Skip to main content

Chi si cela dietro il controverso documento su Emanuela Orlandi?

Francesca Immacolata Chaouqui

La drammatica vicenda di Emanuela Orlandi, mai chiarita, sembra trasformarsi in un inquietante avvertimento. Dovremmo credere che ci sia un dubbio: forse è vero, ma forse non lo è, che in Vaticano si sono tenuti conti su di lei dall’inizio dell’83, prima cioè del suo sequestro, fino al 1997, quando il suo calvario, dunque, si sarebbe presumibilmente concluso. (La data potrebbe essere uno “messaggio”, uno “spiffero” che potrebbe tornare utile all’estensore far sapere che lui sa?) Comunque, una volta conclusa “l’azione Orlandi” le spese sostenute in quasi un ventennio sarebbero state rendicontate dai competenti uffici amministrativi al sostituto della Segreteria di Stato e per conoscenza al responsabile delle relazioni con gli Stati (dettaglio questo assai curioso: perché ci si indirizza a lui? Per quale “competenza”?) Comunque, come è noto, il documento non è protocollato, né firmato, ma indica 197 allegati, non presenti.

C’è, comprensibilmente, chi già arriva alla conclusione e dice che, dopo la pubblicazione su La Repubblica e Il Corriere della Sera di questo documento-“patacca” (come lo ha definito il vaticanista Andrea Tornielli) il giornalismo italiano è morto. Che stesse poco bene lo hanno sostenuto in tanti, già da molto tempo. Ma quel che colpisce di questa “patacca” è che in Vaticano se ne sarebbe parlato non da decenni, ma da qualche tempo: ha scritto Tornielli che il protagonista di Vatileaks, monsignor Vallejo Balda, avrebbe confidato a suoi interlocutori che tra i documenti rubati con scasso in Vaticano c’era anche un dossier su Emanuela Orlandi. E visto che lui si occupava di rivedere i conti in Vaticano…

Anche la signora Francesca Chaouqui (nella foto di Pizzi con Vallejo Balda), chiamata in Vaticano proprio da Balda e poi in occasione del processo divenuta sua fiera avversaria, ne riferisce. Come ricorda Emiliano Fittipaldi, autore dello scoop, la Chaouqui scrive nelle sue memorie che quel documento, rubato con scasso insieme ad altri, fu re-inviato, via posta, dai ladri. Lei stessa lo avrebbe visto in quella circostanza. Altrove si afferma che tale dossier non figurasse tra le carte trafugate. Dunque dopo tanti anni ad un “dossier Orlandi” avrebbero fatto esplicito riferimento, pubblicamente o riservatamente, i protagonisti di Vatileaks 2, lo scandalo che ha reso noto Fittipaldi.

Sebbene Fittipaldi dica che sia scritto con maestria a me appare costruito intenzionalmente in modo che chiunque possa dire “è falso”: sono sbagliati anche i titoli dei destinatari. Ma allora perché scriverlo? E perché custodirlo? Per far capire a chi deve capire? E cosa?

La vicenda sembra mostrarci dei protagonisti noti: Balda, Chaouqui, lo stesso Fittipaldi. Ma proprio la costanza dei “protagonisti” lascia intendere che i “veri” protagonisti sono altri. Gli stessi di ieri, gli stessi di sempre?

La cosa forse più grave è che chi non sembra figurare in questa vicenda è Emanuela Orlandi, la sua tragica vicenda. Qui lei appare “una  pedina da usare”. Per colpire, per avvertire, non per accertare la verità. L’immagine di un Vaticano fermo ai tempi dei Borgia indubbiamente “stuzzica” appetiti e fantasie, ma le domande sono tante: come mai questo documento, risalente al secolo scorso, comparirebbe nei chiacchiericci vaticani nel 2014? Come mai filtra all’ombra di Vatileaks 2? Forse i fili che si intravedono dietro i protagonisti sono un groviglio, forse lo stesso che potrebbe esserci stato dietro Vatileaks 1? Questa dolorosa vicenda ci dice che dovremmo sapere cosa c’era scritto nella relazione della commissione cardinalizia istituita da Papa Benedetto per Vatileaks 1 per capire?

Le congiure possono avere diverse finalità: sostituire il principe, o magari rovinarlo. Ma, diceva Machiavelli, solo se falliscono si trasformano nella “ruina de li coniurati”. È quello che sta succedendo? Vatileaks comincia con Benedetto,  prosegue con Francesco. Due papi che con le alchimie dei poteri hanno certamente poco a che vedere. Alchimie di potere, alchimie finanziarie. Quindi il groviglio Vatileaks potrebbe non essere soltanto vaticano. Le alchimie di potere e finanziarie non sono soltanto carrierismi, propri di ogni establishment, sono anche altro. Qui si possono immaginare manine e manone. E visto che il documento, che, volendo ironizzare su una vicenda sulla quale tutto ha senso fuorché l’ironia, si potrebbe definire “apocrifo”, è scritto in italiano, allora non è astruso supporre che possa esistere una pista italiana. La scelta di Papa Francesco di porre un anglosassone a capo del dicastero economico diviene più chiara.

Fittipaldi non sa se il documento che ha avuto sia vero o falso. Di certo non appare verosimile. E soprattutto è difficile capire perché e chi lo avrebbe confezionato. Io stento a credere che lo abbia confezionato, custodito e consegnato un uomo “solo” e alla ricerca della “verità”. Le congiure, come i complotti, spesso si ammantano di finalità moralizzatrici, nascondendo finalità immorali. Sono solo ipotesi, o considerazioni, che non possono non fare i conti con un fatto: dai tempi di Benedetto XVI il bianco appare preso di mira. E la tendenza con Francesco non è diminuita. Anzi… La feroce campagna che mira a delegittimare un papa che vuole mettere la Chiesa in rapporto con la storia non è tutto.


×

Iscriviti alla newsletter