La centralità di Matteo Renzi nel panorama politico emerge tanto nelle vittorie nette come sulla riforma elettorale, quanto nelle sfide ricche di punti interrogativi come il percorso di revisione costituzionale che riprenderà al Senato tra poche settimane.
Il libro di Sofia Ventura
È per capire le ragioni di un’ascesa e affermazione apparentemente irresistibili che la scienziata politica dell’Università di Bologna Sofia Ventura ha scritto il volume “Renzi & Co. Il racconto dell’era nuova”, edito da Rubbettino.
Presentato ieri sera presso la Libreria Arion Montecitorio, il pamphlet ha attirato l’attenzione di accademici come il filosofo del diritto Giorgio Rebuffa e il costituzionalista Francesco D’Onofrio, nonché di giornalisti e comunicatori come Giovanni Negri, Carmelo Palma, Piercamillo Falasca, Chiara Geloni, Stefano Di Traglia, Fabio Martini, Mario Lavia.
Il “racconto” di Renzi
Il libro di Ventura, ha spiegato l’inviato politico e parlamentare de L’Espresso Marco Damilano, illustra il “racconto e la favola costruiti e narrati dal premier”.
Una favola caratterizzata dal sortilegio di un’Italia “foresta pietrificata” che viene liberata dagli “eroi buoni” contro i “nemici tradizionali”: “gufi”, tecnocrati, burocrati, cantori e nostalgici della prima Repubblica, piccoli partiti, poteri forti compresi taluni vescovi, commentatori e salotti radical chic, professori.
La storia trasmessa ai cittadini dal leader del Partito democratico, rileva l’analista e scrittore, è fondata sull’esaltazione del tempo e dello spazio: “Colti da un outsider capace di conquistare il Nazareno e il governo rispetto a un establishment che si attarda su posizioni sterili”.
Trappole imprevedibili
L’ex primo cittadino di Firenze sembrerebbe avere la strada spianata per realizzare le proprie aspirazioni e ambizioni.
Il suo percorso, tuttavia, potrebbe essere ostacolato da fattori imprevedibili come la sentenza della Corte Costituzionale in tema di pensioni, gli sbarchi di migranti sulle coste del nostro paese, le politiche economiche dell’Unione Europea.
A giudizio del giornalista il limite di Renzi nell’affrontare simili scenari risiede nella mancata costruzione di una nuova classe dirigente: “Attorniandosi di replicanti, il Presidente del Consiglio ha ridotto a consenso passivo lo slancio rivoluzionario iniziale delle Leopolde”.
“Eccellente comunicatore privo di collaboratori di spicco”
E così, rimarca il professore di Scienza politica nell’Ateneo di Bologna Gianfranco Pasquino, il racconto collettivo è stato plasmato sulla narrazione individuale di un leader vincente.
“Un affabulatore che vuole accreditarsi come uomo del fare in grado di rompere la stagnazione prodotta dai predecessori, proteso a colpire il nemico di turno che frena i programmi innovatori”.
Una figura – osserva lo studioso – tutta proiettata in avanti e in grado di raccordarsi, con un’attitudine “populista” rappresentata da un efficace linguaggio corporale, alle aspettative profonde dell’opinione pubblica. Ma che, al contrario di quanto avviene nelle democrazie politiche anglosassoni, finisce per restare isolato e privo di collaboratori all’altezza nelle scelte strategiche.
L’archiviazione della storia
Fattore che ha contribuito a ridurre l’entusiasmo con cui Sofia Ventura ha ricostruito l’ascesa e la sfida di Renzi alla nomenclatura del Pd: “Mentre all’inizio ho ritenuto di scorgere caratteristiche psicologiche tipiche di una leadership politica, nella fase della conquista del potere ho avvertito elementi differenti”.
Elementi che per la politologa presentano tratti “ideologici”: la costruzione a tavolino e l’utilizzo freddo di un “racconto” personale, finalizzato a mettere in rilievo la forza riformatrice del premier che ricostruisce tutto da zero.
“Uno schema semplice e banale – riassumibile facilmente nei 140 caratteri di Twitter – ripetuto in modo ossessivo e proteso verso il sogno di un mondo migliore”. Ma quel richiamo, al contrario di quanto emerge negli interventi del presidente Usa Barack Obama, è sganciato dal legame con la storia.
La “fascinazione” della stampa per Renzi
Se la “narrazione” portata avanti da Renzi ha una presa formidabile nel tessuto civile, il motivo va attribuito soprattutto all’assenza di un “racconto alternativo”.
Carenza di cui la responsabilità principale, afferma la studiosa, non riguarda un ceto politico fallimentare e privo di credibilità: “Bensì il mondo dell’informazione. Perché troppe volte i giornalisti si lasciano inglobare dalla forma mentis del capo del governo, finendo per adottarne moduli e vocabolario”.