“Basta con le tensioni tra colleghi e con una demagogia accattona fondata su accuse generalizzate”. È l’appello rivolto dal presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino per affrontare e risolvere i problemi emersi con l’applicazione dell’obbligo di formazione per i professionisti e i pubblicisti italiani attivi nel terreno dell’informazione.
Le ragioni etiche della formazione
La sua è un’adesione profonda alla filosofia ispiratrice del regolamento governativo n.137 del 2012, attuativo della riforma degli ordini professionali realizzata dall’allora Guardasigilli Paola Severino in coerenza con le linee-guida approntate dal precedente governo Berlusconi-Tremonti. Per cui tutti i lavoratori aderenti a un albo professionale regolamentato in forma pubblicistica sono tenuti a un aggiornamento costante delle proprie competenze e conoscenze.
Una legge che – rimarca il più alto responsabile dell’organo di garanzia e vigilanza sull’attività giornalistica in una conversazione con Formiche.net – richiama principi teorici sacrosanti ed è più che mai necessaria in uno scenario di specializzazione professionale e tecnologica: “Il nostro è un mestiere che con le parole e l’ignoranza può arrivare a uccidere”.
Tempi ristretti per attivare i corsi
Ricordando come l’Ordine nazionale abbia ottenuto la rimozione dell’obbligo di assicurazione contro il reato di diffamazione previsto nella versione originaria della legge Severino, il giornalista rivendica l’esigenza di rispettare una norma dello Stato. La cui applicazione però sta creando mille difficoltà a quanti sono tenuti ad attivare i corsi formativi e a tante firme di testate cartacee, radio-televisive, telematiche.
La motivazione risiede nei tempi ristretti in cui la categoria ha dovuto intervenire: “Al contrario degli altri ordini professionali che sono stati allertati da molto tempo e hanno avuto la possibilità di collaudare una macchina organizzativa, i giornalisti hanno messo in moto lezioni e seminari a luglio 2014, dopo aver ottenuto tutti i visti del Ministero della Giustizia”, dice Iacopino.
Un impegno finanziario rilevante
Lo sforzo economico profuso dall’Ordine nazionale affinché le organizzazioni regionali promuovessero corsi gratuiti e aperti a tutti – 1.063 da aprile – è stato notevole, ricorda Iacopino: 1,5 milioni di euro per il triennio 2014-2016, l’arco temporale in cui maturare i 60 crediti previsti.
Fondi ripartiti secondo criteri di solidarietà e in proporzione al numero degli appartenenti alle realtà territoriali. Cifra a cui devono aggiungersi le risorse stanziate per rendere operativa la piattaforma on line per registrarsi alle giornate formative.
“Il tutto – rileva Iacopino – realizzato grazie a una strategia di risparmi significativi anziché tramite l’aumento delle entrate. Nessuna variazione nella quota annua di iscrizione è stata infatti apportata dall’Ordine nazionale”.
Non è possibile vietare i corsi a pagamento
Replicando alle critiche di chi parla di “perdita di tempo ed energie per numerosi operatori dell’informazione”, il giornalista evidenzia come l’impegno richiesto ogni anno consista in 15 ore al massimo. E, pur essendo favorevole a rendere facoltativa la formazione per chi ha superato una certa anzianità lavorativa, richiama “l’entusiasmo con cui molte firme di lungo corso hanno aderito ai corsi richiedendo un’opportunità di conoscenza e un contributo di crescita professionale”.
L’altro problema concerne la presenza dei corsi formativi a pagamento: “L’indicazione dell’Ordine nazionale, condivisa da tutti i presidenti e i vice-presidenti di quelli regionali, è che debba essere organizzato un numero di lezioni e seminari gratuiti utili a soddisfare le esigenze dei colleghi”.
Tuttavia il presidente dell’ODG deve muoversi entro un limite giuridico ben preciso. Perché è la legge a consentire l’organizzazione di approfondimenti a pagamento ad opera di enti formatori in attività da più di tre anni e riconosciuti con parere vincolante del Ministero della Giustizia: “E io non intendo violare le norme. Ma per disinnescarli basterebbe non andarci invece di polemizzare”.
Venire incontro alle esigenze dei colleghi
La sua proposta ai presidenti degli ordini regionali con il più elevato numero di iscritti come Lazio e Lombardia è ben precisa: “Anziché distrarsi predisponendo giornate formative organizzate dalla CGIL per i propri aderenti, suggerisco di moltiplicare i corsi gratuiti”.
Una misura di carattere tecnico allo studio dell’ODG è consentire la registrazione a non più di due corsi in calendario e bloccare chi senza preavviso evita di presentarsi a un evento prenotato. Si tratta dei “professionisti del click” che provocano l’esaurimento in tempi record delle adesioni a lezioni e seminari.
Per rispondere alle molteplici esigenze dei colleghi, i Consigli regionali dell’Ordine possono concedere inoltre esenzioni annuali dall’obbligo formativo nei casi di maternità o congedo parentale, servizio militare e civile, malattia grave e infortunio, assenza dall’Italia e fattori che provochino l’interruzione della attività professionale per almeno 6 mesi.
I paletti per i provvedimenti disciplinari
Le sanzioni previste per chi, nonostante tutto, non adempie all’obbligo spettano agli ordini regionali. Ma se l’offerta formativa non è sufficiente – rimarca Iacopino – non potranno essere penalizzati i colleghi: “La linea è questa, senza se e senza ma”.
Formazione utile per riscoprire la dignità del giornalista
Al rappresentante del Partito democratico Michele Anzaldi che ha preannunciato la presentazione di un emendamento per rendere più flessibili le regole concernenti la formazione professionale, il presidente dell’Ordine nazionale ricorda che “la prima versione del progetto puntava a esentare i direttori e i giornalisti-parlamentari dalla frequenza dei corsi”.
Un punto a suo giudizio inaccettabile: “Perché anche fare il corrispondente – professionista o pubblicista – richiede un lavoro intenso e di moltissime ore, spesso privo di grandi soddisfazioni economiche. E perché ai responsabili delle testate e a tutta la catena di comando farebbe bene una rinfrescata delle carte deontologiche vecchie e nuove. A cominciare da quella di Firenze che sanziona ‘la riduzione in schiavitù’ di migliaia di colleghi pagati pochi spiccioli ad articolo o servizio”.
La priorità, spiega il numero uno dell’ODG, è garantire risorse per offrire ai giornalisti opportunità rilevanti di formazione e aggiornamento. Magari coinvolgendo nello sforzo economico gli editori che restano alla finestra e rifiutano di accordare i permessi per poter partecipare ai corsi imposti da una legge dello Stato”.
Denunciare gli illeciti alle autorità preposte
L’ultima riflessione è riservata alle accuse lanciate dall’ex presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio Bruno Tucci. A giudizio del quale “diversi colleghi vogliono mantenere lezioni e seminari formativi per ragioni economiche”.
Parole, evidenzia Iacopino, del tutto prive di fondamento: “Se Tucci ha le prove di un fatto così grave, presenti una denuncia alla magistratura o lo trasmetta a me affinché possa attivare gli organi disciplinari. Ma da persona che ha sempre difeso i lavoratori precari e contrastato ogni privilegio dico basta con la demagogia accattona e le accuse generalizzate”.