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Ecco come incastrare (forse) i malati immaginari della pubblica amministrazione

E’ evidente che più di uno dei vigili del comune di Roma assenti per malattia nella notte di San Silvestro è un “malato immaginario”.

Per gli addetti ai lavori, nulla di sorprendente. Siamo solamente dinanzi a uno fra i tanti strumenti di italica furbizia che regole fumose, codardia politica, sindacati complici e nel caso di specie medici talvolta troppo inclini (seppur per una comprensibile prudenza) ad assecondare il paziente, mettono a disposizione del furbetto di turno: la malattia a comando.

Chi è avvocato, consulente del lavoro, responsabile del personale e persino sindacalista sa bene quanto sia agevole approfittare del certificato medico per poter fare i propri comodi e sa bene quanto gli strumenti di contrasto siano in concreto poco efficaci.

Intendiamoci: le regole ci sono e nel pubblico impiego, dopo la legge Brunetta (sì, proprio quel Brunetta, che tra mille attacchi aveva osato dichiarare guerra ai fannulloni) sono anche ben concepite: i certificati di malattia sono trasmessi automaticamente in via telematica all’Inps che poi li invia al datore di lavoro; la seconda malattia dell’anno o le malattie superiori ai 10 giorni debbono essere certificate da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato col SSN; il lavoratore deve essere reperibile al domicilio nelle fasce orarie 9-13 e15-18; l’avvio dell’azione disciplinare è obbligatorio; giustificare l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia comporta il licenziamento disciplinare nonché, sia per il lavoratore che per il medico compiacente, la reclusione da uno a cinque anni e  la multa da euro 400 ad euro 1.600.

Questo significa che qualcuno di quei vigili sarà licenziato o andrà sotto processo? Checché ne dicano Marino, Renzi o la Madia non fatevi illusioni. Nulla di serio capiterà né a loro, né ai 200 netturbini assenteisti di Napoli, né ad altri. Perché quando si passa dalla teoria alla pratica è tutta un’altra musica.

Dimostrare oggi che una malattia del 31 dicembre era finta è impossibile. Forse si riuscirà a trovare il regista o i registi che hanno coordinato l’operazione, ma niente di più. E tra accuse, smentite e distinguo il tutto finirà al massimo con una tirata d’orecchie.

A quanto pare la vicenda offrirà però l’occasione per varare l’ennesima riforma. Mi limito a un piccolo avviso ai naviganti. Se si vuole davvero passare dalle parole ai fatti è necessario fare almeno tre cose:

1) assicurare controlli immediati, effettivi, di “sostanza” ed uniformi in tutto il territorio nazionale (casomai monitorando particolarmente le aree a maggiore densità di assenteismo), anche avvalendosi della collaborazione dell’INPS. Ma siccome quest’ultima ha già il suo bel da fare con i privati, non si dovrebbe escludere a priori la possibilità di affidare l’incarico anche a medici privati (che forse costerebbero pure meno) appositamente formati e convenzionati;

2) precisare che la terza assenza ingiustificata alla visita di controllo nell’arco di un triennio comporta il licenziamento;

3) chiarire al di là di ogni dubbio l’assenza di responsabilità amministrativa contabile, salvo dolo, in capo ai componenti dell’ufficio per i procedimenti disciplinari che dispone il licenziamento. Forse in questo modo si incoraggerebbe qualche dirigente a compiere il suo dovere.

Avv. Prof. Giuseppe Pellacani (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia)


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