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Parte la guerra di Raffaele Fitto al Fiscal Compact e al pareggio di bilancio

Riflettere in forma critica dei vincoli comunitari per liberarci dalla gabbia soffocante che frena ogni ripresa economico-sociale. E recuperare libertà e responsabilità nazionale.

È lo scopo che ha spinto Raffaele Fitto e Daniele Capezzone a promuovere ieri presso la Sala del Refettorio del Parlamento il convegno “Oltre questa Europa”.

Cambio di rotta per Forza Italia?

Un’iniziativa che punta ad aprire prospettive antitetiche rispetto a quella “euro-entusiasta” così come alla “contestazione sguaiata e populista” contro l’Unione economico-monetaria. E che per la prima volta in forma ufficiale vede rappresentanti di spicco di Forza Italia confrontarsi apertamente con studiosi da tempo critici verso i pilastri culturali e istituzionali dell’Euro-zona.

Protagonisti dell’incontro sono stati infatti l’economista ed ex ministro dell’Industria Paolo Savona, il suo allievo Antonio Rinaldi, il giurista Luciano Barra Caracciolo. Tre fra i pochi intellettuali indipendenti che propugnano l’esigenza di una critica filosofico-giuridica ai fondamenti della valuta unica.

Marcare l’identità “azzurra” rispetto a Carroccio e Cinque Stelle

L’iniziativa potrebbe offrire agli “azzurri” una preziosa opportunità per affrancarsi dalla tenaglia stringente delle campagne anti-euro lanciate dalla Lega Nord e dal Movimento Cinque Stelle. E maturare una posizione originale e autonoma, oltre che proficua dal punto di vista elettorale.

Forse è questo l’orizzonte che ha richiamato al convegno esponenti del centro-destra del passato e del presente come Francesco Paolo Sisto, Alessandra Mussolini, Maurizio Bianconi, Paolo Naccarato, Francesco Saverio Romano, Salvatore Cicu, Giorgio Lainati, Riccardo Pedrizzi.

Gli effetti nefasti di una moneta priva di Stato

Il Trattato di Maastricht, ha ricordato Paolo Savona, fu firmato e recepito nella convinzione che si sarebbe approdati a una piena integrazione politico-statuale europea. L’Unione economico-monetaria, invece, creò una valuta priva di Stato. Ma trasferì alle istituzioni comunitarie le politiche monetarie e la garanzia del mercato unico. Riconoscendo agli Stati nazionali un potere fiscale limitato entro i vincoli del rapporto del 3 per cento fra deficit e PIL e del 60 tra debito pubblico e Prodotto interno lordo.

(LA RELAZIONE COMPLETA DI PAOLO SAVONA AL SEMINARIO)

Peraltro l’euro venne innestato in uno scenario di dualismi economico-sociali, che non furono affrontati e risolti bensì accentuati: “L’unico interesse dell’asse franco-tedesco egemone era ridurre l’inflazione e finanziare le proprie banche”.

Per questo motivo, ha spiegato Savona, la Banca centrale europea non può deragliare dai binari pre-stabiliti. Non può decidere liberamente il rapporto di cambio con le valute extra-Ue. Ed è costretta a temporeggiare prima di intervenire per l’acquisto di titoli di Stato nel mercato dei capitali.

La Bce come la Fed in un’Europa federale

Fortemente scettico riguardo la promessa di 300 miliardi di investimenti produttivi preannunciati dal nuovo esecutivo comunitario e su un aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti, l’economista propone una ricetta più radicale.

Un’unione federale genuina capace di promuovere lo sviluppo delle infrastrutture strategiche tramite la gestione europea del 3 per cento di deficit. E la parificazione dello statuto della BCE a quello “espansivo” della Federal Reserve Usa.

Altrimenti – è la convinzione dell’ex ministro dei governi Amato e Ciampi – meglio fuoriuscire dall’area della valuta unica: “Perché così marciamo verso il collasso”.

L’Unione economico-monetaria è contraria alla Costituzione

Il modello di unificazione monetaria prospettato a Maastricht, ha rimarcato il consigliere di Stato Luciano Barra Caracciolo, non può favorire lo sviluppo economico-sociale dell’Italia: “Lo aveva pienamente compreso Guido Carli esprimendo nel 1974 una valutazione negativa sul Rapporto Werner anticipatore dell’Euro-zona”.

Tutti i trattati europei entrati in vigore dal 1992 a oggi, compreso il testo firmato a Lisbona nel 2009, presentano a suo giudizio una profonda violazione di regole democratiche. Le limitazioni di sovranità nazionale non sono state realizzate in condizioni di parità, grazie alle discriminazioni tra diversi paesi per il peso differente del debito pubblico e degli interessi da pagare.

