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Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini. Chi sale, chi scende e chi si sta impantanando

L’iniziativa riformatrice intrapresa dal governo di Matteo Renzi a costo di aspri conflitti non ha prodotto i risultati sperati in termini di consenso popolare. Le difficoltà incontrate da Palazzo Chigi hanno avuto un riverbero negativo nei confronti del Partito democratico, che oggi può vantare un distacco di 6 punti percentuali rispetto a un centro-destra unito.

Prospettiva, quella della ricomposizione di un’alleanza coerente fra tutte le realtà del magmatico e frammentato universo conservatore-moderato, che appare quanto mai remota. Così come restano evanescenti i contorni della personalità destinata a prenderne le redini. A partire da Matteo Salvini, la cui aspirazione a diventare l’antagonista del premier nel prossimo appuntamento elettorale si scontra con le cifre di una Lega Nord tuttora al di sotto del 10 per cento dei consensi a livello nazionale, nonostante il buon risultato alle regionali dell’Emilia Romagna.

Le preoccupazioni centrali nei pensieri degli italiani

È questo il panorama emerso dalle recenti rilevazioni demoscopiche realizzate da due autorevoli centri di ricerca delle tendenze dell’opinione pubblica: SWG e Lorien Consulting.

“Scenari di un’Italia che cambia” è il titolo dell’indagine effettuata dall’azienda fondata da Roberto Weber. Punto di partenza della quale è rappresentato dai problemi che alimentano maggiore preoccupazione nei cittadini.

La mancanza e precarietà del lavoro è al centro dei pensieri del 51 per cento degli italiani, seguita dalle paure riguardanti le prospettive per i giovani, dal peso del fisco su famiglie e imprese, dal fenomeno dell’immigrazione, dalla tutela dell’ambiente e dall’inquinamento. Calano invece i timori relativi all’aumento dei prezzi, alla carenza di una classe dirigente credibile e agli scandali politici, alla tenuta del regime previdenziale, allo stato di sanità e scuola.

Il calo di consenso per il Pd

Un malessere diffuso che si riflette nel tasso di adesione all’area di governo, scesa al 43 per cento rispetto a oltre il 46 del voto europeo.

Il Partito democratico vede ridursi il livello di gradimento al 39 per cento, mentre Scelta civica veleggia attorno a un misero 0,4.

Nel versante della sinistra radicale SEL e Rifondazione comunista, forti rispettivamente del 3,4 e del 2 per cento, superando il positivo risultato conseguito a fine maggio dalla Lista “L’altra Europa con Alexis Tsipras”.

Il fermento nel centro-destra

Il Movimento Cinque Stelle resta fermo al 19,7 per cento dei consensi, mentre appare in fermento il mondo conservatore. Forza Italia sfiora il 16 per cento fermando il declino registrato dai sondaggi più recenti. Mentre la Lega Nord riscuote un 9,2 tuttora lontano dalla soglia sufficiente a scalzare gli “azzurri” come perno del centro-destra futuro.

Un ridimensionamento che trova parziale spiegazione nella crescita di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, capaci di sfiorare il 4 per cento attingendo a un bacino popolare contiguo a quello delle “camicie verdi”.

Considerando il deludente 3,2 registrato da NCD-UDC-PI, un’eventuale coalizione unitaria moderata raccoglierebbe complessivamente il 33,2 per cento contro il 39,4 di PD-SC.

Il relativo disinteresse per i problemi geo-politici

La rilevazione realizzata da Lorien Consulting fa schizzare al 90 per cento il timore dei nostri connazionali per la disoccupazione, fissa al 51 la paura per la mancata crescita economica, al 44 la preoccupazione per l’eccessiva tassazione ed evasione fiscale. La corruzione alimenta ansie nel 33 per cento dei cittadini, i flussi migratori creano inquietudine nel 21, il cambiamento e la tutela ambientale agitano il 13 per cento dell’opinione pubblica.

A riprova dell’assoluta centralità dei temi economico-sociali irrisolti, è rilevante notare come rispetto a luglio l’attenzione per il terrorismo internazionale e le guerre si sia ridotta dal 32 al 16 per cento. Mentre quella concernente la crisi istituzionale e la fragilità del ceto politico passa dal 21 all’8 per cento.

