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Forza Italia, ecco perché Berlusconi non può cacciare Fitto

Silvio Berlusconi all’assemblea con i deputati azzurri di mercoledì 11 febbraio ha minacciato di sospendere dal partito Raffaele Fitto e i suoi 38 parlamentari e ha dato all’eurodeputato un aut aut: entro 15 giorni deve dire se sta dentro o fuori il partito. Voleva anche mettere ai voti un documento per cui la minoranza del partito deve assoggettarsi alla decisione presa a maggioranza, ma poi ci ha ripensato. Con i suoi fedelissimi l’ex Cavaliere è stato ancora più duro, arrivando a pronunciare la parola espulsione. Fitto però sostiene che nessuno nel partito può prendere provvedimenti del genere, perché gli organi, statuto alla mano, sono illegittimi. Chi ha ragione?

Per capire come stanno le cose bisogna partire dalla delibera che il 6 novembre 2013 ha sospeso l’attività del Popolo delle Libertà per ricostituire Forza Italia. Il documento decreta “la sospensione dell’attività del Pdl per convergere verso il rilancio di Forza Italia” e affida “al Presidente Berlusconi pieno mandato politico e giuridico per attivare le necessarie procedure, anche attraverso le convocazioni degli organi statutari, per l’attuazione di questa deliberazione politica e gli conferisce le responsabilità connesse alla guida del Movimento per definire obiettivi, tempi e modi della nuova fase di attività secondo lo Statuto di “Forza Italia”.

Torna dunque in vigore lo statuto di Forza Italia del 1998, approvato dall’assemblea nazionale del partito il 18 gennaio 1997. Secondo questo regolamento, Berlusconi avrebbe dovuto dare il via all’elezione degli organismi dirigenti tramite la convocazione del congresso nazionale, “l’appuntamento più importante del movimento, che definisce e indirizza la linea politica di Forza Italia”, che si dovrebbe poi riunire ogni tre anni. Il congresso elegge il presidente, 6 membri del comitato di presidenza e 50 membri del consiglio nazionale. Quest’ultimo è l’organo che, come si legge nello statuto, “promuove e coordina l’azione politica del movimento secondo gli indirizzi programmatici del congresso”. Inoltre, punto molto importante, ogni tre anni elegge il collegio dei probiviri. Infine, c’è il comitato di presidenza che “dà attuazione alle deliberazioni del congresso e del consiglio nazionale e coordina le attività dei gruppi parlamentari”.

Ora, parlare di regolamenti e organismi in un partito rinato a immagine e somiglianza di Berlusconi, forse non ha molto senso. E infatti è proprio così. Perché l’ex Cavaliere non ha compiuto nemmeno uno dei passi previsti dallo statuto. In Forza Italia, come si legge nel sito, esiste solo un ufficio di presidenza, composto di 27 membri, più altri 39 osservatori, tutti nominati dal presidente Berlusconi. Che ha distribuito poi a 24 membri le varie deleghe, a completare così il quadro del vertice del partito.

I procedimenti disciplinari tirati in ballo dall’ex Cavaliere, come espulsioni e sospensioni, possono essere decisi solo dal collegio dei probiviri, composto da 5 membri effettivi e da 4 supplenti, eletti dal consiglio nazionale. I probiviri, che prendono decisioni con voto a maggioranza, possono decidere il richiamo, la sospensione, l’espulsione, fino alla revoca dell’affiliazione nel caso di infrazione commessa da un Club.

Come sostengono i fittiani, però, Berlusconi non ha compiuto nulla del percorso che avrebbe portato all’elezione degli organismi dirigenti. Compresi i probiviri, che infatti non ci sono. Se anche volesse, dunque, per l’ex Cavaliere sarebbe impossibile prendere provvedimenti disciplinari contro Fitto e i fittiani. Al contrario, invece, di quello che accadde il 29 luglio 2010, quando il Pdl sfiduciò Gianfranco Fini, che poi se ne andò per evitare l’espulsione vera e propria. In quel caso, però, gli organismi del Pdl erano eletti dal congresso fondativo e perfettamente regolari.

Berlusconi, dicono i fittiani, “sa bene che non può fare nulla, altrimenti ci avrebbe già cacciato”. Queste continue minacce, dunque, sembrano più un modo dell’ex Cav per mettere pressione all’ex governatore e costringerlo a rientrare nei ranghi oppure ad andarsene. Peccato, però, che Fitto – assicurano i fittiani – non abbia intenzione di percorrere alcuna delle due strade.



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