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Perché l’Italia è una democrazia mutilata

C’era bisogno della pochade quirinalizia, messa in scena da Silvio Berlusconi e soci, per accorgersi della fine del centrodestra? È sorprendente come grandi e piccoli opinionisti si siano svegliati all’unisono, in seguito ai  noti eventi che hanno accompagnato la designazione e l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica (a scanso di equivoci: lo avrei votato senza pensarci su neppure  un attimo avendolo conosciuto ed apprezzato anche quando non ne condividevo le posizioni in Parlamento), per decretare che la rappresentanza politica di quell’area elettoralmente maggioritaria si è suicidata.

Ma dove sono stati gli impeccabili ed attenti esegeti della politica italiana in questi ultimi anni? Probabilmente perduti dietro i volteggi acrobatici berlusconiani, i cerchi più o meno magici che si sono costituiti e dispersi alla corte arcoriana, i distacchi dolorosi e gli strappi tattici di tanti che poi hanno smarrito la strada, non si sono accorti che il centrodestra ha sofferto una lunga agonia, a cominciare dal 2008 –  sì proprio dall’anno in cui ottenne il massimo consenso alle elezioni politiche – per la semplice ragione che proprio allora, immaginando probabilmente un futuro lungo e luminoso al potere, rinunciò a guardarsi dentro. Se lo avesse fatto avrebbe scoperto il vuoto. Vuoto culturale e programmatico, vuoto politico e organizzativo. La costruzione di un partito unico di cartapesta si rivelò talmente fragile da crollare neppure un anno dopo lo show allestito a beneficio dei media e dei gonzi: chi credeva in un soggetto realmente unitario, ed al quale tra incomprensioni ed antipatie aveva lavorato per anni, ritenendo indispensabile il presupposto dell’omogeneità culturale tra gli elementi che avrebbero dovuto concorrere a formarlo, venne messo ai margini. Le magnifiche sorti del Pdl s’impanatarono nel  correntismo e nell’irresolutezza del berlusconismo a dare un’anima al progetto.

Il centrodestra di fatto non esisteva già più ancor prima della scissione finiana, dal momento che fin dopo l’annuncio del predellino (novembre 2007) si erano manifestate le incongruenze di un percorso approssimativo al punto che ognuno di coloro che decisero di intraprenderlo vagheggiava una meta diversa. Il centrodestra è stata un’aspirazione, nella migliore delle ipotesi: nulla di più. E gli sbandamenti di ciò che di esso è rimasto a livello parlamentare sono più eloquenti delle molte analisi che pur sono venute fuori in questi anni nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto provvedere ad evitare la deriva nell’unico modo possibile: offrire una prospettiva a lungo termine, con una politica delle idee piuttosto che delle parole, a chi credeva nella riuscita di un modello socio-economico e culturale realmente alternativo a quello relativista e determinista nel quale non solo l’Italia, ma l’intero Occidente sta annaspando.

La sollecitazione – più modesta a dire la verità rispetto alle grandi questioni globali su cui il centrodestra non ha mai ritenuto di attivare una riflessione approfondita e cercare magari confronti utili con altre aree politico-culturali – inerente la formazione di una classe dirigente adeguata e la penetrazione in un territorio spoglio di riferimenti organizzativi, venuta da più parti nel centrodestra, non è mai stata presa in considerazione. Le tendenze oligarchiche hanno pertanto avuto la meglio e non v’è stata decisione che non ne abbia risentito, fino al patto del Nazareno ed alla disfatta quirinalizia. Nelle segrete stanze pochi  ragionieri della politica, in base a calcoli che non sapremo mai quanto esatti, giusto due anni fa decisero di affogare  il centrodestra in quella palude nella quale difficilmente si teneva a galla, asfaltando una delle maggiori componenti della coalizione, la destra nazionale (che fino a  quel momento nulla aveva fatto per difendere la sua identità) nel più semplice e crudele dei modi, cancellandola dalle liste elettorali. Nel ventennale della fondazione di Alleanza nazionale è bene ricordarlo, senza lacrime beninteso…

Esisteva ancora il centrodestra, dunque, quando una delle sue componenti ne veniva espulsa?

No, francamente non ci appaga la tardiva scoperta della fine di un’area politica. E un po’ ci lascia sgomenti che di fronte al tradimento di milioni di elettori tutto si esaurisca nel solito politicismo, quello che ha determinato la sconfitta non solo del centrodestra, ma del bipolarismo italiano. Già, una annotazione al riguardo pure andrebbe fatta: come può una democrazia mutilata dirsi ancora tale?


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