“Quella di Berlusconi mi sembra una colossale stupidaggine. Forza Italia con il Partito repubblicano non c’entra nulla, come la politica italiana è distante anni luce da quella americana”. In una conversazione con Formiche.net Massimo Teodori, saggista esperto di Stati Uniti, ex deputato ed ex militante radicale, boccia l’idea di Silvio Berlusconi: liquidare Forza Italia e dare vita a una sorta di partito sulla scia di quello dei Repubblicani statunitensi.
L’intuizione nella stessa Forza Italia convince poco. Non ne sono appassionati i vertici e nemmeno i quadri intermedi. Ed è boicottata anche dai padri nobili del partito, come Antonio Martino. “Non si può esportare quel modello da noi, semmai Forza Italia deve recuperare lo spirito del 1994”, ha spiegato l’ex ministro della Difesa. Mentre l’ex segretario del Partito repubblicano italiano, Francesco Nucara, ha messo in guardia l’ex Cavaliere: “Attenzione, perché quel nome è nostro, non lo può usare, altrimenti gli faccio causa”.
Insomma, l’avventura del Partito repubblicano berlusconiano non sembra partita con il piede giusto. Tutto, comunque, dipenderà dal risultato delle elezioni regionali. “I due sistemi sono troppo distanti, quello americano è un vero sistema presidenziale, bipartitico, uninominale, dove mai nessun’altra forza è emersa oltre ai due grandi partiti. I repubblicani nascono durante la guerra di secessione per rappresentare il Nord di Abramo Lincoln contro il Sud. Il partito è sorto su un’istanza territoriale”, spiega Teodori. Mentre Forza Italia “è nata sulle ceneri di Tangentopoli, per riempire uno spazio politico immenso creatosi dopo la fine dei partiti di governo della Prima repubblica spazzati via da Tangentopoli”.
Secondo Teodori quella di Berlusconi rischia di essere “l’ennesima operazione di maquillage per cercare di rallentare un irrefrenabile declino”. Ma anche il Pd italiano non c’entra nulla con quello a stelle e strisce, nonostante Walter Veltroni a quel modello guardasse quando ha dato vita al Pd. “I nostri partiti attuali hanno alle spalle la nostra storia politica, sono post ideologici ma nascono da quelle correnti di pensiero, le grandi ideologie nel Novecento europeo. In America tutto questo non c’è mai stato”, continua Teodori. E non bisogna dimentica un fattore importate: le primarie. Che “negli Usa sono una cosa seria, votano solo gli elettori che si registrano a quel partito, mentre da noi possono votare tutti, senza un minimo di controllo. Una differenza non da poco”. Insomma, tra i due sistemi non c’è alcun terreno comune, né storico né politico.
Il sistema elettorale, poi, al di là dell’oceano è sempre stato uninominale, secco, con un vincitore e un vinto. “Questo ha spinto sempre verso il bipartitismo, che lì funziona davvero. Se, per esempio, nel Regno Unito a volte sono emerse forze al di fuori di conservatori e laburisti, come i liberaldemocratici, negli Usa non è mai accaduto”, osserva il politologo. Che non vede un grande futuro politico davanti all’ex Cavaliere. “Sembra ormai aver fatto il suo tempo, la perdita dei voti avrà come conseguenza la disgregazione del suo partito, le forze sono ormai centrifughe e sarà difficile trattenerle”. Insomma, quando la barca affonda i topi scappano. “Inoltre con l’età anche il suo carisma sembra venire meno.
Resterà però il problema della rappresentanza dell’elettorato moderato, che in Italia è sempre stato maggioritario. Elettori che, se non possono far riferimento a un partito, resteranno a casa”. Per Teodori, infatti, questi elettori difficilmente passeranno armi e bagagli con Matteo Renzi. “Qualcuno può darsi, ma la maggior parte non lo farà”. E nemmeno andrà con Salvini, troppo estremista. Quindi quell’enorme spazio politico sarà di chi se lo prende. Ma per il momento, anche secondo Teodori, non c’è nessuno all’orizzonte.