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Mattarella? Presidente ideale per il modello tedesco perseguito da Renzi. Parla Calogero Mannino

Sergio Mattarella è chiamato ad assolvere il compito cruciale di supremo garante della Carta repubblicana, libero da parzialità e ragionamenti partigiani. Ma nel ruolo di presidente della Repubblica porterà con sé il ricco patrimonio di una lunga e intensa militanza politica, che trova le radici nella Democrazia cristiana.

Uno speciale legame umano, affettivo e morale emerge in questi giorni tra i rappresentanti della sinistra Dc, cui l’ex giudice costituzionale aderì con convinzione seguendone le tappe del travagliato percorso.

Tra loro l’ex parlamentare e più volte ministro Calogero Mannino, “spettatore che ha fatto il tifo” per il suo conterraneo. A fianco del quale, in un drammatico congresso dello Scudo crociato siciliano del 1983 ad Agrigento, riuscì a estromettere dal partito Vito Ciancimino. Scelta per la quale, rimarca Mannino in una conversazione con Formiche.net, “forse sto ancora pagando il prezzo”.

Quale traccia ha lasciato in Sergio Mattarella la militanza nella sinistra democratico-cristiana?

Nella coscienza e nella memoria nulla si perde. Sergio si è immedesimato nella vicenda storica dell’area morotea anche all’indomani della fine della Dc. Quando ha abbracciato la prospettiva della Margherita e poi del Partito democratico. Approdo che costituisce l’esito coerente con il pensiero e l’impostazione di parte della sinistra democratico-cristiana. Molto favorevole, fin dagli anni Ottanta, a un’interlocuzione privilegiata con il Partito comunista italiano. Nell’orizzonte finale di una fusione politica.

L’elezione del nuovo Capo dello Stato è il capolavoro politico di Renzi?

Al leader del Nazareno bisogna riconoscere l’abilità di un’intelligente conduzione tattica. Egli ha messo in gara tutti i possibili candidati, ha verificato la praticabilità della loro elezione, ha scelto la figura con più chance di vittoria e con il maggiore significato politico rispetto al suo progetto.

Quale sarebbe tale progetto?

Renzi ha esordito nella veste di premier prospettando un modello tedesco di riforma istituzionale, fondato sulla centralità del Parlamento condivisa dal governo e viceversa. È riuscito a superare tutte le tentazioni e suggestioni semi-presidenziali di tipo francese. Nell’assetto prefigurato dall’ex sindaco di Firenze il Presidente della Repubblica ha un ruolo di garanzia. Ma anche di responsabilità per l’alta politica. Una funzione attiva dunque, rispetto a cui Renzi ha scelto la figura migliore.

Che genere di Presidente sarà Mattarella?

Il nuovo Capo dello Stato potrà esercitare un compito di guida nella realizzazione del disegno di cambiamento della forma governo e del rapporto Parlamento-esecutivo. Progetto che si muove nell’orizzonte tracciato nel corso degli anni Ottanta dal politologo e politico democratico-cristiano Roberto Ruffilli, ben vivo nella memoria di Mattarella.

Sarà un Capo dello Stato poco interventista?

Sergio è una persona molto schiva e riservata. Utilizza un linguaggio sobrio che non inclina a affabulazioni. Ma fa leva su gesti altamente rilevanti come la visita alle Fosse Ardeatine. Ritengo che saprà interpretare l’essenza migliore della politica istituzionale degli ultimi anni, depurandola degli eccessi. Rappresenterà il prodismo senza essere Romano Prodi e il “napolitanismo” senza essere Giorgio Napolitano.

Il centro-destra è apparso più che mai lacerato nella partita per il Colle.

Silvio Berlusconi ha compiuto un grande errore a non accettare istantaneamente la designazione di Mattarella. Era evidente fin dall’inizio che Renzi mai avrebbe fatto eleggere un Presidente dell’area conservatrice-moderata. Il premier gioca una partita politica che ammette solo ausiliari in campo, e non tollera co-protagonisti. È una sconfitta per tutto il centro-destra.

Ma Ncd e Udc hanno votato apertamente per Mattarella.

Non è servito a nulla. Avrebbero dovuto farlo subito, nella fase negoziale. E non in extremis. Se si agisce da ausiliari non si ha avvenire. Sono convinto che quando si tornerà al voto – nel 2016 o nel 2018 – il centro-destra non avrà futuro politico-elettorale. Complice il fatto che sta regalando la ribalta pubblica alle aberrazioni di Matteo Salvini.



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