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Norman Atlantic, tutte le ipotesi di reato al vaglio dei magistrati

Dopo i salvataggi, i morti e i dispersi, arrivano le ipotesi di reato da parte dei magistrati della procura di Bari sull’incendio del traghetto Norman Atlantic. I magistrati si concentrano su ritardi, omissioni e negligenze.

IL DECRETO DI SEQUESTRO

Con il trascorrere delle ore il naufragio del Norman Atlantic assume sempre più i contorni di una tragedia che poteva essere evitata, almeno per quanto riguarda il numero delle vittime, secondo la procura competente. La conferma emerge dal decreto di sequestro firmato dai magistrati di Bari che ieri hanno disposto il trasferimento del relitto nel porto di Brindisi mentre era già in viaggio verso Valona, in Albania, trainato dai mezzi di un’impresa contattata dall’armatore Carlo Visentini, indagato assieme al comandante, Argillo Giacomanni.

LE CARENZE AL VAGLIO

Il provvedimento evidenzia proprio le carenze che ci sarebbero state al momento di far scattare l’allarme per mettere in salvo i passeggeri. E poi – scrive Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera – “la necessità di verificare il corretto funzionamento dei dispositivi che, almeno secondo quanto testimoniato da chi era a bordo, in parte non hanno funzionato”.

IL RELITTO A DISPOSIZIONE

Nell’atto notificato alla Visemar viene sottolineata l’urgenza di avere a disposizione il relitto «per ricostruire l’esatta dinamica dell’incendio e dell’evacuazione non riuscita secondo quanto doveva essere previsto». È il passaggio chiave – secondo Sarzanini – che rende espliciti i dubbi degli inquirenti sulla gestione delle fasi più delicate: il rogo e l’assistenza alle persone.

LE INDAGINI

Non a caso nel decreto si parla esplicitamente delle verifiche da effettuare sulle dotazioni di bordo. Oltre ai sistemi di sicurezza, bisognerà infatti stabilire come mai non si sia riusciti a calare una parte delle scialuppe ritardando così di molte ore l’abbandono della nave e mettendo a rischio la vita delle persone o addirittura provocando la morte di alcuni.

GLI ORARI E L’ALLARME

La scansione degli orari rappresenta la chiave per capire che cosa è accaduto. Al momento si sa che l’incendio è divampato nel garage alle 4.30 di domenica, circa dodici ore prima dell’arrivo previsto nel porto di Ancona. Dopo poco il comandante Argilio Giacomazzi ha lanciato il May Day.  Numerosi passeggeri già interrogati hanno raccontato di non aver sentito alcuna sirena. Qualcuno ha sostenuto di essere rimasto in cabina addirittura fino alle 5.20 prima di essere svegliato dal trambusto e dal fumo che a quel punto saliva dal garage. “E questo avvalora l’ipotesi che l’allarme sia scattato in ritardo – scrive il Corriere della Sera – pregiudicando per molti la possibilità di mettersi in salvo”.

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

Quel che fino a ieri era il racconto dei passeggeri diventa oggi un sospetto ufficiale della Procura che nel contestare i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo al comandante, Argillo Giacomazzi, e all’armatore Carlo Visentini, hanno spiegato alle autorità il perché fosse necessario sequestrare la nave. «Ha sentito la sirena?», «chi vi ha avvertiti?», «i membri dell’equipaggio vi hanno aiutati nelle operazioni di salvataggio », hanno chiesto gli investigatori a tutti i passeggeri secondo un modello pre-organizzato dalla Capitaneria di porto. “All’allarme incendio – scrive Giuliano Foschini sul quotidiano la Repubblica – dovrebbe corrispondere una rigidissima procedura di sicurezza della nave, prevista da un manuale di bordo che comprende tutte le specifiche attività da espletare in casi di questo tipo, così come previsto dal Safety Management Code. Le prime risposte che ha la procura non sono rassicuranti: praticamente tutti i passeggeri hanno risposto che non si è sentito allarme nessuno ha indicato loro i percorsi da prendere per raggiungere le posizioni di sicurezza o comunque le scialuppe di salvataggio, anche i salvagenti si riuscivano a recuperare con molta fatica”.



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