Nel ringraziare il Prof. Paolo Savona per l’attenzione prestata a qualche mio intervento su questa testata con cui ho voluto richiamare l’attenzione sui molti e persistenti punti di forza dell’industria nel Sud – pur in una situazione di forti e crescenti difficoltà socioeconomiche dei suoi territori – ritengo meritevole di grande attenzione la sua recente proposta di creare un movimento civile che porti alla costituzione di un “partito meridionale e meridionalista ma non indipendentista”, capace di imporre a livello nazionale e comunitario – egli scrive – “il rispetto dei principi di libertà e di equità del contratto sociale che ci lega all’Italia e all’Europa”.
Il tema sollevato dal Prof. Savona è di estrema complessità, ma non privo di rischi già nella fase di impostazione e di approfondimento della sua praticabilità politica: è di estrema complessità perché – in un periodo come questo in cui si è impegnati nelle difficili fasi di avvio di un nuovo ciclo di vita dell’Unione Europea dopo le elezioni del maggio scorso, e con un acceso dibattito in corso sull’allentamento o meno dei vincoli del Patto di stabilità – quello suggerito potrebbe sembrare un tema persino eccentrico e probabilmente sfasato rispetto alle urgenze del presente. Ma è anche un tema esposto – non ce lo nascondiamo – al fortissimo rischio di riaccendere un filone di pensiero meridionalista, ma questa volta neoseparatista, che, a partire dalla celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ha alimentato un lungo dibattito a volte incandescente fra storici, economisti e giornalisti, alcuni dei quali hanno presentato il processo di unificazione nazionale come una brutale conquista del Sud da parte del Regno sabaudo che, così facendo, avrebbe decapitato ogni possibilità di sviluppo autonomo dell’economia meridionale che invece appariva fiorente durante il Regno Borbonico.
Savona peraltro è pienamente consapevole di questo rischio quando parla di un partito meridionale, meridionalista, ma non – una precisazione fondamentale la sua – indipendentista. Bisogna dargliene atto. Egli ritiene che il Mezzogiorno resti schiacciato, fra l’altro, dai vincoli di un bilancio pubblico – aggravati da una loro estensione più rigida a livello locale – e da una carenza di credito alle aziende che contribuirebbero a precludere al Sud la possibilità di attuare un progetto di completamento della sua infrastrutturazione materiale e immateriale. Certo – aggiunge Savona – il Meridione e “le sue classi dirigenti hanno i loro torti”, ma essi non giustificano che i gruppi dirigenti nazionali ed europei si ritengano assolti dall’attuarvi politiche di sviluppo economico e civile. Il Mezzogiorno allora dovrebbe scrollarsi di dosso la bardatura impostagli e recuperare fiducia nelle proprie possibilità indipendenti di riscossa, anche attraverso la già ricordata nascita di un partito non indipendentista che rivendichi il rispetto dei principi di libertà ed equità del contratto sociale che ci rende parte integrante del Paese e dell’Europa.
La proposta di Savona, dicevo all’inizio, è molto stimolante e con questa nota non ho alcuna intenzione di affrontare riduttivamente, o addirittura di liquidare il tema da lui sollevato. Mi limiterei come prima riflessione alimentata dalle sue parole a ricordare che nel Sud c’è ancora moltissima strada da fare da parte di amministratori locali, imprenditori, mondo dell’Università e della scuola, sindacati, associazioni della società civile, comunità ecclesiali, per superare (una volta per sempre) e con le proprie forze tutti i fattori che contribuiscono al sottosviluppo ‘relativo’ del Mezzogiorno, sulle cui dimensioni effettive andrebbe poi aperta una riflessione a parte: fattori, è bene dirlo con assoluta chiarezza, dipendenti da quelli che Savona chiama giustamente “i torti del Sud”.
Lo dico con brutale schematicità scusandomene con i lettori, ma nell’Italia meridionale esistono tutte le risorse naturali, paesaggistiche, storico-culturali, imprenditoriali, tecnologiche, finanziarie, scientifiche, umane e civili in grado – se sapientemente e pienamente utilizzate – di portare nel giro di un tempo predeterminabile al superamento di molti degli squilibri interni al Mezzogiorno e ad una forte riduzione del suo divario con le aree più forti del Paese e dell’Unione Europea. Ma in realtà, a ben vedere, non esiste ancora una piena ed estesa consapevolezza della disponibilità di queste risorse – spesso neppure censite perché sconosciute o sottovalutate – e dei modi, delle forme e degli strumenti attivabili per utilizzarle a fondo, senza deteriorarle irreversibilmente, ed impiegando in logiche sinergiche i tanti fattori disponibili per un nuovo ‘grande balzo’ dell’economia meridionale.
In molti ambienti e a vari livelli – ma non in tutti, per fortuna – si continua a pensare che solo lo Stato centrale e l’Unione Europea debbano apportare le risorse e creare le condizioni per una nuova stagione dello sviluppo locale (salvo poi a verificare in alcune Regioni che non si riescono a utilizzare tutti i fondi comunitari, come è accaduto per il periodo 2007-2013). Si attende, insomma che siano altri a dover risolvere problemi che, invece, compete a noi – o almeno in gran parte a noi – avviare a soluzione. E’ aperta una vivace dialettica trasversale fra tutte le forze del cambiamento e della modernizzazione e tutte le altre forze che, al contrario, rallentano la modernizzazione endogena del Sud, come ad esempio i forti movimenti di radicalismo ecologista, non sufficientemente contrastati sotto il profilo politico e culturale.
Allora, se questa pur sommaria analisi ha un qualche fondamento, non c’è il rischio che un movimento come quello proposto dal Prof. Savona finisca – al di là delle sue intenzioni – col far prevalere ancora una volta nell’Italia meridionale coloro che rimandano sempre ad altri e all’esterno del Sud il superamento dei suoi mali che, invece, possono e devono essere affrontati e superati con coraggio e lungimiranza dalle forze migliori del Mezzogiorno in un ottica di grande respiro nazionale ed europeo ? Comunque discutiamone ancora, ringraziando Savona per lo stimolo offertoci: ma per piacere, facciamolo anche con rinnovata passione civile, ma per giungere a conclusioni operative, senza indugiare ancora in lunghe ed estenuanti logomachie alle quali spesso i Meridionali amano appassionarsi (per poi non decidere nulla).