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Renzi e Salvini, tutte le opposte affinità tra i due Matteo

All’indomani del voto regionale in Emilia Romagna che aveva registrato un exploit della Lega Nord, l’economista in trincea nella critica radicale contro il Fiscal Compact e l’Unione monetaria Claudio Borghi prefigurò per lo scenario politico italiano una competizione tra Matteo Renzi e Matteo Salvini.

Un’immagine poco formale

Analisi e osservatori ragionano da tempo sulle prospettive che l’ascesa costante del leader del Carroccio nell’opinione pubblica aprirebbe per il premier. E sulle profonde divergenze di contenuti tra i due personaggi, tangibili in ogni capitolo dell’agenda politica. Un elemento singolare meritevole di attenzione è tuttavia la consonanza tra le due figure riguardo punti fondamentali della vita pubblica.

A partire da un look e un’immagine lontana dalle liturgie paludate del mondo istituzionale.

Al posto degli abiti grigi e sobri propri di quasi tutti i protagonisti della prima e seconda Repubblica, prevalgono stili leggeri, informali, accattivanti e talvolta provocatori. Capaci di creare attorno ai segretari di Partito democratico e Lega Nord una percezione di immediatezza e vicinanza con i cittadini-spettatori.

La metamorfosi di Renzie

Matteo Renzi mostra un’abilità camaleontica nell’adeguare la propria immagine ai differenti appuntamenti cui partecipa.

È riuscito ad alternare il giubbetto di pelle jeans modello Fonzie per conquistare i ragazzi di “Amici” su Canale 5 con la camicia bianca kennedyana elevata a “timbro di fabbrica” dei progressisti europei riuniti nella giornata finale della Festa dell’Unità. Fino al gessato elegante indossato con aria sbarazzina in occasione del giuramento del nuovo Presidente della Repubblica.

Il Giornale ha parlato di “metamorfosi” di un politico che dai maglioni larghi da boy scout utilizzati nella stagione della Margherita e dell’Ulivo è passato ai vestiti firmati “grazie a una formidabile campagna dello staff”.

Le felpe dell’altro Matteo

Molto più aggressivo ed elementare, ma non meno privo di un forte richiamo mediatico, il look dell’altro Matteo.

Il quale ha scelto un canale sottile di comunicazione con i vari territori ostentando felpe mono-cromatiche nelle quali giganteggia il nome della città o della regione coinvolta. Se non un messaggio politico netto e comprensibile per il cuore, la mente e le viscere del pubblico.

Anche Salvini ha percorso la gavetta tra le “camicie verdi” indossando maglioni vecchio stile che ne hanno accentuato l’affinità con il “popolo padano”. Ma ciò non gli ha impedito di farsi fotografare a torso nudo per il settimanale Oggi.

Precedenti eloquenti

Caratteristiche altamente televisive accomunano i due potenziali antagonisti dell’Italia versione terza Repubblica. Non è un caso che entrambi abbiano condiviso la “palestra” dei programmi Fininvest. Partecipando l’ex primo cittadino di Firenze alla “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno, e apparendo il numero uno lùmbard come concorrente a “Il pranzo è servito” e “Doppio slalom”.

La capacità di utilizzare il piccolo schermo

Esperienze che forse hanno contribuito a far maturare in Renzi e Salvini la consapevolezza del valore cruciale della comunicazione mediatica in chiave politica. Abilissimi a penetrare il piccolo schermo con messaggi forti e di facile presa, i due Matteo riescono a padroneggiare la televisione orientando l’intero programma.

Il numero uno del Nazareno cattura l’attenzione con l’efficacia di un eloquio fiorentino ammaliante, ricco di energia, comprensibile.

Il parlamentare europeo esordisce abitualmente rifiutandosi di affrontare i temi istituzionali e riversando in tv le ragioni della rabbia, malcontento, sdegno dei ceti produttivi vittime del fisco, della burocrazia, della criminalità, dei “palazzi romani”. Favorisce l’irruzione brutale della “vita reale” e muta radicalmente il registro stabilito in partenza.

Il premier campione di Twitter

Ma l’intelligenza comunicativa dei due quarantenni non poteva limitarsi a un utilizzo abile del vecchio mezzo televisivo. Uno scarto netto rispetto al panorama politico nazionale emerge nella gestione mirabile dei social network e dei canali più moderni di trasmissione telematica.

Fiore all’occhiello delle campagne politiche e preziosa fonte di informazione per giornalisti e cittadini, il profilo Twitter di Renzi vanta 1,63 milioni di follower.

“Cinguettatore” torrenziale per tutti i “temi caldi” dell’agenda pubblica, il premier ha intrapreso un serrato duello a colpi di tweet con la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni riguardo la riforma elettorale. Argomento rilanciato nell’ultimo messaggio: “Porteremo a casa le riforme. Gli italiani con referendum avranno ultima parola. E vedremo se sceglieranno noi o chi non vuole cambiare mai”.

