Bene l’ordine esecutivo a favore della libertà religiosa; molto bene il blocco ai finanziamenti federali alle Ong che promuovono l’aborto. Male la politica sanitaria, malissimo quella nei confronti degli immigrati. L’ultima, sonora bacchettata della Chiesa cattolica a Donald Trump, arriva dopo l’abrogazione del programma Deferred action for childhood arrivals (Daca), voluto da Obama per tutelare i dreamers, i cosiddetti giovani sognatori arrivati negli Stati Uniti da bambini con genitori irregolari dal punto di vista delle normative migratorie. Ed è solo l’ultima puntata di un’altalena di simpatie e contrasti tra cattolicesimo Usa e Mr President.
CONFERENZA EPISCOPALE CONTRO TRUMP, VANGELO ALLA MANO
“È l’opposto di quanto la Scrittura ci invita a fare”; “un passo indietro dai progressi che dobbiamo fare come Paese”. Sono solo alcuni dei passaggi della dura nota della Conferenza episcopale americana che definisce la cancellazione del Daca “riprovevole e inaccettabile”. Una decisione che “non riflette chi siamo come americani”. Parole prontamente rilanciate dall’Osservatore Romano in un pezzo uscito in prima pagina.
“LA LEGGE SERVE L’UOMO, NON VICEVERSA”
Per la Casa Bianca l’abrogazione del provvedimento si è resa necessaria per “un esercizio incostituzionale di autorità”. Trump sostiene che sua intenzione non è quella di abrogare Daca, ma di renderla legale passando dall’autorità competente, ovvero il Congresso. Un appello che niente affatto è piaciuto all’arcivescovo di Newark, il cardinale Joseph Tobin: “Non importa se la precedente amministrazione avesse o meno l’autorità di istituire il Daca. Non ci si può nascondere dietro il termine di legittimità per revocare il programma. Si tratta di un abbandono dell’umanità e di talenti, di giovani speranzosi che sono americani a tutti gli affetti”.
L’ARCIVESCOVO DI NEWARK INVITA LA CHIESA A CONTESTARE DONALD
Non è la prima volta che il porporato si scaglia contro Trump. In una intervista al quotidiano francese La Croix, in luglio aveva tratteggiato il presidente degli Stati Uniti come una sorta di terrorista che si appella al lato oscuro degli americani. Il cardinale invitava i colleghi vescovi che lo avevano sostenuto su altri temi a ripensare radicalmente le loro posizioni: “Donald Trump è un uomo d’affari. Sostiene sempre che sta cercando di chiudere un accordo, ma i vescovi devono stare attenti: dice che è contro l’aborto, che lascia libertà di educazione e di pensiero, e in cambio chiede il silenzio per le sue irrispettose osservazioni verso gli altri o sulla deportazione dei migranti. È pericoloso”.
IL CARDINALE DOLAN PROTESTA IN MUNICIPIO A NY CONTRO LA MANOVRA DELLA CASA BIANCA
Ma sullo smantellamento del Daca non si registrano silenzi. Anzi. Tutti i vescovi delle principali diocesi Usa si sono pronunciati pubblicamente. Il cardinale di New York, Timothy Dolan, ha preso parte a una manifestazione di protesta organizzata nel municipio della città con attivisti e principali esponenti della vita pubblica: “I dreamers non sono criminali, stranieri, intrusi; sono noi, sono la nostra gente. Demonizzarli contraddice la Bibbia, l’America, New York e il senso comune”. “La nostra Chiesa è unita su questo – ha puntualizzato in una successiva intervista al portale Crux – anche perché è una Chiesa immigrata. La stessa parola cattolica significa tutti, universale”. Il cardinale Blase Cupich di Chicago ha definito la decisione “senza cuore”, invitando il Congresso ad “agire decisamente e rapidamente”.
“CARO DONALD, NON BASTA LA DIFESA DELLE ISTANZE PRO-LIFE”
I vescovi sono stati entusiasti del Daca fin dalla sua emanazione nel 2012. E nelle scorse settimane in molti hanno ribadito il loro appoggio al programma. Tra gli altri, l’arcivescovo conservatore di Philadelphia, Charles Chaput. In un intervento sintetizza le ragioni dei contatti e delle distanze con il presidente Trump: “Istanze pro-life e difesa della libertà religiosa sono entrambe questioni vitali che necessitano del nostro forte sostegno, ma sono aspetti che non esauriscono la lotta per la dignità di tutta la persona umana”. “Una cosa – aggiunge – è la difesa dei confini e l’estromissione di criminali violenti. Tutt’altro punire giovani che sono cresciuti negli Stati Uniti come a casa loro”.
LE SFIDE DEL PRESIDENTE SE VUOLE TENTARE LA RIELEZIONE
Ora il Congresso ha sei mesi di tempo per trovare una soluzione per gli 800.000 giovani coinvolti ed evitarne l’espulsione. Trump, che sostiene di nutrire un “grande amore per queste persone”, in un tweet ha scritto: “Sono pronto a lavorare con il democratici e i repubblicani in Congresso per una riforma dell’immigrazione tale da mettere i cittadini, grandi lavoratori, del nostro paese al primo posto”. Sono sfide e calcoli, anche elettorali, di non facile soluzione. I cattolici che oggi, Vangelo alla mano, lo criticano aspramente, hanno contribuito all’elezione di Trump in modo significativo: 52% a suo favore e solo il 45% per Hillary Clinton (fonte: Pew Research Center). È uno spostamento dal 2012 del cinque per cento di cattolici dal Partito democratico, anche per effetto delle dichiarazioni di alcuni vescovi che dichiaravano inaccettabile la piattaforma dem per le posizioni pro-aborto. Ma non bastano le trumpiane tutele pro-life, come sostiene, tra l’altro, il saggio di qualche settimana fa del quindicinale dei gesuiti Civiltà Cattolica (leggi: della Segreteria di stato vaticana).
UNA CHIESA CATTOLICA USA SEMPRE MENO BIANCA
Come rivela un recente studio del Public Religion Research Institute, solo il 43% degli americani si identifica oggi come bianco e cristiano, e solo il 30% come bianco e protestante. D’accordo: l’80% degli evangelici bianchi ha votato Trump in novembre perché prometteva di proteggerli. E i cristiani bianchi sono diventati minoranza nel Partito democratico: appena il 29% (erano il 50% un decennio fa). I protestanti evangelici bianchi rimangono la forza religiosa dominante nel Gop: più di un terzo (35%) di tutti i repubblicani si identifica come protestante evangelico bianco, una percentuale rimasta pressoché stabile nel corso dell’ultimo decennio. E circa tre quarti (73%) dei repubblicani appartengono a un gruppo religioso cristiano bianco. In questo scenario, la Chiesa cattolica sta vivendo una trasformazione etnica. Secondo il Prri, venticinque anni fa, quasi nove su dieci (87%) cattolici erano bianchi, non ispanici, rispetto al 55% di oggi. Il 36% di cattolici sotto i 30 anni sono bianchi, il 52% è ispanico. Dati che Trump, se vuole essere rieletto nel 2020, non può ignorare.