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Eni e Enel, ecco mugugni e proteste di Pd, Ncd e Forza Italia sulla privatizzazione

Fatta eccezione per il presidente del pensatoio liberista Adam Smith Society Alessandro De Nicola, il progetto del governo di mettere sul mercato una partecipazione limitata dello Stato in Eni ed Enel ha provocato le reazioni negative di economisti come Francesco Forte e di rappresentanti sindacali come Paolo Pirani. E’ questo il quadro che emerge dagli approfondimenti curati da Formiche.net sulle ultime mosse del governo Renzi sulle privatizzazioni.

E la politica? Colta in contropiede dal preannuncio del Tesoro, ha registrato poche reazioni provenienti da realtà lontane per matrice e orientamento culturale. Tutte però convergenti nel criticare un’iniziativa che appare come una cessione a prezzi di saldo di autentici “gioielli produttivi” dei comparti strategici nazionali.

CONDANNA SCONTATA

Critiche radicali che non riguardano esclusivamente la comprensibile bocciatura espressa dal leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero. Il quale parla apertamente di “nuovo capitolo del processo di svendita del nostro paese – avviato con la privatizzazione delle aziende municipalizzate – per continuare a finanziare la speculazione finanziaria attraverso gli interessi sul debito pubblico”.

LE RICHIESTE DI FASSINA (PD)

Una manifestazione di forte ostilità nei confronti del piano messo a punto dall’esecutivo giunge dalle fila della maggioranza. Ed esattamente da una combattiva pattuglia di parlamentari del Partito democratico capitanati dall’ex “giovane turco” ed esponente della sinistra interna Stefano Fassina, già viceministro Pd nel governo Letta quando al Tesoro c’era il ministro Fabrizio Saccomanni. L’ex responsabile economico del Nazareno mette in dubbio “la convenienza di interventi che comportano un calo di spesa per interessi sul passivo di bilancio ma anche minori entrate per profitti e dividenti”.

MOZIONE IN VISTA?

Per tale ragione ha promosso a Montecitorio una mozione che impegna il governo a presentare al Parlamento, prima di procedere all’alienazione di quote detenute dal Tesoro in industrie strategiche, una relazione accurata per illustrare il piano originario di privatizzazioni previsto dal DEF e tuttora congelato, oltre ai costi-benefici dell’operazione Eni-Enel.

“Cessione che, contemplando la discesa dello Stato al di sotto del 30 per cento nell’azionariato delle due aziende, provocherà di fatto la perdita del loro controllo. E che sembra guidata dallo scopo di compensare gli introiti della mancata collocazione in Borsa di Poste Italiane ed Enav”.

Ricordando come “l’andamento della finanza pubblica dipenda dall’anemia dell’economia reale legata alla carenza di domanda, investimenti e consumi”, il parlamentare del PD promette di  chiedere nel più breve arco di tempo l’esame e il voto sulla mozione. Testo che propone di utilizzare i proventi delle eventuali vendite per finanziarie investimenti produttivi anziché per ridurre il debito.

LE CRITICHE DEL NUOVO CENTRODESTRA

Più felpata per la forma in cui viene resa pubblica, ma non meno incisiva nelle argomentazioni, la riflessione di un senatore del Nuovo Centro-destra. Il quale, preferendo mantenere l’anonimato, evidenzia a Formiche.net il timore per alienazioni miopi e di corto respiro.

Il parlamentare del partito guidato da Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello deplora “la mancanza di una strategia globale legata all’abbattimento del passivo di bilancio e alla fondamentale valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico”.

La prova eloquente di tale carenza, osserva, è nel fatto che le operazioni di vendita del 5 per cento di Eni ed Enel vengano decise soltanto per recuperare lo 0,7 per cento del PIL: “Cifra prevista nel Documento di economia e finanza, la cui nota di aggiornamento sarà trasmessa alle Camere non prima del 30 settembre”.

VADE RETRO CINESI

L’altra grande preoccupazione espressa dall’anonimo senatore riguarda i potenziali acquirenti delle quote delle due industrie. Lo scenario evocato è il ripetersi del massiccio ingresso – il 35 per cento del capitale azionario – del colosso pubblico cinese State Grid in CDP Reti, che controlla i network energetici Snam e Terna.

Un fenomeno – rimarca il parlamentare del Nuovo Centro-destra – che non ha eguali in Europa: “Nessuna delle nazioni del Vecchio Continente ha ceduto le proprie aziende strategiche o quote di esse a Stati stranieri, tanto meno a paesi al di fuori del contesto occidentale”.

LA CONTRARIETA’ DI FORZA ITALIA

Da registrare la valutazione critica riservata al progetto governativo dal parlamentare di Forza Italia Daniele Capezzone. Fautore di radicali processi di privatizzazione nel tessuto produttivo al punto di prospettare con Renato Brunetta l’idea di un grande fondo cui conferire beni pubblici per la loro valorizzazione e vendita, il presidente della Commissione Finanze di Montecitorio ritiene prioritario intervenire su due “realtà intoccabili”: la “valanga di immobili di proprietà pubblica e la miriade di società municipalizzate, strumento di occupazione militare del territorio e di segmenti di economia”.

Altro conto è a suo giudizio “una caotica svendita dell’argenteria di famiglia, per fare cassa in modo disperato vista l’incapacità di realizzare tagli efficaci della spesa pubblica”. L’esponente “azzurro” mette in guardia dal rischio di “progressiva spoliazione e colonizzazione del nostro paese come avvenuto all’inizio degli anni Novanta”.

E per questo chiede all’esecutivo le ragioni della scelta di China State Grid, “partner molto discutibile dal punto di vista geo-politico”, per rilevare il 35 per cento di CDP Reti: “Perché vendere alla Repubblica Popolare Cinese Stato è il contrario di una privatizzazione…”.



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