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D’Alema boccia la Terza Via solo per ostilità contro Renzi. Parla Christian Rocca

“Il tentativo promosso alla fine degli anni Novanta da Tony Blair e da parte del mondo progressista di coniugare il socialismo con una visione liberale non ha nessun valore nel mondo e nell’Italia di oggi”. È il cuore dell’intervista, rilasciata a Paolo Valentino sul Corriere della Sera, con cui Massimo D’Alema boccia senza appello la “Terza Via” che nel 1999 aveva alimentato fascino e adesione nel mondo post-comunista. A partire dal presidente della Fondazione ItalianiEuropei.

Prospettiva che viene rilanciata dall’ultimo numero del periodico di cultura politica del Sole 24 Ore “Il Magazine” attraverso gli interventi di Bill Clinton, Tony Blair e Matteo Renzi e Manuel Valls. Formiche.net ha voluto approfondire il tema con il suo direttore Christian Rocca.

Massimo D’Alema punta il dito contro una ricetta che avrebbe prodotto “eccesso di liberalizzazioni, concessioni alla più ampia deregulation finanziaria, enormi diseguaglianze sociali, grave instabilità economica, crisi del 2008”. Come replica?

È una lettura bizzarra. L’ex leader dei Democratici di sinistra fino all’altro ieri spiegava che la crisi finanziaria mondiale era dovuta alle politiche liberiste della destra repubblicana dI George W. Bush. Adesso scopre che fu creata da Clinton. E’ vero che la deregolamentazione dei mercati finanziari è iniziata in quegli anni, che poi erano anche gli anni di D’Alema al governo, ma questo non è il motivo per cui D’Alema lo denuncia ora, 15 anni dopo. Il motivo è colpire Renzi, anche a costo di smentire se stessi.

Perché?

D’Alema parla di Terza Via come del tentativo di sintesi tra socialismo e liberalismo. In realtà si trattava dello sforzo, compiuto dalla sinistra, di trovare un nuovo modo non legato al socialismo o alla mera logica di mercato per affrontare le sfide del mondo globalizzato. Quello era il momento in cui improvvisamente sono crollati l’Unione Sovietica e i regimi comunisti. Fino ad allora la strada intermedia tra capitalismo e pianificazione era stata rappresentata dalla socialdemocrazia europea. A quel punto è stato necessario cercarne una innovativa. Clinton e Blair ci sono riusciti, ottenendo successo a adesioni rilevanti.

Quali?

In quei 15 minuti in cui D’Alema abbracciò la sinistra liberale, proprio nel corso della riunione di Firenze dei leader progressisti mondiali nel 1999, per esempio lo stesso D’Alema abbracciò tale ricetta. Il problema è che non ci credeva. Gli conveniva, per opportunità, agganciarsi al carro della sinistra moderna e occidentale, lui primo leader comunista a Palazzo Chigj. Mentre ora, con identico metodo strumentale, capovolge le argomentazioni di 15 anni fa per scagliarsi contro Matteo Renzi. Colpevole di averlo detronizzato definitivamente dalla guida del mondo progressista.

L’ex capo del governo trova “sconcertante dal punto di vista culturale offrire a Renzi un retroterra teorico risalente al 1999”.

A me pare molto normale che tutti i protagonisti legati alla storia e alla tradizione del Partito comunista italiano critichino duramente le tesi della sinistra liberale. Ciò che trovo singolare è che sostengano che si tratti di idee anacronistiche. Ok, risalgono agli anni Novanta, ma loro ad esse contrappongono le ricette degli anni Ottanta, fondate sullo Stato produttore e imprenditore. Ricette, peraltro, obsolete già allora. Ma c’è un altro aspetto bizzarro.

Quale?

Al contrario di quanto accaduto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania, nel nostro Paese la visione progressista liberale non è stata mai realizzata.

D’Alema afferma il contrario.

L’Italia degli anni Novanta è stata caratterizzata dalle “gioiose macchine da guerra”, dal giustizialismo, dal conflitto tra fautori e nemici di Silvio Berlusconi, dai veti sindacali. Mentre in quei paesi venivano portate a termine le riforme necessarie a governare e raccogliere i frutti della globalizzazione. Fenomeno che, ricordo, ha permesso a oltre 1 miliardo di persone di affrancarsi dalla povertà, e ha raddoppiato la ricchezza mondiale distribuendola meglio tra le varie aree del pianeta. Magari avessimo avuto quegli anni Novanta.


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