Puntare su agricoltura, energia, reti tecnologiche

Ragionando sulle risorse strategiche per il rilancio del nostro paese, la metà degli italiani riconosce il ruolo nevralgico dell’agricoltura e della produzione alimentare di qualità. Il 40 per cento assegna una rilevanza fondamentale alle reti digitali e alle imprese tecnologiche, il 39 all’artigianato, il 37 alle fonti rinnovabili, il 36 al turismo eco-sostenibile.

Il 32 ritiene cruciale la cultura, il 29 la produzione energetica, il 24 la difesa e l’intelligence, il 23 il turismo di lusso e benessere, il 19 le opere infrastrutturali. Appena il 15 per cento ripone fiducia nelle potenzialità di sviluppo legata alle grandi imprese nazionali.

Letta aveva più sostegno di Renzi

Ben più elevato ancorché segno dell’estrema incertezza della stagione che stiamo vivendo è il giudizio positivo relativo all’opera del governo Renzi. Fermo al 50 per cento e in caduta rispetto al 66 delle elezioni europee. 

Nella stessa fase della vita dell’esecutivo, erano favorevoli al governo Letta il 53 per cento dei cittadini mentre soltanto il 30 continuava a dare credito alla compagine guidata da Monti.

Forza Italia resta il perno del centro-destra

Nel panorama partitico le cifre fornite da Lorien appaiono più controverse per il PD, crollato al 36,5 per cento delle adesioni. A rendere problematica la condizione dell’esecutivo è l’1 per cento rilevato da Scelta civica, la crescita di SEL e sinistre al 6, la conferma del 20,5 per il M5S.

Forza Italia stabilizza l’attuale punto di caduta al 15,2, il Carroccio non va oltre l’8,5 pur contando su un bacino ipotetico di voti del 13, Fratelli d’Italia resta ferma al 3 per cento con un potenziale del 9, e La Destra si attesta all’1.

Aggiungendo il 3,8 raggiunto da NCD-UDC, un’alleanza vasta e plurale di centro-destra riscuoterebbe complessivamente il 31,5 per cento delle preferenze contro il 37,5 conseguito da Partito democratico e alleati.

La difesa “laica” della famiglia

Temi caldi che accompagneranno il confronto parlamentare e accenderanno la futura competizione elettorale sono le politiche per la famiglia e le scelte “eticamente sensibili”. La ricerca di opinione getta luce su un panorama culturale improntato a pragmatismo liberale.

Il 33 per cento del campione interpellato – e il 35 che si definisce “moderato” – ritiene importante manifestare e battersi in difesa e a sostegno della famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna che generano figli. Ma appena l’8 per cento – il 7 dei “moderati” – parteciperebbe senz’altro a manifestazioni a supporto della famiglia tradizionale nella propria città.

Ben il 93 per cento reputa necessario dedicare maggiori risorse del bilancio dello Stato al sostegno diretto delle famiglie con figli. Il 95 è favorevole a buoni acquisto di prodotti per l’infanzia per famiglie a basso reddito, l’86 appoggia l’idea di voucher per consentire a chi non può permetterselo di comprare i libri di scuola media, l’81 sostiene la proposta di bonus bebè di 960 euro all’anno.

Riconoscere i diritti economici delle unioni omosessuali

Più articolati i giudizi concernenti le nuove “libertà civili” e le frontiere etico-scientifiche.

Il 63 per cento dei cittadini vuole riconoscere alle coppie gay il diritto di ricevere assegni famigliari e sgravi fiscali nella stessa misura di quelle sposate, ma solo il 35 accetta che le valutazioni sull’omosessualità critiche o ritenute discriminanti da un giudice si traducano in un reato penale d’opinione.

Il 24 per cento poi è favorevole all’adozione di un figlio da parte di una coppia dello stesso sesso, il 30 ammette il commercio di ovociti e spermatozoi per la fecondazione con donatore esterno e sconosciuto rispetto ai genitori, il 29 consentirebbe la gravidanza artificiale da parte di un’altra donna con un compenso economico.  E appena il 17 per cento è concorde sulla possibilità di praticare l’aborto fuori da un ospedale e senza sostegno medico attraverso la somministrazione della pillola RU486.



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