Più improntato al garbo istituzionale il messaggio postato su Facebook, altro terreno prediletto dall’ex fautore della “rottamazione”: “Buon lavoro, Presidente Mattarella. Viva l’Italia!”

Il tour del leader lùmbard

Forte di 112mila follower, la pagina Twitter del leader del Carroccio ha i contorni di un vero e proprio “giro d’Italia” impensabile per la Lega di Umberto Bossi e Roberto Maroni.

L’ultima tappa ha toccato l’Abruzzo degli imprenditori e operai “che ci hanno riservato una bellissima accoglienza”, e dell’Aquila “che Renzi non ha mai trovato il tempo di visitare da quando è capo del governo: vergogna!”.

Concetto ribadito su Facebook, in cui Salvini da un lato rimarca “la lontananza di Roma e Bruxelles rispetto alle esigenze della ricostruzione post-terremoto” e dall’altro punta il dito contro “i furti, le illegalità e le violenze perpetrati dagli immigrati marocchini, rom e kossovari nel territorio regionale”.

I conservatorismi bersaglio del leader Pd

Elemento ricco di valenze culturali per i possibili antagonisti del voto politico del 2018 è la scelta di precisi bersagli polemici nel realizzare campagne e strategie.

È fin troppo facile ricordare alcuni degli obiettivi privilegiati dal premier per giustificare e rafforzare i progetti innovatori dell’esecutivo. Le categorie dei “gufi e frenatori” o dei “parrucconi e disfattisti” additano agli occhi dei cittadini il mondo e gli interessi che per salvaguardare lo status quo osteggiano la volontà riformatrice di Palazzo Chigi. Realtà che per il Presidente del Consiglio assumono diversi identikit.

Dai “mandarini e burocrati di Stato” contrari al cambiamento della Pubblica amministrazione al personale del Senato restio ad accettare l’archiviazione del bicameralismo paritario. Dalle organizzazioni sindacali “promotrici di manifestazioni e scioperi contro il Jobs Act che crea lavoro mentre restarono passivi di fronte agli interventi economico-sociali del governo di Mario Monti”, all’Associazione nazionale magistrati “che difende le lunghe ferie delle toghe pur di frenare la riforma del pianeta giustizia”.

L’ultimo affondo ha colpito i “signorotti delle banche popolari che hanno privilegiato reticolati di amicizie e potere tradendo la missione del credito solidale di matrice cattolica”.

Matteo Salvini vs Angelino Alfano

La strategia messa in campo dall’altro Matteo è modellata su un registro identico.

Bersaglio privilegiato per le polemiche di Salvini è l’immigrazione clandestina. Terreno nel quale il leader lùmbard non si è limitato ad avanzare progetti di governo duro dei flussi di cittadini extra-comunitari e richiedenti asilo. Perché “le fallimentari politiche italiane ed europee su sbarchi e trattamento privilegiato di persone entrate clandestinamente nel nostro paese” hanno rappresentato la ragione di una virulenta offensiva della Lega contro il responsabile dell’Interno e leader del Nuovo Centro-destra Angelino Alfano.

Nei confronti dell’ex partner di governo i parlamentari del Carroccio hanno presentato nel marzo 2014 una mozione di sfiducia che includeva anche i provvedimenti per alleviare il sovraffollamento carcerario, l’abrogazione della legge Bossi-Fini, i tagli di risorse a favore delle forze dell’ordine.

Una sfida culminata in una recente puntata di Porta a Porta concernente l’elezione di Sergio Mattarella a Capo dello Stato. Osteggiata dal leader leghista e appoggiata dal capo del Viminale con parole al vetriolo. “Alfano ha scelto la poltrona”, attacca Salvini. “Ti stai allungando il naso fino a Palermo. Fai ridere i polli”, replica il numero uno di Ncd.

Le critiche al mondo musulmano

Non meno sferzanti sono le accuse rivolte dal leader delle “camicie verdi” all’indomani delle stragi perpetrate a Parigi: “L’Islam è pericoloso, e il Papa sbaglia a dialogare. Si preoccupi dei cattolici”.

Ragionamento accompagnato da un secco No alla costruzione di nuove moschee a Milano: “Non vi sono garanzie di trasparenza e rispetto delle regole”.

Il rischio di “un’egemonia musulmana nel Vecchio Continente” è favorito per il parlamentare di Strasburgo dalla filosofia prevalente dell’Unione Europea: “Pronta a rinunciare a identità e radici in nome del relativismo multi-culturale che tollera e riconosce la protervia del fondamentalismo in nome di Allah”.

L’offensiva contro Ue e euro

Ma sono soprattutto motivazioni economico-sociali a rendere le istituzioni comunitarie il nemico numero uno per il Carroccio di Salvini.

Artefice dell’espressione “Unione sovietica europea” per designare e denunciare la “gabbia soffocante che attraverso l’integrazione monetaria e i parametri di bilancio ha cancellato la sovranità nazionale e distrutto il tessuto produttivo”.

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