La fusione fra Stx e Fincantieri potrebbe concretizzarsi a stretto giro. Le manovre diplomatiche e i negoziati economici in corso – che sfoceranno nella proposta dell’11 settembre a Roma, e il cui esito si saprà nel bilaterale successivo il 27 settembre a Lione – si portano dietro una doppia responsabilità. Contemperare le ambizioni dei due paesi a controllare il nascituro colosso della difesa navale e prima ancora mettere una pezza allo strappo dello scorso luglio, la nazionalizzazione a sorpresa di Stx da parte di Emmanuel Macron, che ha fatto carta straccia degli accordi dell’Italia con il governo Hollande.
L’operazione si svolgerà in due fasi: avviare l’integrazione tra Fincantieri e Stx e avvicinare Stx/Fincantieri alle unità navali di superficie di Naval Group. Questa è la via seguita dal Ministero dell’Economia francese, che ha dichiarato all’inizio di agosto che “la partecipazione di Fincantieri a Stx France sarà definita in linea con il suo ruolo guida di operatore industriale”. Lo stesso percorso perseguito da Naval Group, molto entusiasta per questo progetto articolato in due fasi. Il Ceo Hervé Guillou infatti non ha mai nascosto il suo desiderio di avvicinare il suo gruppo a un player europeo, tant’è che Naval Group aveva già lavorato nell’estate del 2015 a una fusione con Fincantieri e poi nel 2016, operazione che non fu autorizzata da Thales, azionista del gruppo navale (35%), né dallo Stato (62,49%).
La missione dei vertici di Difesa ed Economia francese ora, così come parte della stampa d’oltralpe, è portare a termine la missione, con editoriali, comunicati, dichiarazioni al miele sull’Italia e sulla assoluta opportunità di questa fusione. “Se riusciremo a costruire questo grande complesso industriale franco-italiano nelle prossime settimane, avremo fatto un grande passo avanti per la Francia, l’Italia e l’Europa”, ha detto il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire al Corriere della Sera. “Sono ancora del parere”, ha spiegato a AFP, “che la cooperazione tra la Francia e Fincantieri rimanga l’opzione migliore per Saint-Nazaire. Dobbiamo risolvere alcuni problemi, dobbiamo trovare un compromesso, ma sono profondamente convinto che se tutti fanno uno sforzo, troveremo un compromesso prima della fine di settembre “, cioè al vertice di Lione fra Macron e Gentiloni.
Dopo la proposta di una divisione al 50% di Stx fra partner italiani e francesi, rifiutata duramente da Carlo Calenda e Pier Carlo Padoan – e anche da Romano Prodi, in un editoriale sul Messaggero – l’obiettivo è quindi ricostruire un clima di fiducia e rispetto, come base per la futura partnership commerciale e militare. “Attualmente sto lavorando a costruire un’alleanza tra le industrie navali militari francesi e italiane nel settore delle unità navali di superficie, con l’ambizione a lungo termine di costruire un leader mondiale”, ha detto il ministro della Difesa francese, Florence Parly lo scorso martedì a Tolone. “Questo ambizioso progetto sta avanzando in stretta consultazione con gli industriali interessati e avrò l’opportunità di tornare nelle prossime settimane”.
Dall’Italia, invece, arrivano toni meno enfatici, l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, lo scorso mercoledì da Trieste ha ridimensionato la questione: “Il mondo è tanto vasto e alla fine, se non si vuole fare una politica europea, ognuno si deve guardare intorno nel mondo. Noi siamo già in America, in Cina; in Europa ci siamo, ma vogliamo esserci di più come europei”, ha detto all’Ansa. “Per Fincantieri, comunque, tutto finirà bene. Ci batteremo per il consolidamento dell’industria europea che – ha aggiunto – riteniamo sia una cosa necessaria, però la salute dell’azienda non dipende da questo consolidamento”.
Alcune testate in Francia spingono per la fusione e biasimano l’Italia per essersi lasciati sfuggire la proposta dello scorso luglio: “Parigi dovrà remare parecchio per convincere i suoi partner italiani a fare bandiera comune su Saint-Nazaire. Roma non si oppone alla proposta di un “Airbus Naval”, che permetterebbe Fincantieri e l’ex DCNS di combinare le loro forze per esportare fregate e altre corvette, ma la priorità è consentire all’industria italiana di rafforzarsi nella costruzione navale civile. Con i Chantiers de l’Atlantique, Fincantieri avrebbe messo le mani su un know-how unico sulle grandi navi da crociera e sarebbe salito al primo livello dei cantieri navali mondiali”, scrive Liberation.
Anche il sito MeretMarine critica la scelta fatta da questa parte delle Alpi: “Il produttore italiano ha preso troppo male il dietrofront di Parigi, quando invece sarebbe stato nel suo interesse accettare l’offerta: avrebbe avuto la metà dei voti del Consiglio di Amministrazione e quello decisivo dell’Amministratore Delegato la cui nomina era stata concessa. Nonostante certe garanzie sull’occupazione, avrebbe controllato gli investimenti, l’attività del sito e le sue attività commerciali. La negoziazione non si è svolta dietro le quinte, ma si è diffusa nella pubblica piazza, sia in Italia che in Francia. La logica e il buon senso sono stati sostituiti dall’ego”.
La Tribune, invece ribalta la prospettiva e si domanda se con la fusione la Francia non sacrifichi i propri interessi a favore dell’Italia e della cooperazione europea: “Sarà necessario verificare che questa operazione non comprometta gli interessi francesi a favore dell’industria italiana. Fincantieri potrebbe non valere il 50% dell’insieme composto da Stx e dalle unità navali di superficie di Naval Group”. Tuttavia è Stx che ha da guadagnare dal connubio con Fincantieri, non solo in termini di know-how militare – la principale attività dei cantieri Stx-France è nelle grandi navi da crociera – capacità produttiva, varietà delle partnership internazionali e valore economico, come spiegato bene qui.