L’approvazione parlamentare del progetto di legge anti-corruzione è stata salutata dal Guardasigilli Andrea Orlando come un passo storico nella lotta di un fenomeno che ostacola e inquina le logiche di un’economia di mercato. Ma che in Italia presenta una complessità meritevole di analisi rigorose, libere da parzialità e pregiudizi politico-ideologici.
ANALISI CONTROCORRENTE
È questo l’obiettivo che ha animato il lavoro di approfondimento realizzato dalla rivista telematica “Il Rottamatore”. Che nell’articolo intitolato “Il fascino discreto della corruzione (percepita)” – scritto dal consulente di strategie politiche Massimo Micucci – pone sotto la lente di ingrandimento cifre e statistiche largamente diffuse sul malcostume affaristico.
Lo studio vuole sfidare la convinzione radicata che l’illegalità elevata a regola costituisca un fattore connaturato alla vita civile ed economica nazionale. Una “bestia invincibile” che riemerge in ogni opera pubblica rilevante, e appare mastodontica per numeri e penetrazione.
I NUMERI DI TRANSPARENCY
Panorama tratteggiato dai report messi a punto dall’associazione Transparency International. Artefice di rilevazioni annuali sul radicamento della corruzione nel mondo.
Nel 2014 l’Italia era collocata al 69° posto nel pianeta per tasso di legalità, con un volume dei fenomeni di malcostume che ammontavano alla cifra clamorosa di 60 miliardi. La metà del fatturato europeo dell’economia criminale.
Un numero che è stato rilanciato con enfasi dalla gran parte degli organi di informazione, e ha trovato risonanza nelle relazioni di autorevoli istituzioni come la Corte dei Conti.
COSA DICE IL ROTTAMATORE
Numeri messi in discussione dalla testata on line fondata da Claudio Velardi.
Rivista che, in un’indagine pubblicata nell’inserto “Quel che è stato è Stato”, trae spunto da una cifra fornita dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon nel settembre 2010: “Il costo della corruzione planetaria si aggira attorno 700 miliardi di euro”.
È pensabile – scrivono gli autori della ricerca – che nel nostro paese sia localizzato l’8,5 per cento del volume complessivo di tangenti, malversazioni, scambi criminali?
LE PREMESSE DELLO STUDIO
L’analisi non contesta la buona fede del lavoro portato a termine da Transparency International, ma “svela le fragilità e le contraddizioni presenti nel metodo utilizzato”. Lacune che “minerebbero la pretesa scientifica di tanti giudizi e di tante scelte pubbliche fondate su tali rilevazioni”.
Bersagli critici del “Rottamatore” sono le pubblicazioni elaborate ogni anno dall’organizzazione transnazionale. Il Corruption Perception Index, costruito attraverso interviste a un campione di esperti di affari – businessman, analisti finanziari, consulenti bancari – che registrano l’atmosfera di un paese rispetto alla possibilità di fare impresa.
E il Global Corruption Barometer, basato su un unico questionario sottoposto a un campione casuale della popolazione di ogni nazione e sull’accostamento del fenomeno corruzione con le tangenti.
I PUNTI DEBOLI DEL RAPPORTO
Gli analisti di “Quest” ritengono generica, labile e non universale la categoria di “esperti di business”. Affermano che nella rapida transizione da un’economia tradizionale a una moderna e concorrenziale che caratterizza i paesi in via di sviluppo l’idea di corruzione può mutare facilmente. E dunque è velleitario applicare la stessa nozione del fenomeno in contesti tanto mutevoli.
Le persone intervistate, proseguono i responsabili della ricerca, possono possedere un significato diverso di illegalità e della sua portata.
E gli uomini d’affari coinvolti potrebbero trovarsi in un conflitto di interessi o trarre profitto da pratiche deprecabili. Fattori che impediscono loro di rispondere con sincerità, considerando i potenziali boomerang per i propri interessi. Al contrario, businessman onesti finiti fuori mercato e costretti al fallimento per la corruzione resterebbero esclusi dalle rilevazioni.
E’ CORRETTO MISURARE UNA PERCEZIONE?
Molti fattori esaminati da TY – rimarcano i critici dei sondaggi – misurano il rischio finanziario, il tasso di competitività e la qualità della governance di uno Stato. Mentre lo studio della corruzione emerge in forma secondaria e indiretta.
Spesso, poi, i riscontri giudiziari e processuali rivelano un divario tra illegalità percepita e fenomeno reale.
È questo il punto cruciale: “Le opinioni pubbliche e i responsabili politici fondano le loro scelte e strategie su una realtà percepita. Ma ha senso analizzare una percezione, conferendole dignità statistica?”
UNA SPIRALE PERVERSA
L’interrogativo resta aperto. Per ora, evidenzia Il Rottamatore, le cifre fornite da Transparency International contribuiscono a far maturare nei cittadini italiani la consapevolezza di vivere in una nazione profondamente malata.
Ne scaturisce una serie di “effetti perversi” che si alimentano a vicenda in una spirale giustizialista: “La stampa e gli editorialisti spiegano che nel nostro paese mancano leggi rigorose in grado di mandare i corrotti in galera. Le opere pubbliche vengono associate a privilegi e sprechi di cricche, logge, lobbies. Governo e opposizioni invocano e approvano pene più severe, meno garanzie per le persone indagate e imputate, più poteri per i magistrati. Le toghe esondano nel terreno riservato alle istituzioni elette dal popolo”.
CONCLUSIONI SULL’ITALIA
Lo sbocco di tale processo è inevitabile: “Lo Stato di diritto viene ferito nel profondo, la giustizia si allontana nel tempo con processi interminabili, le leggi complicate rendono più oscura e corruttibile l’amministrazione, i poteri pubblici invadono l’autonomia del mercato”.
Poco importa che molte indagini giudiziarie amplificate dai mass media si risolvano in un nulla di fatto. L’importante, conclude il Rottamatore, è mantenere intatta l’entità abnorme del fenomeno corruzione”.