Non sono giorni facili per Denis Verdini. La sconfessione del patto del Nazareno, sia essa definitiva o no poco importa, lo vede messo, se non da parte, per lo meno di lato. E non solo per le bordate dei fittiani, oggi riuniti nel primo appuntamento romano del tour dei Ricostruttori, ma anche per i rabbuffi che arrivano da gran parte del cerchio magico berlusconiano. E ieri è arrivata pure una notizia non certo esaltante: la procura di Firenze ha chiesto per il deputato azzurro il rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta per Toscana Edizioni, la società che in passato pubblicava il Giornale della Toscana.
Lui, Verdini, è quello che al Nazareno aveva creduto di più. E a farlo funzionare aveva prodigato tutte le sue energie nel corso degli ultimi mesi. Giornate scandite da telefonate con Matteo Renzi, sms con Maria Elena Boschi e incontri furtivi con Luca Lotti. A San Lorenzo in Lucina, sede di Forza Italia, la battuta che girava negli ultimi tempi era che Verdini passava più tempo con i renziani del Pd che con i colleghi di partito. Candidandosi a prendere la tessera numero due (la numero uno spetta di diritto al premier) del futuro partito della nazione. Qui si cammina lungo il crinale della fantapolitica. Ma è possibile che Denis il pensiero lo abbia accarezzato: Berlusconi ormai è cotto, Forza Italia senza più prospettiva politica, di questi tempi meglio restare attaccati a Renzi, non si sa mai. I suoi nemici, naturalmente, la dicevano in maniera più cattiva: “Denis? E’ già con un piede nel Pd…”.
Ora, però, tutto è congelato. Se Berlusconi si è assunto la responsabilità del fallimento dell’operazione Quirinale e della rottura del patto, tutti sanno che il vero sconfitto è lui, Verdini. Che per la prima volta da anni vede messo in discussione il suo potere da monarca assoluto. Verdini, infatti, è stato il monarca del Pdl, prima, e di Forza Italia, poi, negli ultimi sette anni. Esecutore del volere del capo e suo principale consigliere, termometro preciso degli umori del gruppo parlamentare e padrone assoluto delle liste elettorali. Pochissime, in questi anni, le riunioni con l’ex Cavaliere in cui non è stato presente. “Sono Verdini e risolvo problemi”: col tempo Denis si è ritagliato il ruolo di mister Wolf di Berlusconi. Perché è a lui che chiunque si doveva rivolgere per ogni genere di intoppo, dalla commissione parlamentare fino al più sperduto collegio elettorale. Creditore, inoltre, della riconoscenza di buona parte della truppa parlamentare, che deve a lui il posto sicuro in lista.
Per questo fa una certa impressione in questi giorni vederlo fuori dai giochi. Non risponde al telefono e nemmeno agli sms. Se ne sta tutto il giorno nella sua stanza, in sede, e parla con pochissime persone. I suoi fedelissimi. Ignazio Abrignani, Massimo Parisi, Riccardo Mazzoni, Luca d’Alessandro, Gregorio Fontana, Francesco Giro. Continua a tenere i contatti con Luca Lotti e, al Senato, col gruppo di Gal. Ma l’operazione responsabili, o stabilizzatori, è avviata a prescindere da Verdini. Chi ha avuto accesso alla sua stanza lo descrive amareggiato e deluso, ma ancora convinto che il Nazareno non sia morto. Che alla fine con Renzi bisognerà tornare a trattare. Subito dopo le Regionali. Perché per il momento la mission imposta dal Cavaliere è un’altra: opposizione dura in parallelo al ritorno in campo con una grande campagna elettorale che permetta a Fi di non essere asfaltata dalla Lega di Salvini. Poi, dopo, tutto si riaprirà. “Lo abbiamo visto in queste ore: quelli che dovrebbero guidare i gruppi parlamentari non controllano nulla, il partito è allo sbando e molti dei nostri fanno fatica a votare contro su quello che fino a due settimane fa ci vedeva a favore. Sembriamo dei dilettanti allo sbaraglio. Appena Berlusconi se ne renderà conto, Denis tornerà centrale”, racconta un suo fedelissimo. Verdini lo scorso week end ha rifiutato un invito ad Arcore di Berlusconi. Non era mai successo. Per riflettere, si dice. Qualcuno sussurra anche che Denis sia tornato ad accarezzare il pensiero di farsi da parte davvero “perché tanti anni in prima linea alla fine sfiancano chiunque”, magari andando a occupare un posto di rilievo in Toscana, magari come presidente del prossimo consiglio regionale. Anche lì sta andando in scena un braccio di ferro. Il candidato alle Regionali del centrodestra ancora non c’è, ma il plenipotenziario di Verdini, Parisi, sta spingendo per candidare l’imprenditore grossetano Giovanni Lamioni.
In realtà le comunicazioni tra Berlusconi e Verdini non si sono mai interrotte. Ma qualcosa di impalpabile nel rapporto tra i due si è spezzato. Senza più Nazareno, infatti, l’ex banchiere ha perso parte della golden share che esercitava, insieme a Gianni Letta, sul Cavaliere. Col risultato che, se prima i suoi nemici non osavano fiatare, ora si sentono autorizzati a criticarlo apertamente. “Il re è nudo”, insomma. E molti se ne approfittano, a cominciare dai suoi nemici principali: Toti, Bergamini, Rossi e Romani. Che vorrebbero prendere il suo posto come plenipotenziari del capo e come interlocutori principali di Renzi. Che però, anche in queste ore di gelo, ha fatto trapelare che lui il dialogo col Cav è sempre pronto a riprenderlo. A patto che l’interlocutore sia ancora Verdini.