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I corsi formativi obbligatori per i giornalisti sono un’umiliazione. Parla Bruno Tucci

“Una stupidaggine che non serve a nulla”. La bocciatura dell’obbligo di formazione e aggiornamento previsto a partire dal 2014 per tutti i giornalisti italiani, professionisti e pubblicisti, proviene da una fonte scevra da sospetti.

A formularla è l’ex presidente, per ben 18 anni, dell’Ordine del Lazio e Molise Bruno Tucci. Con lui Formiche.net ha voluto approfondire un tema che sta creando critiche e smarrimento nella categoria, e ha tentato di individuare le possibili vie di uscita.

Perché ha pronunciato parole così taglienti sui corsi di formazione?

È necessario partire da un presupposto fondamentale. Il giornalista è una persona che lavora scrivendo o operando al desk. Non si tratta di un’attività scientifica, forense, legislativa. È un mestiere che si svolge e si apprende sul campo ogni giorno. E quindi non contempla un aggiornamento professionale teorico. A tale premessa deve aggiungersi un ulteriore elemento.

Quale?

Per effettuare i corsi di aggiornamento non viene fornito alcun permesso. Al contrario di quanto accade per i medici. Persone che abbandonano lo studio per una settimana, allo scopo di incontrarsi con colleghi artefici di scoperte che possono ampliare il proprio bagaglio professionale. Le lezioni e i seminari di approfondimento per i giornalisti, invece, sono scaturiti da una legge, la Severino, realizzata senza criteri logici.

Non vi è nulla da salvare nelle regole in vigore?

No. Perché manca la consapevolezza della differenza tra giornalismo e le altre attività regolamentate da un ordine. Ma è normale che chi ha 57 anni di professione di cui oltre 30 da inviato partecipi a corsi tenuti da chi ha 30 anni di attività in meno? E che un direttore di testata ritrovi in cattedra chi è stato per 20 anni suo redattore magari nelle vesti di pubblicista? È un’umiliazione. L’unica strada sensata è abrogare una legge assurda.

Il direttore di Tempi Luigi Amicone ha parlato della “saldatura di lobby e interessi corporativi per ottenere il provvedimento del governo Monti-Severino”. 

Non so se nella redazione del testo abbiano giocato interessi corporativi. È certo che, mancando corsi gratuiti adeguati al numero di giornalisti coinvolti, c’è chi ne approfitta per fare soldi con lezioni e seminari da 400-500 euro.

A Roma la Cgil promuove 4 giornate di formazione rivolte ai giornalisti. Non è un’anomalia?

Senza dubbio. Siamo giunti alla politicizzazione dei corsi di aggiornamento.

Il parlamentare del Partito democratico Michele Anzaldi ha preannunciato la presentazione di un’interrogazione al Guardasigilli Andrea Orlando “per fare luce sull’ennesimo controsenso del nostro sistema ed evitare ulteriori speculazioni economiche”.

Grazie al Cielo il responsabile della Giustizia non è più Paola Severino. E ben venga l’iniziativa di un politico che è prima di tutto un giornalista. È necessario esortare Orlando a un cambiamento di strategia. Il che deve tradursi nell’annullamento dei corsi. Perdita di tempo se non di denaro.

La blogger Simona Bonfante preannuncia una “disobbedienza civile-professionale” rendendo noto che non frequenterà i corsi obbligatori. E invita i colleghi a fare altrettanto. Condivide l’iniziativa?

Alcuni giornalisti mi hanno confessato che sono pronti a farsi cancellare dall’Ordine pur di arrivare alla Corte Costituzionale e far dichiarare illegittima la legge Severino. Mi sembrano esasperazioni cui resto contrario. Meglio seguire la strada legislativa e parlamentare per superare la normativa in vigore.

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