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Non solo articolo 18, tutto il deja vu della sinistra politica e sindacale. Il commento di Ichino

Corsivo pubblicato su www.pietroichino.it

Prima fu la volta del part-time: negli anni ’70, quando esso era ancora ignorato dalla legge e io lavoravo alla Cgil, venivo messo in croce dalle colleghe sindacaliste perché sostenevo che occorreva riconoscerlo e agevolarlo, mentre loro sostenevano che fosse uno strumento per la ghettizzazione delle donne; quando, nel 1984, la legge lo disciplinò per iniziativa del Governo Craxi, la Cgil vi si oppose e il Pci votò contro.

Poi fu la volta della scala mobile: chi ne sosteneva il superamento era un “nemico dei lavoratori”; Tarantelli nel 1985 perse la vita per la sua proposta di riforma dell’indicizzazione, che venne poi recepita con consenso generale nel protocollo Giugni del 1993. All’incirca nello stesso periodo era indicato dalla sinistra politica e sindacale come un traditore degli interessi dei lavoratori chi proponeva l’abrogazione del monopolio statale del collocamento e dell’avviamento al lavoro su richiesta numerica: per il mio libro Il collocamento impossibile nel 1983 persi il posto in Parlamento nelle file del Pci; ci siamo arrivati quindici anni dopo, nel 1997, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia europea, con una legge voluta da un Governo di centrosinistra, sulla base di un accordo interconfederale unitario.

Stesso identico discorso per l’introduzione in Italia del lavoro temporaneo tramite agenzia. Su tutti e quattro i capitoli menzionati l’Italia si è allineata ai maggiori partner europei con un ritardo tra i quindici e i vent’anni, sempre a causa di una opposizione durissima di quella sinistra politica e sindacale; secondo la quale erano sempre in gioco “la dignità“, “la libertà” e altri “diritti fondamentali dei lavoratori”. Su nessuno di questi capitoli, dopo due o tre anni da ciascuna delle rispettive riforme, si è visto un solo esponente di quella sinistra che proponesse di tornare indietro.

Scommettiamo che fra due  tre anni faremo la stessa constatazione per la riforma dei licenziamenti del 2014?

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