La programmazione fiscale è un requisito fondamentale per consentire alle aziende di pianificare il loro lavoro e allo Stato di stimare con esattezza le entrate di cui potrà disporre in un determinato periodo di tempo. In ogni settore, compreso quello del tabacco, dove invece, in molti casi, la mancanza di una visione di medio-lungo periodo ha portato in Italia a decisioni estemporanee foriere di conseguenze negative per tutti: per le imprese – impossibilitate in questo modo a fare una qualsiasi previsione di bilancio – e per le stesse casse pubbliche, che hanno visto ridurre e non crescere il gettito derivante dal costante inasprimento fiscale.
Una situazione ben nota agli esperti e agli economisti, confermata pure dal dossier del Centro Studi Casmef della Luiss Guido Carli dal titolo “Le riforme del mercato del tabacco in Italia e in Grecia: verso un calendario fiscale“. Lo studio – realizzato con il contributo di British American Tobacco Italia – è stato presentato questa mattina a Roma, nella sede dell’università di Confindustria. Al dibattito – moderato dal direttore del Centro Studi Americani Paolo Messa – hanno partecipato Giorgio Di Giorgio e Marco Spallone, rispettivamente direttore e vicedirettore del Casmef, il professore di Politica economica di Roma Tor Vergata Pasquale Lucio Scandizzo e la responsabile settore tabacco di Confagricoltura Pina Romano.
In apertura di lavori è intervenuto il presidente e amministratore delegato di Bat Italia, Andrea Conzonato (nella foto), che ha subito ricordato il peso del settore del tabacco sulle entrate annue dello Stato italiano. “Dal punto di vista fiscale contribuisce ogni anno per 14 miliardi di euro“, ha affermato, prima di sottolineare l’esigenza di un calendario che consenta di prevedere l’andamento della tassazione in un arco di tre o cinque anni: “Oggi i grandi investitori internazionali sono alla ricerca di luoghi stabili in cui effettuare investimenti. Tuttavia l’eccessiva burocrazia, una giustizia troppo lenta, infrastrutture spesso carenti ma, soprattutto, l’incertezza giuridica e regolatoria, rendono l’Italia un posto meno appetibile per i grandi investimenti. Auspico che parole come ‘certezza’, ‘prevedibilità’ e ‘sostenibilità’ possano ispirare le future scelte del governo, per consentire al nostro Paese di continuare a crescere, competere e attrarre investimenti che garantiscano miglioramenti strutturali e prosperità economica”. In sostanza, non sono gli aumenti che le imprese del settore contestano, bensì le modalità con cui il prelievo fiscale viene innalzato: in pratica, troppo spesso, senza alcuna programmazione. Con ripercussioni – come dicevamo – non solo sulle aziende stesse ma anche sulle finanze pubbliche, senza contare l’inevitabile recrudescenza del fenomeno del contrabbando di sigarette.
Uno scenario che trova conferma nei dati elaborati dal Casmef, secondo cui le maggiori accise introdotte con la riforma del 2015 – poi accresciute ancora nel giugno di quest’anno – stanno facendo perdere soldi allo Stato anziché guadagnarne. Dallo studio emerge infatti come, a fronte delle stime contenute nella legge di bilancio approvata lo scorso dicembre, il governo ipotizzi per quest’anno un miliardo in meno di entrate fiscali provenienti dal settore del tabacco. Previsione suffragata dai numeri dei primi sette mesi di quest’anno: meno 146 milioni di euro incassati dallo Stato nel periodo luglio gennaio-luglio 2017, rispetto a quanto avvenuto nello stesso periodo del 2016. “Sarebbe necessario un nuovo intervento normativo, per assicurare certezza del gettito e per fornire agli operatori del mercato prospettive stabili e prevedibili, riducendo la discrezionalità degli interventi e implementando regole certe, almeno per il medio termine“, ha commentato il professor Spallone che nel corso del dibattito ha illustrato i dettagli dello studio. Nel quale, ovviamente, questa impostazione è stata ulteriormente confermata: “Una possibile soluzione per ridurre i margini di incertezza, garantire la certezza delle entrate per lo Stato e ancorare le aspettative degli operatori ad un parametro oggettivo per una reale sostenibilità del sistema potrebbe essere una pianificazione condivisa e il più possibile certa nel medio-lungo termine, ad esempio 5 anni. In sostanza un ‘calendario fiscale delle accise’, che includa trasformazioni graduali ed equilibrate e che faccia riferimento alla storia del settore in Italia e ad altre esperienze internazionali di successo”.
Come, ad esempio, a quella della Germania, anche in questo caso un modello da seguire in Italia e non solo. A Berlino nel 2010 è stato introdotto un sistema valido per i successivi cinque anni, in virtù del quale la crescita dell’accisa è stata costante e legata, almeno in parte, al tasso medio di inflazione calcolato su dieci anni. Una pianificazione che ha portato ad un gettito complessivo superiore alle previsioni di ben 2,4 miliardi di euro. E che, particolare non da poco, ha consentito di ridurre sensibilmente il contrabbando di sigarette, in precedenza molto più accentuato. A tutti gli effetti il contrario di ciò che è stato fatto nel 2012 in Grecia, dove, non a caso, il mercato nero ha subito un’autentica impennata. A discapito dello Stato, delle aziende del settore e anche dei consumatori.