Durante le prime lezioni di Diritto costituzionale all’università insegnano che la legge ha due caratteristiche essenziali: generalità ed astrattezza. Tali caratteristiche assicurano indeterminatezza dei destinatari, certezza del diritto, uniformità e parità di trattamento.
Durante le prime lezioni di Diritto penale spiegano poi che negli ordinamenti democratici come il nostro vige un principio: l’irretroattività delle norme sfavorevoli e la retroattività di quelle favorevoli. Perciò nel codice penale ritroviamo che: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali (art. 2, comma II, Cod. Pen)”.
Non vi è dunque dubbio la norma inserita nello schema di decreto sui rapporti fra fisco e contribuente licenziata dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre scorso, secondo cui “la punibilità è esclusa quando l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile“, sia applicabile anche a chi, in passato, ha commesso un’evasione fiscale “lieve”. Siamo infatti di fronte ad una abolitio criminis parziale, a un ridimensionamento dell’area applicativa della norma incriminatrice precedente. Quindi il limite delle sentenze di condanna passate in giudicato non vale.
La previsione è dunque applicabile anche a Silvio Berlusconi, condannato nel processo Mediaset per un’evasione che, come rileva il Corriere della sera, è ben inferiore alla predetta soglia.
La risposta di Matteo Renzi a chi gli sottoponeva la questione (“A me non risulta affatto che sia così. Non mi pare realistico che una nuova legge possa cancellare una condanna passata in giudicato. Ma se davvero dovesse essere possibile sono pronto a bloccare la legge e a cambiarla”) riesce ad essere allo stesso tempo tecnicamente sbagliata e democraticamente inaccettabile. Sul primo aspetto ho già detto prima. Sul secondo spendo due parole ora.
Mai una legge dovrebbe essere ad personam. E men che meno contra personam, soprattutto quando in gioco vi sono la libertà personale o altri diritti di rilievo costituzionale. Se il Consiglio dei ministri ha ritenuto, com’è ragionevole, di escludere dalla fattispecie di reato i casi di evasione fiscale sotto una certa soglia, perché la regola non dovrebbe valere per qualcuno?
Ma soprattutto, vi sembra normale che pur di evitare l’annullamento della condanna di Berlusconi e il suo rientro in politica si pensi di modificare una norma giusta e ragionevole, esponendo tutti i cittadine italiani al rischio di essere sottoposti a processo penale per fatti di rilievo minimale?