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Il disastro di Forza Italia e l’enigma primarie

C’era una volta il centrodestra. Sembrano passati millenni da quando sul predellino Silvio Berlusconi lanciava la Casa delle Libertà, divenuta dopo pochi anni il sarcofago di tutti i suoi leader. Sembra passato un secolo, a dire il vero, perfino dell’intervista rilasciata dal presidente di Forza Italia su Oggi la scorsa settimana, nella quale veniva rilanciata l’idea giustissima e urgente dei unire i moderati.

Adesso ci troviamo davanti al solito gioco di sempre e alla solita mania delle contraddizioni, spuntate tra annunci e smentite. Come Michele Arnese ha spiegato nell’editoriale odierno su Formiche.net, non soltanto non pare esservi una reale linea politica in FI, ma manca completamente il senso specifico della sconfitta che si annuncia in tutta l’area non di sinistra già partire dalle prossime amministrative.

Tra le altre cose il quadro complessivo dei problemi e le loro fattibili soluzioni è talmente grave che non è neanche difficile capire cosa manca e cosa serve. Partiamo dal presupposto aritmetico che Forza Italia continua ad essere il partito di maggioranza relativa del centrodestra, in costante erosione, come non capire che è da lì che ci si attenda una prima vox, una prioritaria azione, in questo senso?

Ora, dal punto di vista strettamente concreto, non esistono alternative di governo a Matteo Renzi. Costruirne una sarà opera di anni, non di mesi. Quindi non non si tratta per nulla di rompere né collaborazioni, né, tanto meno, patti del Nazareno. La costruzione di un’unificazione dell’area popolare e conservatrice deve avvenire necessariamente subito e su due piani specifici, entrambi di carattere aggregativo.

Il primo riguarda i valori che si intende intercettare, interpretare, rappresentare. È qui che si realizza la famigerata unità. Dobbiamo abbandonare il principio nefasto che il leader fa il programma e determina i valori di base. Questa prospettiva è avvenuta con Berlusconi prima e con Renzi poi, ma non è quanto accade normalmente in democrazia. Soprattutto in mancanza di una guida forte è un’opzione divisiva e perdente.

Prima si stilano i valori generalissimi, poi si indica una serie di obiettivi, quindi si lascia che ogni forza politica li esprima secondo la sua storia e tradizione: popolare, liberale, conservatrice, regionale, nazionale, eccetera.

Le primarie sono invece il secondo passo, ovviamente successivo, perché senza un livello di valori comuni – che non significa immediatamente un programma comune – su quali riferimenti si dovrebbe chiamare gli elettori a valutare lo spessore e l’idoneità dei candidati e dei rispettivi partiti della coalizione?

Bene. Ma quali sono questi valori di fondo?

Tutto il cosiddetto centrodestra è in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e dalla Francia, raccolto attorno all’idea che l’uomo è un essere sociale, che vive in comunità, e che il primo dato da tener presente è l’esistenza di queste associazioni naturali, pre-politiche, fondate sulla realtà della vita e sul suo ordine. D’altronde, o esiste un ordine sociale naturale, espressione dell’intelligenza e libertà umana, oppure si finisce già per aver accettato il presupposto socialista che è la volontà che crea tutto e incarna l’ordine politico. Perciò non è possibile essere elettori popolari, liberali e conservatori senza condividere il valore prioritario che c’è un fine sociale naturale da rispettare e tutelare con la politica, quello, per capirsi, che coinvolge persona, famiglia e associazioni di prossimità. La società non nasce per una finalità costruita dalla politica, ma esiste all’interno del modo di essere concreto degli esseri umani, che la politica deve riconoscere, tutelare, sviluppare come perno della libertà di tutti è della solidarietà di ciascuno.

Così come non esiste cultura popolare senza che esista un popolo, non esiste vita personale che non sia comunitaria, e non esistono comunità nazionali che non siano sommatoria di comunità locali.

In questo senso, perché dovrebbe essere difficile capirsi e intendersi tra NCD, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia?

Ripartiamo, dunque, da un programma che abbia al centro questi valori costitutivi della persona, poniamo finalmente una piattaforma democratica che guardi alla tutela della nostra vita, dei nostri interessi, e della sovranità specifica che ne deriva, dopo sarà possibile declinare in modo più o meno liberale, regionale, nazionale questa premessa di sostanza che è pilastro comune.

Il redigere questa dichiarazione suprema d’intenti, breve e netta, permetterebbe, oltretutto, di presentare a ciascun partito il proprio programma con un relativo candidato unitario, avendo in mano una carta di lavoro per prepararsi alle politiche, utilizzando, nel frattempo, la vicina tornata amministrativa come prova tecnica di funzionamento della selezione dei candidati a livello comunale, provinciale e regionale.

La mia idea è che un’ipotesi come questa, ossia andare dai valori al programma, per finire poi alle primarie, sia l’unica strada percorribile, e che essa possa essere avviata però solo se c’è un padre nobile che s’incarica di gestire e realizzare questa operazione, continuando ad aiutare, fin quando tutto sarà pronto, Renzi a svolgere il suo lavoro di riforma dell’Italia. Il padre nobile si chiama Silvio Berlusconi. Finché lui non vorrà, non sarà possibile avviare alcunché senza che sia subito dopo sabotato e neutralizzato. Senza la sua benedizione, ogni ipotesi è velleitario e ogni progetto morto nella culla.

D’altronde, è incomprensibile perché mai dall’alto della sua esperienza il già fondatore di Forza Italia non lavora ad essere il creatore del più grande partito popolare e conservatore d’Europa. Perché non divenire cioè veramente un padre della patria, e non solo, come lo accusa la sinistra, un episodio di successo della destra repubblicana?

Sembrava la scorsa settimana che questa persuasione fosse arrivata nelle stanze di Arcore. Non lasciamo cadere questa occasione. I partiti moderati vincono se sono grandi ed eterogenei, e se mantengono la fedeltà a quei valori che non sono oggetto di discussione continua, come lo sono invece i singoli problemi e le specifiche esigenze del momento.

Soltanto così avremo, una buona volta, il centrodestra italiano, ossia un partito che raccoglie al suo interno tante tradizioni, ma un’unica tavola di valori anti progressista e anti socialista. E un leader emergerà di sicuro.


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