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Ecco il costo per l’Europa dell’accordo sul gas tra Russia e Ucraina

Ucraina, Russia e Ue hanno raggiunto ieri sera l’accordo per ricomporre, almeno temporaneamente, la disputa sulle forniture di gas russo. Il compromesso, lungamente atteso, sventa il pericolo di una nuova guerra energetica nel prossimo inverno, anche se non scioglie i tanti nodi geopolitici ed economici che ancora persistono.

Ecco i dettagli dell’intesa e le sue prospettive analizzati in una conversazione di Formiche.net con Matteo Verda, ricercatore dell’Università di Pavia e dell’Ispi (e autore del libro “Una politica a tutto gas”).

Quali sono i dettagli dell’accordo?

Nella sua versione definitiva (i dettagli si possono reperire qui, sul blog Sicurezza Energetica), il cosiddetto Winter Package prevede forniture per 4 Gmc. Il prezzo concordato è di 378 dollari ogni mille metri cubi fino alla fine del 2014 e 365 dollari ogni mille metri cubi nel primo trimestre 2015, il momento il cui si verifica il picco dei consumi ucraini. La cifra è dunque di circa 1,5 miliardi di dollari, versati in anticipo da Naftogaz, probabilmente con l’aiuto dell’UE. A questa cifra si aggiungono 3,1 miliardi di dollari di arretrati, pagati con parte dei 15 miliardi stanziati dal Fondo monetario internazionale.

Come giudica l’intesa?

L’accordo era inevitabile, data la sua importanza. Dopo lunghi negoziati, Gazprom riprenderà le forniture di gas destinate al mercato ucraino. Era dal 16 giugno che tutto il gas in arrivo in Ucraina era destinato solo al transito verso l’Europa occidentale. A loro modo tutti hanno fatto un passo indietro, salvando la faccia. La più esposta è sicuramente l’Europa. Kiev è riuscita a usare la propria posizione per costringere gli europei e il Fondo Monetario a farsi carico dell’insolvenza di Naftogaz, mentre Gazprom è riuscita a garantire anche per il prossimo inverno un flusso regolare verso i propri clienti in Europa orientale. Nonostante i dettagli dell’accordo non siano pubblici, probabilmente è plausibile che ci sia qualche meccanismo di subentro da parte di Bruxelles, nel caso Kiev non riesca a onorare il pagamento del debito. Tutto sommato era l’unico compromesso accettabile in un vuoto di fiducia, come quello attuale, tra Russia e Ucraina. La base dell’accordo rimane la reciproca necessità: l’Ucraina del gas, la Russia del transito.

Cosa cambia politicamente?

L’accordo non risolve uno dei problemi di fondo della crisi politica di questi mesi, ovvero il fatto che i Paesi baltici e dell’Est Europa premono perché la Nato consideri la Russia una minaccia per la loro sopravvivenza. Per ovvie ragioni, questi Stati vogliono concentrare nella loro aerea tutti i vantaggi derivanti da una massiccia presenza alleata, a volte alzando i toni e la tensione oltremisura. Qualche osservatore ha pensato che lo stesso allarme scatenato sui voli russi nei cieli europei fosse una reazione all’accordo. D’altronde è impossibile non notare che con l’intesa di ieri, le posizioni di Paesi più dialoganti con Mosca, come Italia e Germania, vengono molto agevolate.

Cosa succederà l’anno prossimo, quando l’accordo sarà terminato?

Sono due le osservazioni da fare a riguardo. Prima o poi bisognerà stabilizzare l’assetto politico ucraino, perché Mosca non ha nessuna intenzione di mollare la presa sulle aree orientali a maggioranza filorussa. Dunque ciò che accadrà sarà molto legato ai progressi del processo di federalizzazione del Paese. E in secondo luogo, dopo le tensioni dei mesi passati, bisogna che l’Europa torni a pensare a mente lucida se può davvero fare a meno della competitività che le forniture di gas russo possono garantire. Con la CIna che va a carbone e gli Stati Uniti che vanno a shale, non investire nel rapporto con Mosca potrebbe costare davvero caro ai Paesi europei.


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