(IL CONTRIBUTO INTEGRALE DEL GIURISTA BARRA CARACCIOLO AL SEMINARIO)

Gli obiettivi di pace e giustizia tra le nazioni previsti dall’Articolo 11 della Costituzione italiana come requisito vincolante per l’adesione alle organizzazioni sovra-nazionali sono stati traditi, visto che “la creazione di un’area unica di libero scambio ha portato a un’esasperata competizione commerciale tra Stati”. Tutti i legami di solidarietà comunitaria sono espressamente vietati nell’azione di una “BCE ridotta a istituto indipendente puro”.

Perdita di sovranità e impoverimento

Così, evidenzia il giurista, “è stato neutralizzato ogni intervento nazionale per la garanzia e cura dei diritti fondamentali dei cittadini”.

E i risultati sono fin troppo evidenti: coercizione della vitalità delle forze produttive, crollo della bilancia commerciale italiana a seguito dell’ancoraggio al cambio fisso dell’euro, riduzione della base imponibile, aumento della pressione fiscale su famiglie e aziende, taglio selvaggio della spesa pubblica.

“Un regime intollerabile tutto sbilanciato sul versante evanescente delle esportazioni, che produce impoverimento industriale e compressione della domanda interna, vanifica il valore del risparmio e dei beni costituzionali ad esso legati: abitazione e impresa”.

La minaccia del Fondo di redenzione europeo

Anima e promotore con Barra Caracciolo dell’associazione “Riscossa Italiana”, Antonio Rinaldi ha puntato il dito contro chi difende oggi l’Unione monetaria: “Il peggior nemico delle prospettive di integrazione comunitaria”.

L’economista e allievo di Savona ha ricordato come produttività e competitività del tessuto nazionale di piccole e medie imprese siano state sacrificate sull’altare dell’adeguamento ai parametri finanziari fissati a Maastricht e plasmati sul dogma della stabilità dei prezzi. E osserva che, nonostante l’Italia abbia realizzato negli ultimi 22 anni avanzi primari record tagliando in modo violento il costo del lavoro, non vi è segno di ripresa produttiva.

(L’INTERVENTO INTEGRALE DI ANTONIO MARIA RINALDI)

Gli interventi della Banca centrale europea, ha precisato l’economista, si sono rivelati inadeguati. Contemporaneamente i cittadini dei paesi membri hanno perduto la sovranità democratica conquistata a prezzo di lotte durissime. “Fenomeno che verrebbe consacrato dall’adozione del Fondo di redenzione europeo per risanare gran parte del passivo di bilancio con la garanzia di ricchezze e tesori nazionali.

Stop ai parametri finanziari Ue

Convinto che l’Euro-zona sia destinata a implodere e che serva al più presto una classe dirigente in grado di governare con maturità il ritorno alla sovranità monetaria, Rinaldi prospetta precisi fronti di impegno politico.

Il primo “banco di prova” è la rimozione del principio del pareggio di bilancio introdotto con la riforma dell’Articolo 81 della Costituzione. Altra proposta è il rifiuto di rispettare il limite del 3 per cento nel rapporto deficit-PIL “per rilanciare l’economia reale, i consumi, le infrastrutture”.

Terzo punto è la creazione di una “autentica banca pubblica italiana che fornisca garanzie nel trasferire al tessuto produttivo i prestiti erogati dalla BCE”. L’ultima iniziativa passa per la contestazione giuridica in sede europea del vincolo dell’equilibrio o avanzo finanziario imposto alle pubbliche amministrazioni dal Trattato di Lisbona: “Apertamente in contrasto con l’accordo di Maastricht che permetteva un margine di deficit pari al 3 per cento del PIL”.

Le iniziative di Forza Italia

Le argomentazioni degli studiosi in trincea contro l’architettura monetaria europea trovano accoglienza nel ragionamento di Raffaele Fitto. Il quale ritiene che il terreno propizio all’iniziativa di Forza Italia è “lavorare con tutte le energie nelle istituzioni” per mettere in discussione il Fiscal Compact dal punto di vista politico e giuridico.

Criticando il governo Renzi per “aver accettato con acquiescenza l’ulteriore riduzione del deficit che ha vanificato 3 miliardi di taglio di tasse”, il parlamentare europeo propone di liberare dai vincoli finanziari Ue il co-finanziamento dei fondi comunitari a favore delle regioni in difficoltà.

Ma le strategie innovative che possono essere adottate nell’Euro-zona richiedono a suo giudizio un passo preliminare di verità: “Riconoscere l’errore di aver recepito nella Costituzione repubblicana il principio del pareggio di bilancio tramite la nuova formulazione dell’Articolo 81”. Per tale ragione il gruppo parlamentare “azzurro” proporrà lunedì un emendamento al progetto di revisione costituzionale, mirante a non vincolare automaticamente la politica economica italiana alle scelte di Bruxelles.

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