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South Stream e Tap, ecco le strategie di Renzi e Guidi

Complice la crisi ucraina, South Stream, il gasdotto che dovrebbe portare gas dalla Russia in Europa e in cui è impegnata l’italiana Eni, potrebbe non essere più una priorità per Roma. Il governo considererebbe più strategiche altre infrastrutture, come la Tap, la pipeline che porterà l’oro blu azero in Italia, e nella quale la titolare del ministero dello Sviluppo economico, Federica Guidi, non ha escluso l’ingresso di un socio italiano come Snam. Anche se il governo non segue l’eventuale evoluzione dell’assetto azionario del consorzio Tap.

NESSUNA PRECLUSIONE

In una conferenza stampa alla Farnesina dopo la due giorni di lavori sul ponte energetico euro-mediterraneo, la titolare dello Sviluppo economico ha spiegato ieri che il gasdotto tra Russia ed Europa rimane “utile, ma forse non più nella lista delle priorità“.

South Stream – ha detto  – non opera nel senso della diversificazione del fornitore. Considero più strategiche e prioritarie altre opere che comportano una diversificazione delle rotte ma anche dei fornitori“, come la Tap.

Subito dopo, rispondendo a una domanda sull’eventuale entrata di aziende della Penisola nel consorzio che realizza la Tap, la Guidi ha specificato che non vi è nessuna “preclusione“. “Quello che dobbiamo valutare – ha detto – è la strategicità dell’opera. Se ci sono operatori italiani ben vengano“.

I DESIDERI DI SNAM

Già a fine ottobre, ricorda Reuters, l’ad di Snam, Carlo Malacarne, non aveva escluso la possibilità di entrare nell’azionariato della Tap. “Nell’azionariato del gasdotto – scriveva il sito finanziario – sono entrati nel mese scorso Enagas e Fluxys, quest’ultima alleata con Snam in altri business, al posto di E.On e Total con quote rispettivamente del 16 e del 19%. Gli altri azionisti sono: Bp con il 20%, Statoil con il 20%, Socar con il 20% e la svizzera Axpo (5%)“.

I RIPENSAMENTI SU SOUTH STREAM

Tuttavia, fonti del Mise chiariscono che il ministro “non ha detto che l’Italia non è più interessata a South Stream, né che non ci si possa fidare più della Russia“. Non vi è, dunque, un’inversione di marcia per l’Italia. Tanto più che dal governo tengono a far sapere che a decidere, in un’ultima istanza, saranno le stesse aziende, soprattutto nel caso di Eni, partecipata al 30% da Cdp e Tesoro, ma con una forte presenza di soci privati.

Che su South Stream ci potesse essere una riflessione approfondita era risultato chiaro il 4 novembre scorso, quando il ceo di Eni, Claudio Descalzi, venne ascoltato dalla Commissione industria del Senato. La posizione fu chiara, come scrisse Formiche.net: l’Eni intende confermare i suoi impegni, ma non a tutti i costi. Se la spesa resterà nei 600 milioni concordati, tutto bene. Ma l’azienda petrolifera italiana non intende farsi carico dei nuovi oneri che derivano dalla conflittualità fra Kiev e Mosca. L’ipotesi di uscire da South Stream sarebbe stata semplicemente impensabile fino a pochi mesi fa. Lo stesso governo Renzi, appena insediato e con la crisi in Ucraina che iniziava a scuotere l’Europa, aveva lanciato messaggi contraddittori. Ora, invece, tutto appare più chiaro.

TAP STRATEGICA

In sintesi: il governo non sceglierà su quale gasdotto puntare, perché non rientra nelle sue prerogative, ma ha solo reso noto che sarebbe meglio non essere troppo dipendenti dalle scelte del Cremlino. Delle parole del ministro Guidi, però, rimane la forte considerazione politica che, in questo momento, la realizzazione della Tap sia in cima ai pensieri del Mise. Del gasdotto si discute ancora in Puglia, dove veti ambientalisti hanno finora rallentato i lavori e impedito che si identificasse un punto di approdo definitivo dell’infrastruttura, pur avendo già ottenuto parere favorevole per un sito.

A venire in soccorso del consorzio Tap, ma non solo, potrebbe essere il decreto Sblocca Italia, che mira a combattere la burocrazia e gli effetti delle localistiche sindromi Nimby. Nel testo, il governo pone alcune iniziative, come la ricerca degli idrocarburi o le infrastrutture per importare energia dall’estero come attività, le cui opere, progetti o decreti autorizzativi, rivestono carattere di “interesse strategico” che “costituiscono un priorità a carattere nazionale e sono… indifferibili e urgenti“.

Il governo – ha sottolineato l’esponente del governo – farà tutto quello che è possibile, ma non vogliamo mettere a rischio di non procedere con la infrastruttura strategica salvaguardando i vincoli ambientali“.

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