L’investitura parlamentare al di sopra di ogni rosea previsione con cui Sergio Mattarella è stato eletto Capo dello Stato rappresenta una formidabile vittoria per chi come Matteo Renzi ha fortemente voluto la sua candidatura.
Ma a gioire con un’emozione più profonda sono le persone che con il nuovo Presidente della Repubblica hanno condiviso un lungo e intenso cammino politico. Fra loro vi è l’attuale presidente dell’Ente nazionale aviazione civile (Enac), Vito Riggio, che con i fratelli Mattarella promosse in Sicilia la sfida della sinistra democratico-cristiana alle correnti capitanate da Giulio Andreotti e Salvo Lima.
Cosa caratterizzò la vostra amicizia e sintonia politica nella Sicilia degli anni Settanta e Ottanta?
La speranza di una riforma profonda del movimento cattolico-popolare attraverso un cambiamento strutturale della Democrazia cristiana. Nella quale io e altri amici rappresentavamo la “sinistra sociale” legata a Carlo Donat Cattin e Franco Marini. Con i morotei Piersanti e Sergio Mattarella coltivavamo il progetto, in condizione di minoranza, di far tornare la Dc ciò che doveva essere rispetto a ciò che era. Tentativo bruscamente interrotto dall’omicidio di Piersanti, e dalle crisi successive dell’assetto partitico che hanno aperto nuovi scenari.
E cosa resta di quella stagione?
La voglia di impegnarsi attorno a un disinteresse anziché per singoli interessi. È questo il sale della passione politica, che si riassume in un politico meridionale giunto al Quirinale senza clientele e truppe cammellate. Né giocando con interessi lobbistici.
Matteo Renzi non è apparso molto interessato a un’elezione a larga maggioranza.
L’investitura del Presidente della Repubblica affidata al Parlamento in seduta comune richiede maggioranze ampie e qualificate. La scelta intelligente del Partito democratico era caduta su una persona di altissimo valore. Ed è stata agevolata dalla possibilità per il Nazareno di raggiungere con i propri rappresentanti un numero vicino alla maggioranza assoluta. Renzi ha dimostrato di essere un politico di razza, capace di mirare a un risultato e perseguirlo cambiando e adattando le strategie in corso d’opera.
Il centro-destra ormai lacerato ha visto Ncd e Udc votare a favore di Mattarella. Ha prevalso il richiamo delle radici democristiani?
La scelta del Presidente della Repubblica riguarda sempre una persona. Una platea come il Parlamento in seduta comune era lo scenario più adatto per votare una figura di qualità riconosciuta e apprezzata pur nelle diverse posizioni politiche. Attorno alla candidatura Mattarella pesava la responsabilità di indicare un dato di unità rispetto all’esperienza travagliata della rielezione di Giorgio Napolitano.
Il nuovo Capo dello Stato sarà più simile a Luigi Einaudi o a Sandro Pertini?
Mattarella, come politico e come studioso di diritto parlamentare, ha sempre avuto chiarissimo il ruolo costituzionale del Presidente della Repubblica. Un “secondo motore” che si attiva nei passaggi di crisi. Non nella funzionalità fisiologica del rapporto tra governo e Parlamento. Meccanismo che spero torni in atto grazie al percorso in atto di riforme elettorali e istituzionali.