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Vi spiego perché si tornerà presto al voto. L’intervento di Lodovico Festa

Formiche.net, che ha già riassunto alcune delle mie valutazioni sulla forte possibilità di un voto anticipato, mi chiede un approfondimento che volentieri scrivo.

Innanzi tutto non è facile fare previsioni precise perché sia la finanza tedesca via spread (come nel 2011) sia i vari ambienti che rispondono all’amministrazione americana possono influire in modo decisivo su un quadro politico italiano fondamentalmente fragile. Se per esempio il “mondo Berlino” e quello “Washington” convergeranno nel ritenere che le elezioni in Italia potrebbero disturbare equilibri già così scossi in Europa e nel Mediterraneo, non credo che a Roma vi sia la forza per scegliere autonomamente.

Se però – e penso soprattutto al variegato mondo delle influenze “americane” che comprende oltre ai veri e propri Stati Uniti anche la City o Israele – si riterrà che sia indispensabile rafforzare uno Stato italiano che si troverà tra due anni di fronte a dure scadenze come il voto per la presidenza francese (con una Le Pen sempre più favorita), il referendum britannico sull’Unione e un probabile governo Tsipras ad Atene per non parlare del sempre crescente caos nel Mediterraneo, allora il ricorso al voto diverrà inevitabile.
Per quest’ultimo esito concorrono una serie di fattori.

La fragilità di Giorgio Napolitano che dopo il fallimento dei due suoi governi (Monti e Lettino), dopo gli sfregi del Tribunale di Palermo, ha dimostrato anche rispetto alle più recenti scelte europee (particolarmente grave quella sulle banche italiane) di non poter proteggere adeguatamente con i suoi rapporti continentali e con il suo legame con Mario Draghi, i nostri interessi nazionali. Anche la malandata Spagna, proprio perché salda nella sua sovranità nazionale (che in una democrazia si fonda essenzialmente sul far votare i cittadini), conta più di noi.

L’evidente fragilità dell’uomo del Colle non cancella però alcune sue qualità consolidate, a partire dal suo fondamentale “senso di responsabilità nazionale”, che impediranno tattiche da après moi le déluge cioè dimissioni allo sbando con un Parlamento che fatica a eleggere dei giudici costituzionali, figurarsi un nuovo presidente.

L’esaurirsi del suo ruolo insieme all’esigenza che si presenterà a una personalità così responsabile di dare una “base” alla democrazia italiana faranno sì che il Quirinale non si opporrà a uno scioglimento delle Camere “autorizzato” internazionalmente.

Il voto anticipato è sicuramente nelle corde di Matteo Renzi che deve capitalizzare il suo consenso prima di alcune svolte pericolose (prevedibili per giugno), deve consolidare la sua leadership sul Pd e approfittare dell’impreparazione delle opposizioni.

Su questa linea c’è sicuramente la Lega oggi in forte crescita e che ha bisogno di cogliere i frutti di questa tendenza, c’è anche Beppe Grillo capace di fare solo campagne elettorali e quindi sempre pronto a questa evenienza.

La minoranza nel Pd si opporrà a questa scelta, ma si dividerà: quelli che si stanno preparando una scialuppa di salvataggio fuori dal partito renzista, alla fine preferiranno il voto a un logoramento che potrebbe fargli perdere il momento. E così la consistente minoranza in Forza Italia che con il voto potrebbe strappare un contratto più vantaggioso da un ostile Silvio Berlusconi o cercare rifugio in altri lidi (come Fratelli d’Italia).

Anche in Ncd quelli decisi a entrare nel Pd, come Beatrice Lorenzin e Gaetano Quagliariello, sfrutteranno l’occasione prima di un definitivo esaurimento della propria appetibilità.

Se poi si andasse a votare con il consultellum (come è possibile a causa delle difficoltà di cambiare il sistema elettorale) anche Silvio Berlusconi potrebbe trovare una qualche opportunità nel voto. Comunque il leader di Forza Italia si trova di fronte a una gigantesca contraddizione: da una parte dice che Renzi è debole perché non legittimato dal voto popolare, dall’altra contrasta il ricorso alle urne. E si sa che sulle contraddizioni troppo evidenti non si possono costruire vere linee politiche.

Alla fine anche dalla società non verrà un rifiuto delle elezioni perché prevarrà sia nei filo Renzi sia negli anti, la consapevolezza che la debole legittimità di questo governo e di questo parlamento sono uno dei fattori essenziali della nostra crisi. La richiesta sarà, piuttosto, di un voto rapido e di scelte di governabilità del dopo voto che si possano leggere da subito: o maggioranze chiare o chiari governi di coalizione. Senza gli imbrogli e le manovre dall’alto delle ultime stagioni.

Certo Berlino che fa della debolezza italiana una delle basi della sua strana “egemonia senza chiare prospettive”, manovrerà contro esiti troppo netti. Ma se ci sarà un vero vento americano in un certo senso, quello tedesco non sarà decisivo.

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