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Un consiglio (non richiesto) a Giorgia Meloni

Se è vero che “a Berlusconi non interessa più vincere”, che il renzismo all’ex Cavaliere addirittura “gli piace”, come ha detto Giorgia Meloni al Corriere della sera, e se la giovane leder considera strumentale in Puglia la candidatura di Adriana Poli Bortone esponente di FdI, ma tentata dalla scalata alla Regione offertale da Forza Italia, che cosa ci sta a fare, altrove, nelle altre coalizioni elettorali, con quel partito che più che di plastica è diventato di polistirolo? E perché continua ad inseguire i centristi ovunque si trovino facendo intendere (ma lei stessa non ci crede: è fin troppo intelligente) che esiste ancora la possibilità della ricomposizione di in centrodestra peraltro più che spaccato introvabile nella sua essenza politica? E che senso ha, sempre per la Meloni, stare un po’ con Berlusconi, un po’ con Fitto, un po’ con Alfano ed un po’ con Salvini ben spendo che tutti insieme si detestano cordialmente? Ma si illude veramente di poter lucrare posizioni politiche partecipando a tutte le possibili combinazioni?

No, non è così. Giorgia Meloni è una donna di buon senso, capace di “leggere” le situazioni con prontezza e determinazione: chi, come me, la conosce e l’apprezza fin da quando era una semplice “promessa” della destra, non può credere che il sogno infranto (non soltanto per lei, sia ben chiaro) l’abbia portata a confondere la tattica con la strategia.

È soltanto un momento difficile, soprattutto per chi, come lei, vorrebbe coltivare ambizioni possibili nonostante sia costretta ad arrancare nella palude del politicismo. Ed è per questo che mi permetto, in amicizia, da darle un consiglio non richiesto.

La Meloni e il suo partito che, per quanto piccolo e sprovvisto di mezzi, è pur sempre una realtà dalle indubbie potenzialità espansive, abbandonino la tentazione di praticare una “politica di rimessa” che i loro elettori ed i moltissimi simpatizzanti (ancorché “coperti”) non possono apprezzare per motivi estetici e “genetici” e si collochino decisamente sul fronte dell’alternativa al sistema. A questo sistema.

In altri termini, si lascino andare gli impazziti rimasugli del centrodestra che fu e FdI si qualifichi, si presenti, di organizzi come un vero e proprio partito di destra (per ciò che una simile etichetta può significare). Sfidare dell’establishment è generalmente più produttivo che adattarsi al ruolo di ruota di scorta. In Italia c’è bisogno di opposizione. E l’opposizione la si fa producendo idee radicalmente alternative, e coerenti con una tradizione politico-culturale ovviamente praticabile, in termini di riforme istituzionali (Repubblica presidenziale, affossamento del regionalismo, differenziazione delle competenze tra le due Camere, procedure di rappresentanza organica delle categorie produttive, ecc.), di identità (salvaguardia dei diritti dei popoli e delle nazioni, la visione globale delle nuova geopolitica che impone scelte chiare), di economia (livelli di solidarietà, lotta alla povertà, equità e accesso alle risorse primarie, coniugazione della tecnica con i bisogni smitizzando la crescita “felice” che felice non è per niente). E poi, ancora, affermazione della sovranità degli Stati che non contraddice la sovranità dell’Europa se questa non è fondata sul saccheggio economico, ma sull’armonizzazione delle sue specificità culturali, storiche, etniche: un impero di ottocento milioni di esseri umani, il doppio di quanti ne immaginava Jean Thiriart cinquant’anni fa; difesa del diritto naturale contro vecchi e nuovi totalitarismi, fino all’ideologia gender…. E potrei continuare.

Che cosa ha a che fare tutto questo con litigiosi neo centristi – neppure più democristiani che una loro dignità politica l’avevano, come l’avevano i comunisti d’antan rispetto ai piddini d’oggidì – che per qualche poltrona sono disposti a gettarsi tra le fiamme ingenuamente convinti di attraversarle senza bruciare?

Soltanto se la Meloni si convince che la destra ha la possibilità, sia pur flebile, di ricomporsi in qualche modo, passando attraverso una solitudine dolorosa ma che può paradossalmente perfino essere esaltante, il suo partito avrà un senso e un futuro. Butti e a mare, dunque, le carabattole delle insignificanti pseudo-alleanze, e giochi in proprio. Al parco della “grande politica” ci si diverte di più e si entra gratis per giunta.


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