guardia costiera deve rispettare quel codice, il governo dovrebbe obbligare i vertici a farlo e il Corpo dovrebbe essere assorbito dalla Marina militare: “Il governo italiano intervenga sui comandi della Guardia costiera affinché applichi il codice di condotta delle Ong: che un corpo dello Stato sia il primo a non applicare una determinazione dell’esecutivo è inaudito e sintomo di un grave problema nella catena di comando e nel sistema di coordinamento con gli altri corpi dello Stato” dice Romani in una nota. Il trasbordo dell’altra notte secondo Romani è “una procedura inusuale e due volte irregolare, che ha oltretutto esposto i migranti a ulteriori rischi, assieme ai nostri uomini della Guarda costiera costretti a operare quotidianamente in situazioni difficili e al di fuori dei propri compiti precipui”.
In un’intervista al Fatto quotidiano del 5 agosto Minniti aveva posto una domanda retorica commentando l’“estremismo umanitario” di certe Ong: “Perché questa forza ideale loro non l’hanno mai tradotta in un atto di disobbedienza simbolica? Perché non hanno neanche simbolicamente cercato di sbarcare in un porto non italiano?”. Bella domanda da rivolgere a Msf e, mentre la polemica politica probabilmente si intensificherà nei prossimi giorni, resta in piedi l’altra domanda: come si concilia il codice di condotta con le convenzioni internazionali?