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Cercansi disperatamente decreti attuativi del Jobs Act

Il premier Renzi e il ministro Poletti a novembre dello scorso anno assicuravano che il Jobs act sarebbe stato in vigore dal 1° gennaio. Come sia andata lo sappiamo tutti. Soprattutto le imprese che per assumere aspettavano ansiose il nuovo contratto a tutele crescenti.

La scorsa settimana, dopo un avvio d’anno un po’ tribolato a causa delle tensioni nella maggioranza, Renzi annuncia che ogni querelle si è risolta e che i primi due decreti sul contratto a tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali, approvati il 20 febbraio dal Consiglio dei ministri dopo aver superato (o bypassato) i pareri delle commissioni parlamentari, sarebbero stati pubblicati in Gazzetta ufficiale entro il 27 febbraio ed entrati in vigore il 1° marzo.

Ad oggi (5 marzo) ancora non si vede nulla.

Voci di corridoio affermano che il Presidente Mattarella prima di firmarli abbia preferito portare con sé i due decreti attuativi  per leggerseli con tranquillità durante la trasferta in Germania.

Al di là della dibattuta questione della possibilità o meno del Capo dello stato di sindacare nel merito atti del Governo, come decreti legislativi e decreti legge, e di formulare eventualmente una richiesta di riesame quando rilevi delle criticità, il punto vero è un altro: perché l’ha fatto? Quali sono i potenziali punti dolenti che hanno indotto Mattarella a prendersi una “pausa di riflessione”?

Ragionando in astratto, potrebbe trattarsi di una mancanza dei presupposti richiesti dalla costituzione, di un eccesso di delega, di un possibile conflitto con norme costituzionali; di un grave vizio formale.

Ad un primo esame, mi pare però che non si tratti di nulla di tutto questo.

La sensazione è che sotto sotto ci sia piuttosto un problema di conti che non tornano. Un bonus contributivo di oltre 8000 Euro all’anno per i neoassunti con contratto a tutele crescenti e l’ampliamento delle tutele del reddito in caso di disoccupazione comporteranno infatti inevitabilmente per l’INPS, tra minori entrate e maggiori uscite, costi che forse sono stimati con eccesso di ottimismo. Se così dovesse essere si porrà il problema dell’“adeguata copertura” dei “nuovi o maggiori oneri” con buona pace del vincolo di invarianza della spesa imposto dalla legge delega n. 183 del 2014 che verso la fine recita: “Dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (art. 1, comma 12, primo periodo).

Difficile dire se sarà così ma, come si suol dire in questi casi, chi vivrà vedrà.



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